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 Home page > Tribuna Libera > La "piaga" del sionismo nell’interpretazione del M5S

La "piaga" del sionismo nell’interpretazione del M5S

Vi ricorderete di Paolo Bernini, l’attivista del M5S che ha fatto sganasciare mezza Italia per aver affermato a Ballarò che negli Stati Uniti “hanno già iniziato a mettere i microchip all'interno del corpo umano per registrare, per mettere i soldi, quindi è un controllo di tutta la popolazione”.

Il giovanotto, poi diventato deputato (ma guai a chiamarlo onorevole), è andato in visita nella West Bank, altrimenti detta Cisgiordania, altrimenti detta anche Giudea e Samaria, e se ne è uscito con una frase da ultrà di Casa Pound o di un attivista di Askatasuna: “Per me il sionismo è una piaga”.

Non è che Bernini sia una cima, la questione dei microchip l’ha già chiarito, ma l’uscita gli è costata un prevedibile rimbrotto dal Presidente delle Comunità ebraiche Renzo Gattegna, un severo appunto di Furio Colombo su il Fatto, una sbertucciata di Toni Jop su l’Unità e, dulcis in fundo, è stato scaricato dai suoi stessi compagni di non-partito.

Dice il deputato Di Stefano (M5S) che Bernini “ha espresso il suo parere ma non è chiaramente quello del Movimento cinque stelle. Non abbiamo mai condiviso una posizione sul sionismo né ne abbiamo mai parlato nei nostri canali”.

Fine del discorso: il M5S non ha mai pensato al sionismo, non ne ha mai parlato, non ha una sua posizione in merito.

Bugia. Come qualsiasi politico politicante di vecchia scuola e tradizione, anche i “giovani” neoparlamentari grillini hanno imparato presto e bene a raccontare balle quando si tratta di togliersi d’impiccio. Basta ricordarsi della proposta di un attivista a Cinquestelle di messa al bando di sionismo e massoneria (ma chissà come pensava di poterlo fare).

E basta guardare l'immagine qui sotto (che si trova anche qui) che fu postata sulla pagina facebook del M5S del Piemonte esattamente, e questo rende la questione decisamente più grave, nel Giorno della Memoria. Cioè nel giorno in cui si ricordano i sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti.

Il M5S quindi, in uno dei suoi canali ufficiali, aveva chiaramente espresso il suo pensiero sul sionismo; non una “piaga” come il povero Bernini ha affermato, ma addirittura la “stessa faccia della medaglia” del nazismo (nemmeno “l’altra faccia della stessa medaglia” ma proprio la “stessa” faccia). Al limite, se proprio si vuole cercare l’ago nel pagliaio, perfino un po’ peggio del nazismo che, bontà sua, era almeno nazional”socialista”, perbacco.

Forse Di Stefano guardava da un’altra parte, forse dormiva, chissà.

Anche i sassi sanno che il sionismo non è stato altro, storicamente, che un movimento nazionalista equiparabile a tutti quelli che hanno attraversato l’Europa degli Imperi nel corso dell’Ottocento e che hanno portato alla nascita dei vari stati nazionali: Italia, Ungheria, Grecia, Germania e chi più ne ha più ne metta. I moti risorgimentali hanno significato indipendenza e fine delle grandi tradizioni sovranazionali: impero austro-ungarico, impero zarista, impero ottomano. Ed anche alle pretese “terrene” di Santa Madre Chiesa che dell’universalismo sovranazionale fu la prima origine, avendone ereditate le caratteristiche dall’Impero Romano d’Occidente.

Il sionismo non fu altro che il movimento indipendentista del popolo ebraico che, per tanti motivi diversi, non aveva mai aspirato ad una unità statuale fino a che non fosse apparso al mondo un “messia” capace di radunare il popolo dai quattro angoli della terra per ricondurlo nella Terra dei padri. Quando Theodor Herzl - impressionato dai pogrom antiebraici nei territori dello zar e dal caso Dreyfus - gettò le basi del nazionalismo ebraico non fu considerato il “messia”, l’attesa guida del popolo, e fu quindi rifiutato dalle correnti più ortodosse dell’ebraismo religioso (e alcune di esse sono ancora fieramente avverse allo Stato di Israele).

In ogni caso il sionismo non riscosse un grande successo: non più di 100mila ebrei si rifugiarono stabilmente in Palestina fra il 1881 (anno dell’assassinio dello zar che causò i primi moti antiebraici) e il 1933 (anno di ascesa al potere di Hitler). Nello stesso arco di tempo quasi tre milioni di ebrei europei emigrarono verso l’America che era per loro la vera Terra Promessa, tanto quanto lo era per italiani, tedeschi, polacchi, greci, portoghesi eccetera.

Il nazionalismo ebraico non avrebbe mai portato alla nascita di uno stato degli ebrei se la Germania non avesse eletto a propria guida un signore con i baffetti diventato poi famoso come uno dei più crudeli assassini della storia umana.

Solo dal 1933 il flusso di emigrazione degli ebrei europei iniziò a infittirsi anche verso la Palestina inglese dal momento che tutti gli altri stati, in particolare dalla Conferenza di Evian del 1938, decisero di contingentare (cioè limitare drasticamente) gli ingressi di rifugiati europei sul loro territorio. La popolazione ebraica in Palestina passò dai 100mila degli anni venti ai 600mila del Dopoguerra. Nel 1948 l’Assemblea Generale dell’ONU decretò la nascita dello Stato di Israele. Ed iniziò il tormentato scontro con gli stati arabi e con la popolazione arabo-palestinese.

Il movimento sionista raggiunse il suo scopo a causa della tragica persecuzione nazista e gli ebrei che si salvarono fuggendo in Palestina riuscirono a sopravvivere grazie all’idea sionista.

Come tutto questo possa essere considerato una “piaga” bisognerà chiederlo all’improvvido Bernini; e come tutto ciò possa essere paragonato anche solo lontanamente allo sterminio nazista bisognerà farselo spiegare dal M5S del Piemonte.

Che cosa poi il M5S nazionale pensa del sionismo dovrà pur decidersi a raccontarcelo prima o poi, senza ciurlare nel manico raccontando balle tanto per salvare la faccia.

Di sicuro il nazionalismo ebraico può essere criticato come qualsiasi altro nazionalismo (se è l’idea nazionalista che si ritiene criticabile); compreso quello palestinese ad esempio. Magari in nome di un universalismo che però va definito bene (con l’aria che tira non vorrei che ci ritrovassimo uno Zar).

Ma se il nazionalismo da criticare è solo quello specificamente ebraico, la cosa, ahimè, puzza uno strano astio verso e solo tutto ciò che è ebraico (che a casa mia si chiama antisemitismo); esattamente come quando si critica la definizione di “ebraico” che lo Stato di Israele si dà, ma si accetta senza battere ciglio la definizione di “arabo” o “islamico” che alcuni altri stati si sono dati nel frattempo.

Se invece si vogliono criticare le politiche perseguite dai governi dello Stato di Israele lo si dica chiaramente e si usino i termini esatti. Qualsiasi governo e qualsiasi politica sono legittimamente criticabili, per fortuna.

Ma lasciando stare il sionismo e l’ebraicità. Fino a quando non si è almeno capito che cosa sono.

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.81) 2 agosto 2013 16:25

    Se ha visto la conferenza stampa di Di Stefano è chiarissima la posizione del M5S, non si discute di sionismo, bensì di diritti civili oggi negati dal governo di Israele, dal Governo di Israele. 

    E’ questo il punto, il governo di Israele e le sue politiche repressive, che negano i diritti umani. 
    Il sionismo, utile spiegarlo ma inutile parlarne, non è affatto il tema della visita. 
    Il punto sono i diritti umani negati, le convenzioni negate da decenni, senza che lei ne faccia menzione qui nell’articolo, preoccupandosi di cercare un movimento antisionista nel M5S, con la proposta di un attivista del movimento, con la foto del M5S piemonte...

    Mi dispiace per lei, ma non c’è una politica antisionista nel M5S, ci può essere qualcuno che la pensa diversamente o che sia ignorante in materia, ma dal suo articolo traspare un tentativo, il solito tentativo dei media, di denigrare il M5S. Ha omesso di dire che Moni Ovadia è un riferimento per il M5S.

    La saluto,
    Vincenzo

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 2 agosto 2013 17:45
      Fabio Della Pergola

      Non metto in discussione in nessuna frase del mio articolo che la posizione attuale del M5S e la visita in Cisgiordania riguardino i diritti civili che lei dice essere negati da Israele. Né affronto in nessuna parte del mio articolo le critiche alle politiche israeliane. Né apprezzandole né disprezzandole.

      Mi limito a chiarire che la frase di Bernini si riferiva al sionismo e che lo stesso Bernini è stato smentito da Di Stefano con un virgolettato ripreso da altri organi di stampa. Anche quel virgolettato si riferiva al sionismo e ne ho evidenziato la manifesta falsità (e se la pagina facebook del M5S Piemonte è stata solo un’iniziativa privata e non condivisa qualcuno dovrebbe citare una correzione apportata dal solerte M5S nazionale e autorizzato, sempreché ci sia). Dove sia il mio tentativo di denigrare non lo so; mi pare che abbiano fatto tutto da soli.

      Sulla questione israelo-palestinese invece ho già scritto numerosi articoli che lei può cercare, trovare, leggere ed eventualmente criticare. Ma, se non le spiace, questo è un articolo che parla esclusivamente della concezione del sionismo da parte di alcuni deputati del Parlamento italiano e, sempre se non le dispiace, ho ritenuto di avere il diritto di criticare quelle loro parole.

      Infine mi risparmi la patetica chiamata in causa di Moni Ovadia, in quanto ebreo contrario al sionismo. Essere ebrei non è garanzia di nulla, ovviamente, né il fatto che un ebreo abbia posizioni diverse dalle mie sul sionismo mi farà cambiare idea sulle valutazioni storiche del nazionalismo ebraico. Non ho quindi omesso proprio niente; di Moni Ovadia ho tutti i diritti di disinteressarmi. Tantopiù del fatto che Ovadia sia un riferimento del M5S, cosa di cui non mi importa assolutamente niente.

      La saluto anch’io. FDP

  • Di (---.---.---.84) 2 agosto 2013 20:07

    Dal tono della risposta del sig. Della Pergola ad un commento composto ed educato, appare chiaro che il sig. Della Pergola non ami affatto essere contraddetto o anche solo criticato. Quindi si, è vero, il movimento 5 stelle è un movimento razzista ed antiebraico, anzi, ho visto io stesso diversi attivisti del movimento unirsi a giovani di forza nuova e picchiare povera gente all’ uscita di una sinagoga.

    E ci dica sig. Della Pergola, quando scriverà un articolo in cui riterrà di avere il diritto di criticare la profonda ignoranza di taluni altri deputati del parlamento italiani, all’ infuori di quelli appartenenti al movimento 5 stelle, sìa ben chiaro, sulla cui impreparazione ci ha ampiamente illuminati?

    No perchè non vorrei perdermelo.

     

     

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 2 agosto 2013 23:54
      Fabio Della Pergola

      Un commento "composto e educato" e un po’ arrogante visto che pretende che io parli di quello che vuole il commentatore (i diritti violati e la visita in Cisgiordania) anziché di quello che voglio io (le frasi sul sionismo): cioè che eviti le frasi dette dai parlamentari Cinquestelle solo perché al commentatore secca che qualcuno le critichi, nonostante queste frasi abbiano avuto risonanza e critiche palesi. Oppure che parli - chissà poi perché - di Moni Ovadia.

      Questo signore è proprio un bel tipo: pretende che scriva quello che piace a lui anziché quello che interessa a me. Se li scrivi lui e se li firmi, mettendoci la faccia, gli articoli che vuole leggere, così fa prima e non ci trova niente di criticabile di sicuro.

      Che cosa sia il M5S riguardo all’antisemitismo è presto detto: ci sono antisemiti dichiarati, razzisti fatti e finiti e noti negazionisti (cioè la feccia della pseudostoricità della Shoah); poi ci sono anche persone non razziste. Tutto questo però senza che ci siano chiare prese di posizione "ufficiali" del M5S in merito, esattamente come sul sionismo, né tantomeno censure sulle frasi palesemente antiebraiche scritte sul blog ufficiale del gruppo.

      Tutto ciò la dice lunga su un movimento presente in Parlamento che non prende posizione, ufficialmente, su argomenti di questo tipo. E se poi i deputati fanno commenti contraddittori perché stupirsi se qualcuno ci scrive un pezzo critico ?

      Alcuni post e commenti tratti dal blog di Grillo li può trovare qui http://www.agoravox.it/Grillismo-e-... Buon divertimento.

  • Di (---.---.---.165) 3 agosto 2013 02:31

    Esimio sig. Della Pergola, io apprezzo molto il fatto che lei scriva commenti più o meno pubblici mettendoci la faccia, come dice lei. Semplicemente, se lo avessi fatto io, avrei messo in preventivo molte critiche ed avrei prestato particolare attenzione a quelle esposte in maniera composta ed educata. Ma si sà, c’ è chi le discussioni le apre per dimostrare il Verbo del Proprio pensiero e chi lo fa per ampliare le proprie ed in taluni casi alttrui vedute.

    Distinti Baci

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 3 agosto 2013 09:09
      Fabio Della Pergola

      Caro lettore è necessario distinguere i commenti e le critiche che "stanno nell’articolo" cioè che entrano nel merito di quanto detto, da quelle che vanno fuori tema (o come si dice adesso Off Topic). Le une sono sempre legittime, le altre sono dei tentativi di distogliere dal contenuto per imporre contenuti diversi. Cioè rendono inesistente quello che uno ha scritto per sostituirlo con quello che altri vogliono dire. Rendono inesistente il pensiero dell’articolista per imporre il pensiero del commentatore.

      Per quanto "composti ed educati" questi commenti sono sostanzialmente arroganti proprio perché rendono zero, annullano, cancellano l’impegno, le aspettative, la ricerca di dialogo e la "testa" dell’articolista. Non si vede perché uno che si è impegnato, a volte anche a lungo dedicando tempo e ricerca al suo articolo, debba subìre silenziosamente questo tipo di imposizioni. Io ho l’abitudine - di cui spesso mi sono pentito - di rispondere a quasi tutti commenti; ma ovviamente lo faccio a modo mio. Gentile quando è il caso, dialogando con chi mi scrive con la voglia di scambiarsi delle idee, ma anche duramente quando mi si vuole imporre qualcosa, come nel suo caso (se è lei il Vincenzo che ha commentato per primo): non deve parlare del sionismo perché il punto sono i diritti violati e le politiche di Israele. E se io voglio parlare del sionismo, devo chiedere il permesso ? E se delle politiche di Israele ho già parlato più di una volta, non posso cambiare argomento visto che i cinquestelle me ne danno l’opportunità ?

      Naturalmente quando scrivo un articolo metto in conto le critiche che ci sono SEMPRE, di qualsiasi argomento si scriva. Ma lei dovrebbe fare lo stesso: nel momento in cui commenta metta in conto che le risposte possono essere gentili o sferzanti a seconda di come ha commentato. E quello che conta non è la forma (composta e educata) ma il contenuto, la sostanza (l’annullamento o meno del pensiero dell’articolista). Esattamente come in qualsiasi rapporto umano.

      Ma i baci no, per favore.
      FDP

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 3 agosto 2013 09:36
      Fabio Della Pergola

      Ma visto che la questione è così scottante aggiungo un link ad un altro articolo che parla della pagina facebook del M5S Piemonte citata. Qui http://www.lettera43.it/attualita/3...

      Ebbene nei commenti si legge un onesto e apprezzabilissimo consigliere comunale (del M5S) che dice testualmente "Aggiungo alla vicenda che quel genio del consigliere Biolè ha declarato la responsabilità di un suo collaboratore, ha fatto una nota per dissociarsi dalle scempiaggini, ma non vuole togliere quei post. Ecco, gentile Redazione, in quella nota ci sono i miei commenti, che come chiunque può vedere non sono teneri. Io non ho nulla a che spartire con questi estremismi, non ho nulla a che spartire con questi smidollati che non hanno neanche il coraggio di cancellare un post indegno a fianco del nome MoVimento 5 Stelle, non ho nulla a che spartire, COME LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DI CHI VOTA M5S, con chi lascerà quel vergognoso post in bacheca".

      Ecco, il consigliere regionale del M5S Biolè non voleva cancellare la pagina in cui sionismo e nazismo venivano equiparati e un altro esponente del M5S ne ha criticato l’operato con vigore.

      Così si fa - ed è apprezzabile - si entra nel merito e nel merito si discute, invece di chiedere a chi scrive di parlare d’altro.

  • Di GeriSteve (---.---.---.234) 3 agosto 2013 13:39

     

    Polemiche a parte, effettivamente ci sono problemi nell’uso corretto delle parole e questi problemi sono sempre complessi nella complessissima realtà israelo-palestinese: ad esempio ci sono cittadini di Israele che non sono ebrei (di religione, di discendenza e/o di entrambe) mentre con i termini "israelita" e "israeliano" normalmente si intendono gli israeliani ebrei, così come non si capisce perchè mai alcuni abitanti della palestina vengano chiamati palestinesi e altri abitanti no...
    Nel caso del sionismo, bisogna considerare che questo termine è utilizzato in riferimento a diversi concetti: il riferimento dell’articolo al sionismo come movimento storico di stampo nazionalista è corretto, ma spesso il termine sionismo viene utilizzato per indicare qualsiasi sodalizio di stampo ebraico o come sinonimo di "lobby ebraica". I riferimenti principali sono il "complotto pluto giudo massonico " (ricorrente nell’antisemitismo) e il "protocollo dei savi di Sion" che è un documento attribuito al sionismo come documento interno e segreto, mentre in realtà era un falso costruito dall’Ochrana ( o Okrana), il servizio segreto della russa zarista. All’Ochrana apparteneva l’agente Iosif Vissarionovič Džugašvili, infiltrato fra i bolsceviki, che poi cambiò il suo nome in Stalin, così come cambiò nome anche l’Ochrana: CHEKA, NKVD, KGB, FSB. Qui abbiamo tanti termini diversi per indicare la stessa cosa, a differenza del caso "sionismo".

    Credo che molti, parlando di sionismo, si riferiscano indirettamente a quel complotto, senza sapere che è un falso. Altri si riferiscono all’appoggio internazionale di cui gode Israele, soprattutto da parte delle comunità ebraiche in USA. Altri ancora addirittura chiamano sionista chiunque sostenga il diritto di esistenza dello stato di Israele (fra cui il sottoscritto).

    GeriSteve

     

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 3 agosto 2013 20:57
      Fabio Della Pergola

      Il riferimento di GeriSteve a problemi terminologici è sostanzialmente condivisibile ed è uno dei motivi per cui ho scritto l’articolo. Il sionismo nasce ed è unicamente l’ideale nazionalista ebraico che, come nel caso di ideologie similari di altri popoli, ha avuto sostenitori di destra e di sinistra, fanatici nazionalisti e patrioti socialisti (che è cosa ben diversa dal nazional-socialismo !!!), esaltati ed equilibrati, ottusi e intelligenti, aperti e chiusi, dialoganti e arroganti eccetera eccetera.

      Poi è stato volutamente e ideologicamente assimilato al colonialismo europeo scordandosi che i colonialisti europei depredavano le colonie delle loro risorse per arricchire la madre patria. Madre patria che non solo gli ebrei non avevano, ma, in casomai avevano ex madri patrie diventate sterminatrici.

      Non solo. Il sionismo è stato addirittura equiparato ad una forma di razzismo con una decisione dell’Assemblea Generale dell’ONU poi revocata.

      Intorno a questo termine giocano quindi interpretazioni ideologiche fortemente caratterizzate; siamo in attesa che il M5S decida quale vuole adottare. Ma quella storica è indiscutibilmente quella dell’indipendentismo e del risorgimento nazionale ebraico.

      I problemi delle colonie nei territori "contesi" o "occupati", cioè in Cisgiordania, sono sorti invece solo dopo la guerra dei Sei Giorni che peraltro non fu Israele a provocare anche se l’attacco israeliano fu preventivo. Il colonialismo in territorio non riconosciuto come israeliano è ampiamente sostenuto da minoranze ultranazionaliste e ultrareligiose che pensano in termini di Grande Israele il territorio nazionale; quindi dal mare alle rive del Giordano. Ma la stessa cosa è pensata, in termini ovviamente rovesciati, da alcune frange irriducibili della politica palestinese.

      Infine concordo con GeriSteve che il termine “israelita” indichi gli ebrei, così come il termine “giudeo” che però ha assunto un contenuto dispregiativo. "Israeliano" invece non indica gli ebrei di Israele, ma tutti i cittadini dello Stato di Israele che possono essere, se proprio si deve evidenziare il gruppo etnico-linguistico di provenienza, ebreo-israeliani o arabo-israeliani o israeliani non ebrei e non arabi (generalmente i familiari non ebrei di cittadini ebrei).

  • Di (---.---.---.175) 12 agosto 2013 18:08

    Al solito: si dirottano le critiche all’ideologia sionista qual’è oggi verso il sionismo quale movimento risorgimentale che ha fondato Israele per poter accusare di antisemitismo chi le pronuncia.

    E’ un espediente noto ed abusato il cui fine evidente è di proteggere dalle critiche quella che oggi è l’ideologia sionista.

    Cosa sia oggi il sionismo lo si evince riflettendo ad esempio sul significato sotteso alle parole del p.m. israeliano quando, davanti al Congresso degli Stati Uniti in sessione congiunta afferma che «Un accordo di pace richiederà a Israele di rinunciare a territori ebraici ancestrali: in Giudea e Samaria (la Cisgiordania) gli ebrei non sono occupatori stranieri. Questa è la terra dei nostri avi».
    Netanyahu ha espresso una convinzione: la terra descritta nella Bibbia è assegnata in perpetuo agli ebrei per mandato divino. Ed è noto a cosa conducono le ideologie che legano in perpetuo una terra ad un popolo.
    Bibi ha espresso esplicitamente questo concetto ma se si considera la costante espansione del numero di coloni ebrei nella W.B. , avvenuta nel corso di decenni sotto governi sia di destra che di sinistra, si capisce che non si tratta di una sua convinzione estemporanea.
    Nel 1982 gli ebrei stanziati nei Territori Occupati erano solo 21.700, con una progressione costante sono arrivati al numero attuale di oltre 500.000, e i Territori Occupati sono l’oggetto principale di un eventuale accordo di pace: senza di essi non può esserci un accordo basato su due stati indipendenti. E che dire del recente annuncio della costruzione di 1.200 nuove unità abitative fatto proprio all’inizio dell’ennesimo avvio delle trattative?
    Al contrario di quanto scrive Della Pergola è quindi di fondamentale importanza discriminare il sionismo odierno da quello originario, non lasciare che una quanto mai inopportuna difesa aprioristica delle scelte fatte dai governi di Israele ispirandosi a certe idee.
    In primo luogo nell’interesse di Israele, se è vero, come io penso, che la pace col mondo arabo islamico è strategica per la sua sicurezza.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 12 agosto 2013 21:49
      Fabio Della Pergola

      Il deputato Bernini ha definito il sionismo "una piaga" ed è stato smentito da Di Stefano, altro esponente del M5S a nome, sembra, del movimento.

      Perché smentirlo se la critica era rivolta alla politica israeliana in Cisgiordania a cui il M5S si dice piuttosto contrario (e non a caso ci vanno con la Morgantini) ? E se Bernini viene smentito questo significa che Di Stefano è favorevole alle colonie ebraiche in Cisgiordania ? Oppure che il M5S lo è ?

      Ovvio che il commentatore fa finta di non accorgersi di queste lampanti contraddizioni che ci dicono che pure nel M5S si distingue il sionismo dalle politiche israeliane nella WB. E fa finta di non accorgersene pur di identificare il sionismo con la politica israeliana, che è la cosa che a lui interessa. Ma l’identificazione storica è stiracchiata e smentita anche dal Di Stefano nel caso contemplato.

  • Di (---.---.---.175) 13 agosto 2013 01:04

    Caro Della Pergola, lei dovrebbe sapere che essere sospettati di antisemitismo equivale a ricevere uno stigma sociale insopportabile, che essere associati agli sterminatori nazisti (a questo in sostanza porta l’accusa) comporta l’immediato e definitivo ostracismo per le persone e le organizzazioni che ne sono colpite. In particolare questo risulta deleterio per le organizzazioni politiche, anche per quelle che, come il Movimento 5 Stelle, fanno un vanto del loro anticonformismo.

    Dunque non mi stupisce affatto che Bernini sia stato sconfessato dal suo movimento, a prescindere da cosa effettivamente intendesse significare col suo giudizio. in genere, pur di non pagare questo prezzo, si preferisce l’ipocrisia, la menzogna.

    Tornando al merito della questione rilevo che lei ha volutamente sorvolato sui fatti che ho esposto nel precedente intervento. E’ anche questa una risposta di tipo sionista.

    • Di (---.---.---.93) 13 agosto 2013 09:18

      Caro commentatore, mi rendo perfettamente conto di quello che lei dice e che l’accusa di antisemitismo può essere pesante. Ma equiparare sionismo a nazismo come fa il M5S Piemonte in modo chiaro, esplicito e incontestabile mi pare ben più grave. Proprio perché si mettono sullo stesso piano le vittime che cercavano di salvarsi da un’Europa antisemita (non solo dai nazisti) con i loro carnefici. Oltretutto con un paragone che storicamente non ha alcun senso, nemmeno lontanamente.
      A me questo pare grave e quindi grave il comportamento del M5S in tutto questo frangente.

      Se poi Bernini è stato sconfessato dal suo movimento solo per pura ipocrisia (quindi lei ipotizza che, in realtà, il M5S equipari davvero sionismo a nazismo, ma che lo nasconderebbe per puro tornaconto politico) la cosa mi pare che aggiungerebbe un ulteriore motivo di scandalo.

      Tornando alla risposta che lei sollecita: il sionismo si dava l’obiettivo di fondare lo stato degli ebrei. Obiettivo raggiunto con la determinazione ONU del ’48. Se si critica il sionismo si critica il nazionalismo ebraico, non le attuali colonie in WB. Da cui la mia prima critica.

      L’occupazione deriva invece - come sa chiunque - dalle due guerre in sequenza del ’67 (vent’anni dopo la dichiarazione di indipendenza) e del ’73 che Israele ha subìto e vinto. Nei vent’anni precedenti lo stato palestinese avrebbe potuto nascere all’interno della linea verde, ma non s’è visto.

      Solo dopo la guerra del ’73 la Cisgiordania e Gaza fino a quel momento territori rispettivamente giordano ed egiziano sono state rivendicate in prima persona dalle organizzazioni palestinesi.

      Ma non c’è mai stato alcun accordo di pace con i palestinesi che facesse diventare la linea verde (cioè la linea dell’armistizio del ’48) il confine concordato e riconosciuto da entrambi i contendenti.

      E se non c’è confine la questione è e resta aperta, dibattuta e controversa; da cui le due definizioni diverse: quella israeliana di territori "contesi" - contesi in quanto con le due guerre citate il possesso di quel territorio non è più regolamentato dall’armistizio del ’48 né giordani ed egiziani se ne sono più occupati - e quella palestinese (fatta propria dal commentatore) di territori "occupati" (ma allora come valutare il caso di Hebron in Cisgiordania da cui l’antica comunità ebraica fu cacciata in un pogrom di pulizia etnica commesso da arabi nazionalisti nel 1929 ? i coloni ebrei che ora ci vivono cosa sono, occupanti o legittimi abitanti di quella città tornati a viverci dopo quarant’anni dall’espulsione ?).

      Tutto ciò senza scordare che ampie frange della resistenza palestinese ritengono che "tutta" Israele sia territorio occupato da liberare; quindi anche qui ci sarebbe da capire chi e a che cosa si fa riferimento: Israele ha diritto di esistere o no ? E quelli come Hamas (che pure ha vinto le ultime elezioni) che rifiutano l’esistenza di Israele come vanno considerati, resistenti o dementi ? Può esserci un accordo di pace con chi ti ritiene "un’entità da porre nel nulla" (dalla carta fondativa di Hamas) ?

      La Bibbia: se Netanyahu ha detto che "bisognerà rinunciare a dei territori..." vuol dire che non prende come dato irrinunciabile né la (poco sostenibile) tradizione storica di duemila anni fa né il "dettato divino" che si può tranquillamente mettere da parte.

      Fa invece chiaro riferimento all’ipotesi di un ritiro, esattamente come Sharon fece da Gaza anni fa. In quel caso fu ’totale’, nel caso della Cisgiordania non sarà mai totale, perché le colonie ci sono e molto probabilmente saranno inglobate nel territorio nazionale israeliano. In cambio di territori attualmente israeliani, come prevedono le varie proposte sul tappeto, ma che devono essere ratificate da un trattato conclusivo.

      Al contrario di quanto scrive il commentatore quindi la faccenda non si risolve né considerando il sionismo "una piaga", né distinguendo il sionismo "buono" della fondazione di Israele (ma chissà se ci si crede davvero!) da quello "cattivo" che riguarda la WB. Il problema si risolve, banalmente, con un trattato di pace che definisca con puntigliosità e buona volontà la nuova linea di confine, mai stabilita finora in tutta la storia del conflitto arabo-israeliano.

      E non mi si venga a dire che sono solo gli israeliani ad aver affossato le trattative in questi ultimi trenta o quarant’anni perché non ci crede nessuno. Anche sulla questione delle ultime case autorizzate cui si fa riferimento la questione è aperta: indubbiamente una provocazione che è stata criticata anche all’interno del governo stesso, ma come dimenticare che nel corso dell’ultima moratoria di dieci mesi concordata e rispettata dal governo israeliano non è stato fatto nemmeno un minimo passo avanti nelle trattative ?

      Insomma io ritengo che buona parte (non ho detto "tutto"!) dell’attuale stallo derivi dal gioco delle parti tra Fatah e Hamas che fanno come il carabiniere buono e quello cattivo. Nel frattempo a rimetterci sono in primis i palestinesi stessi. La trattativa deve ripartire seriamente e senza sotterfugi, nel loro interesse e nell’interesse, come dice lei, anche dello stato ebraico.

  • Di (---.---.---.244) 14 agosto 2013 17:36

    Intanto la ringrazio per la risposta esauriente. Seguo le vicende di Israele da quando ero giovanissimo, ed ho iniziato a seguirle da fan sfegatato di Israele. 
    Nel corso degli anni, tuttavia, ho gradualmente mutato approccio alla questione, sono diventato più cauto nei giudizi, ho iniziato ad analizzare i fatti con maggiore obiettività. Questo non significa che sono diventato nemico di Israele: tutt’altro, ho solo compreso che sostenere acriticamente ogni azione della sua classe dirigente (sionista) non è bene per Israele.

    Da decenni quindi tengo puntate le antenne su ciò che avviene dentro e intorno a Israele: catturo frammenti di informazione, li connetto tra loro, annuso il clima, inquadro ogni cosa nel contesto generale determinato dalle grandi potenze, dagli equilibri economici generali, dall’evoluzione del clima culturale nei diversi ambienti sociali. Tratto ogni articolo, dichiarazione, opinione, notizia, con la massima diffidenza: non prendo nulla per verosimile se non è coerente col resto.

    Il risultato è che mi sono formato una mia opinione fatta di ipotesi in costante aggiornamento, e sono diventato sempre più pessimista. Questo mi causa anche angoscia perché sembra che molto pochi condividano la mia visione. Anche lei, come quasi tutti, comunica una visione che io definisco il "modello standard": la visione ufficiale di ciò che è avvenuto e che avviene, dalla quale discende una proiezione a mio giudizio falsamente e pericolosamente positiva. Mi scuso per questa lunga premessa ma mi sembrava opportuno definirmi come interlocutore.

    La prima questione. Lei scrive: "mi rendo perfettamente conto di quello che lei dice e che l’accusa di antisemitismo può essere pesante." Ne ero certo. Ebbene si: lo è. E per quanto mi riguarda non perché colpisce la figura pubblica di una persona (non ho una figura pubblica da difendere) quanto perché lo ritengo un insulto sanguinoso. Mi è capitato spesso nelle discussioni sui forum di essere definito antisemita, pur non avendo io mai prodotto alcuna espressione antisemita. Cosa logica del resto, non essendolo. Sono stato definito in questo modo per la libertà intellettuale che mi prendo nel discutere di certi argomenti. Una libertà che spesso travalica quello standard di fatto, quel canone espressivo, che ciascuno sembra essere tenuto a rispettare quando parla di Israele, del sionismo, del conflitto israelo palestinese, dei gruppi di pressione sionisti. Sostanzialmente è per questo motivo che sono intervenuto qui sulla vicenda Bernini, le cui dichiarazioni hanno immediatamente suscitato la consueta levata di scudi ed evocato i soliti sospetti. Lei è solo uno dei tanti che adotta certi metodi, vi sono nel mondo attenti lettori che passano al setaccio ogni comunicazione che abbia la pur minima rilevanza pubblica o che in qualche modo imbocchi i canali comunicativi per controllare che non contenga il minimo segno di antisemitismo. Esistono anche potenti e ben strutturate organizzazzioni specializzate in questa attività. CAMERA ad esempio, o la ADL, ma sono presidiati praticamente tutti i media e tutti i luoghi di confronto pubblico, anche quelli minori, grazie all’opera di volontari che ritengono loro dovere intervenire a correggere chiunque esprima concetti vagamente contrari o, a loro giudizio, troppo critici o troppo liberi nei confronti delle politiche israeliane. Cosa, manco a dirlo, che viene equiparata all’antisemitismo o al sospetto di antisemitismo, così come viene equiparato all’antisemitismo l’antisionismo, secondo la nota equazione alla quale anche lei ha fatto ricorso.
    Non dubito che molti, in buonafede, ritengano in questo modo di denunciare i germi di antisemitismo prima che si diffondano. Tuttavia una macroscopica conseguenza di questo metodo è la difesa in ogni luogo e in ogni circostanza del "modello standard", della visione prodotta dai comunicatori sionisti. 

    Bernini si è espresso in termini forti e diretti, è vero, ma il focus del suo intervento riguarda un fatto oggettivo come le condizioni di vita degli arabi palestinesi nei Territori Occupati: un tema che in Israele viene costantemente sollevato da organizzazioni come B’Teselem, e il suo indicare il sionismo come causa di questo stato di cose avrebbe meritato qualche approfondimento. L’accusa di antisemitismo e la successiva sconfessione arrivata dal suo movimento ha avuto l’effetto di cancellare questo tema. Si è trattato di un effetto non voluto? Io non credo.

    Per questo e per tanti altri episodi analoghi sono giunto da tempo alla conclusione che la lotta contro l’antisemitismo non sia altro che un pretesto per difendere ed affermare il "modello standard". Da qui rilevo la compressione del dibattito e la sua polarizzazione, la mancanza di idee per risolvere problemi antichi, la diffidenza tra interlocutori che necessariamente debbono collocarsi in campi contrapposti. Mi scusi ma non vedo come questo possa giovare ad Israele, vedo invece con chiarezza quanto questo possa nuocergli.

    Una conseguenza della difesa ad oltranza della versione ufficiale di ciò che riguarda Israele. Israele è uno stato, al suo interno le posizioni riguardo ad ogni questione sono le più varie. Lo sono anche riguardo al che fare per risolvere il conflitto con gli arabi palestinesi e appianare l’inimicizia con il resto della comunità islamica. Ancora oggi, a quanto mi risulta, la maggioranza degli ebrei israeliani è favorevole a scambiare terra contro pace. Una tale maggioranza esiste da sempre in Israele, e Israele è uno stato democratico, tuttavia chi ha tentato di tradurre la volontà della maggioranza in atti di governo ha avuto finora scarsa fortuna. Rabin, Sharon, Olmert: chi per un motivo chi per l’altro sono stati impossibilitati a farlo.  
    Rabin voleva restituire i territori in cambio di pace, ed è stato ucciso dal solito pazzo isolato (abbastanza pazzo da sposarsi in carcere ed avere un figlio); Sharon voleva procedere unilateralmente: si ritirò da Gaza e fondò Kadima, che ebbe un buon successo elettorale, per sottrarsi ai veti del Likud, ma fu colpito da ictus; Olmert invitò più volte ad abbandonare il sogno della Grande Israele (non si sa bene rivolto a chi) e si avvicinò molto a stringere un accordo, ma fu messo fuori causa da uno strano scandalo proveniente da oltreoceano. Come le ho detto sono diventato diffidente e ho acquisito l’abitudine di incrociare le informazioni: un fatto che appare a prima vista casuale lo valuto anche alla luce dell’ipotesi che casuale non sia.

    Sionismo buono e sionismo cattivo. Questo discrimine è forse l’argomento centrale dell’intera questione. Vedo che lei non rileva nessuna differenza tra sionismo risorgimentale e sionismo attuale, e la cosa non mi meraviglia affatto considerando gli sforzi comunicativi che vengono fatti per affermare l’assoluta continuità del sionismo nelle sue due fasi principale. E anche questo è comprensibile se si tiene conto che è proprio grazie a questo che si può accusare di antisemitismo chi si scaglia contro il sionismo attuale. Il processo logico è semplice: se è vero che il sionismo è uno e uno solo; se è vero, come è vero, che lo scopo primario del sionismo è la fondazione di Israele; ne consegue che chi si dichiara antisionista si dichiara contro lo scopo principale del sionismo: cioè la fondazione di Israele. Da qui ad accusare di antisemitismo chi si dice antisionista il passo è breve.

    Si comprende quindi l’importanza per l’affermazione del "modello standard" di negare ogni distinzione. Poniamo che il sionismo dopo la fondazione dello stato avesse cambiato nome in "Alleanza Nazionale Ebraica", ad esempio, e che le maggior parte delle forze politiche israeliane e delle organizzazioni ebraiche sparse nel mondo si fossero dichiarate aderenti a questo movimento. Sarebbe stato altrettanto facile far passare l’equazione antisionismo = antisemitismo? Sicuramente no.

    Certo, chi intende sostenere l’identità del sionismo attuale con quello delle origini deve affrontare almeno due difficoltà: 1. fondare l’assunto che un movimento ideologico possa conservarsi inalterato passando attraverso 120 anni di storia tumultuosa; 2. ignorare il passaggio fondamentale del movimento: la fondazione dello stato di Israele.

    E’ difficile, ma forse non impossibile, sostenere il primo punto; credo sia impossibile sostenere secondo punto. Ed è questo il punto che maggiormente mi interessa per le implicazioni che ha nella realtà attuale.
    Cerco di spiegarmi con semplicità. Un movimento di tipo risorgimentale è ovviamente nazionalista, lo è necessariamente essendo il suo scopo quello di fondare uno stato nazionale. Tuttavia il nazionalismo risorgimentale è finalizzato a uno scopo, è a termine, è stumentale alla mobilitazione delle diverse istanze sociali, ideologiche, economiche che andranno a formare la società del nuovo stato, non è il fine in sé del movimento. Normalmente, dopo la fondazione dello stato le diverse componenti della nuova società tornano a dividersi contrapponendosi dialetticamente nei diversi gruppi politico ideologici che formano il corpo sociale e il nazionalismo che le aveva mobilitate torna ad avere il suo ruolo naturale di ispiratore delle ideologie destrorse. Si, perché sono convinto (mi corregga se sbaglio) che il nazionalismo fornisca la materia prima ai movimenti di destra, certamente non a quelli di sinistra.
    Se dopo la fondazione il movimento risorgimentale conserva le sue strutture e rimane protagonista della vita pubblica, come è avvenuto col sionismo, lo fa ponendo al centro della sua ispirazione ideologica il nazionalismo come scopo e ispirazione in sé. Cioé diventa un movimento di destra, a prescindere e nonostante ciò che possono credere i suoi aderenti.

    Quello che io vedo è proprio questo: il graduale spostamento a destra delle organizzazioni sioniste in patria e fuori. Una metamorfosi che avviene in molti casi per prassi più che per scelta consapevole. Lei, ad esempio, non si offenda, agisce secondo schemi di comportamento puramente nazionalisti con la sua difesa acritica e intransigente di quelle che in genere si definiscono le ragioni di Israele, ma che a mio modo di vedere sono le ragioni di una corrente ideologica che pone l’interesse nazionale sopra ogni altro principio. Poi ciascuno troverà la sua motivazione per abbracciare il nazionalismo: i religiosi andranno a cercarle nelle sacre scritture; i laici le troveranno nella memoria storica delle persecuzioni; altri si innamoreranno della potenza militare della nazione; altri ancora troveranno mille giustificazioni per rifiutare l’incontro e il compromesso col nemico. Di fatto da almeno 40 anni lo status quo rimane uguale a se stesso: dietro ai muri vivono milioni di persone senza diritti civili; due generazioni di israeliani si sono formati nello status di occupanti nei confronti di un altro popolo; si prepara un’altra guerra; si continua a vivere nella precarietà del futuro in mezzo a masse si popolazione ostile; si continua a popolare le colonie restringendo sempre più i margini per arrivare alla pace basata su due stati; i movimenti integralisti sono arrivati al governo e hanno iniziato a permeare le sue strutture. Questo è un bene per Israele? Io non credo. E se il nazionalismo sionista è tra le cause di tutto questo allora sono d’accordo con Bernini: il sionismo è una piaga. E non perché vengono vessati i palestinesi: non ritengo i palestinesi buoni a prescindere

    La trattativa. Lei sostiene, come tutti quelli che sostengono il "modello standard", che la causa dello stallo nelle trattative di pace è l’intransigenza / incapacità / malafede della controparte palestinese ed esclude che ad ostacolare efficacemente ogni progresso sia il nazionalismo sionista. Di certo non sarò io a negare certe caratteristiche negative dell’ANP, di certo non si può negare che abbia stupidamente perso delle occasioni. Di volta in volta per l’intransigenza, per il patologico frazionismo che la caratterizza, per la corruzione che l’affligge, per l’incapacità di respingere certe illusioni ispirate da amici interessate. Ma se la pace con quella piccola parte di Umma che rappresenta il popolo palestinese costituisse un obiettivo strategico per Israele quale passaggio necessario per superare l’avversione delle genti arabo islamiche che ha intorno allora l’approccio dovrebbe essere diverso da quello che è sempre stato. Purtroppo il nazionalismo rende impermeabili alle ragioni dell’altro; purtroppo i suoi obiettivi sono sempre molto semplici e finalizzati all’esclusivo interesse nazionale: hanno un orizzonte breve, limitato, portato a considerare solo il proprio ombelico e a dare voce alle viscere piuttosto che alla testa.
    Tra ricattati, infiltrati, corrotti, velleitari il popolo palestinese non ha una leadership in grado di giocarsi le sue carte contro un interlocutore strapotente militarmente e appoggiato fortemente a livello diplomatico. E’ un popolo sconfitto che non ha alcuna rilevanza militare, che vive grazie alla carità internazionale, che non ha alcuna speranza di liberarsi da sé dall’occupazione. Ma che ovviamente non si può far scomparire, nemmeno dietro un muro.

    Se è interesse di Israele concludere il conflitto, e sono convinto che lo sia, ai deficit della dirigenza palestinese palestinese deve provvedere qualcun altro: la stessa controparte, che dovrebbe rendersi conto di non poter giocare con tutta la sua forza contro un avversario che non si regge in piedi. In breve: sta a Israele imporre delle condizioni eque, accettabili dalla comunità internazionale e dagli stati arabi, non ci sono altre soluzioni a mio avviso. E si torna agli effetti deleteri del nazionalismo che escludono tale approccio e che, sempre a mio avviso, non giovano ad Israele.

    Mi sono dilungato troppo, termino con qualche risposta alle sue osservazioni.
    Lei dice:

    - "equiparare sionismo a nazismo come fa il M5S Piemonte in modo chiaro, esplicito e incontestabile mi pare ben più grave." Si, è grave, ed è l’occasione per far capire che non può esserci nulla di paragonabile tra l’uno e l’altro.

    - "Se poi Bernini è stato sconfessato dal suo movimento solo per pura ipocrisia (quindi lei ipotizza che, in realtà, il M5S equipari davvero sionismo a nazismo, ma che lo nasconderebbe per puro tornaconto politico) la cosa mi pare che aggiungerebbe un ulteriore motivo di scandalo." Si tratta di due cose diverse. Una è l’affermazione di una parte del M5S, non so quanto seguita; l’altra, l’ipocrisia, è la risposta al danno politico e di immagine che deriva dall’accusa di antisemitismo. Ne ho parlato sopra.

    - "il sionismo si dava l’obiettivo di fondare lo stato degli ebrei. Obiettivo raggiunto con la determinazione ONU del ’48." Uno stato sovrano si legittima innanzitutto da sé, a mio parere, ma visto che, giustamente, si cita la determinazione ONU del 48 come fonte di legittimità per lo stato di Israele allora si deve riconoscere altrettanta autorità alle risoluzioni dello stesso ONU riguardo alla linea verde, alla proibizione di stabilire colonie sul territorio occupato, al loro status giuridico, non crede?

    - "E quelli come Hamas (che pure ha vinto le ultime elezioni) che rifiutano l’esistenza di Israele come vanno considerati, resistenti o dementi ? Può esserci un accordo di pace con chi ti ritiene "un’entità da porre nel nulla" (dalla carta fondativa di Hamas)?" Hamas è chiusa dentro Gaza e non ha alcun potere militare rilevante. A proposito delle roboanti dichiarazioni contenute nel suo statuto che Hamas, da leggere alla luce della sua debolezza militare e politica, immediatamente dopo la (prevedibile) vittoria elettorale offrì "una lunga tregua" a Israele.
    Ricorda come andò a finire?

    - "come valutare il caso di Hebron in Cisgiordania da cui l’antica comunità ebraica fu cacciata in un pogrom di pulizia etnica commesso da arabi nazionalisti nel 1929 ? i coloni ebrei che ora ci vivono cosa sono, occupanti o legittimi abitanti di quella città tornati a viverci dopo quarant’anni dall’espulsione?" La pulizia etnica è sempre un crimine, come ogni azione condotta contro la popolazione inerme, ovviamente. Quanto all’oggi la domada è: gli attuali abitanti di Hebron sono gli stessi che ne furono cacciati? In tal caso direi che sono nel loro buon diritto, nel caso in cui invece fossero ritenuti legittimi occupanti in quanto ebrei che hanno preso il posto di quelli cacciati le cose si complicherebbero alquanto. Dal mio punto di vista, infatti, non esiste alcun diritto di possesso della terra legato all’essere ebrei. Per lei si?

    - "La Bibbia: se Netanyahu ha detto che "bisognerà rinunciare a dei territori..." vuol dire che non prende come dato irrinunciabile né la (poco sostenibile) tradizione storica di duemila anni fa né il "dettato divino" che si può tranquillamente mettere da parte." Ma per ora non si è vista nessuna concreta dimostrazione nel senso della rinuncia. Si è invece vista la sua concreta negazione con l’annuncio della costruzione di 1.200 nuovi alloggi per i coloni. Bastassero le dichiarazioni non staremmo qui a discutere della risoluzione del conflitto.

    - "Insomma io ritengo che buona parte (non ho detto "tutto"!) dell’attuale stallo derivi dal gioco delle parti tra Fatah e Hamas che fanno come il carabiniere buono e quello cattivo.". Alla spaccatura tra Hamas e Fatah, che rende ulteriormente difficile arrivare ad un accordo di pace, non sono estranei né Israele né i servizi americani. Ricorderà che dopo l’insediamento del parlamento palestinese e del governo guidato da Hamas, che peraltro vedeva la presenza anche di ministri "laici", dopo aver consentito la sua partecipazione alle elezioni, le autorità israeliane presero ad arrestare ministri e parlamentari di quella organizzazione con la motivazione che si trattava di una organizzazione terrorista. A Fatah vennero fornite armi per combatterla e Dahlan, personaggio notoriamente contiguo alla CIA, fece il suo tentativo di rovesciamento a Gaza, scappando poi in Egitto. C’è stato assai poco di spontaneo nella spaccatura del fronte palestinese che ora lei mette tra le cause ostative ai colloqui. Era una conseguenza prevedibile, ma così è stato fatto.

    Ultima osservazione, forse la più pesante. Non le sarà sfuggito che gli USA stanno tentando di dislocare le loro non più abbondantissime risorse verso il quadrante Asia-Pacifico per contrastare l’avanzata del loro nuovo avversario economico politico: la Cina. I segnali della volontà americana di disimpegnarsi dall’area mediorientale ci sono stati, e sono stati molto chiari.
    In questa prospettiva di probabile cambiamento negli equilibri geostrategici va inquadrato anche il futuro di Israele, che all’appoggio statunitense deve molte delle sue sicurezze. Lei pensa che una mentalità nazionalista, cioé sionista, che ora coltiva alacremente il progetto di una guerra contro l’Iran, sappia gestire al meglio il futuro di Israele? Io credo di no.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 15 agosto 2013 10:28
      Fabio Della Pergola

      Caro amico, spero che si renda conto che il suo non è un commento, ma un piccolo trattato sull’intera questione israelo-palestinese e, di più, anche sulla storia del sionismo e di più anche sulla politica internazionale e magari anche di nazionalismo e internazionalismo nell’era della globalizzazione. Non si può rispondere, se non scrivendo un libro. Non mi pare il caso, abbia pazienza.

      Mi limiterò a dire poche cose. Lei identifica il sionismo con le politiche israeliane nella West Bank, sostenendo che Bernini avesse questo in mente (ma che il M5S l’abbia voluto correggere, da veri politicanti ipocriti, per non rischiare la sua immagine pubblica. Come se i grillini avessero di questi timori. Sinceramente, conoscendo il modo di fare di Grillo verso chiunque, quello che lei dice mi pare davvero poco credibile e anche parecchio offensivo verso i Cinquestelle).

      Tradotto in termini italiani è come se lei dicesse che Mazzini e Mussolini erano uguali. Certo il nazionalismo ha caratteristiche di appartenenza che universalismo o internazionalismo non hanno, ma il paragone non ha molto senso.

      Lei scrive “Se dopo la fondazione il movimento risorgimentale conserva le sue strutture e rimane protagonista della vita pubblica, come è avvenuto col sionismo...”; è un’affermazione incomprensibile. In Israele esistono una destra e una sinistra, partiti laici e partiti religiosi, una robusta minoranza araba che gode di tutti i diritti civili e ultraortodossi antisionisti che pretendono di seguire la legge religiosa, non quella dello stato. Quindi di cosa sta parlando ? Indubbiamente è uno stato in guerra perenne fin dalla sua fondazione, il che dà al suo nazionalismo una coloritura sconosciuta alle moderne democrazie europee, ma è molto facile parlare dalla situazione di pace che viviamo qui.

      Il sionismo delle origini ha avuto un senso e un’origine molto precisa. Le politiche israeliane sono invece le politiche di uno stato sovrano, in conflitto fin dalla sua nascita, con tendenze nazionaliste di destra molto forti (e tanto più forti quanto più i nemici esterni si rafforzano, basti pensare a Hezbollah) e tendenze nazionaliste di sinistra più dialoganti con quelli che sono a tutti gli effetti dei ‘nemici’, ma con risultati estremamente modesti. Quindi discrimino con molta attenzione fra sionismo risorgimentale e politiche nazionaliste attuali, casomai è Bernini (e lei) che non distingue affatto mettendo tutto nello stesso calderone e condannando, senza distinzioni, ‘il sionismo’ (o, peggio, equiparandolo al nazismo). 

      Dimenticando che noti esponenti della sinistra israeliana come Abraham Yehoshua ad esempio http://www.nostreradici.it/antisemi... sono apertamente contrari alle politiche israeliane nei Territori, ma si dichiarano esplicitamente sionisti. Quindi ?

      Quindi lei ha torto e io ragione a distinguere il sionismo dalle politiche di Israele nella WB che sono politiche contingenti, criticabilissime se si vuole (come ho scritto a chiare lettere nell’articolo), senza confonderle con il sionismo che, come ovvia conseguenza, tira in ballo tutta la storia ebraica dell’ultimo secolo e anche la nascita di Israele (che è poi il vero punto di approdo di molti critici del sionismo che vogliono togliere legittimità a quello stato).

      Ma, curiosamente, lei mi accusa di non distinguere (“vedo che lei non rileva nessuna differenza tra sionismo risorgimentale e sionismo attuale”) in un misterioso rovesciamento della realtà che è lì, chiaramente scritta: “Se invece si vogliono criticare le politiche perseguite dai governi dello Stato di Israele lo si dica chiaramente e si usino i termini esatti. Qualsiasi governo e qualsiasi politica sono legittimamente criticabili, per fortuna. Ma lasciando stare il sionismo e l’ebraicità. Fino a quando non si è almeno capito che cosa sono.”.

      Tutto il resto è la sua interpretazione del conflitto, coerente con lo “standard” antiisraeliano, ivi comprese le accuse a CIA e Mossad di aver fatto e disfatto quello che volevano all’interno delle politiche palestinesi, che è un’accusa strana (chiunque impegnato in un conflitto cerca di dividere i suoi avversari) e anche parecchio offensiva verso i palestinesi stessi. Che ne escono come dei poveri stupidi. Per fortuna le sorti del vicino oriente non dipendono né da noi e dai nostri “standard” interpretativi.

    • Di (---.---.---.35) 15 agosto 2013 22:56

      Mi rendo conto di aver scritto una specie di trattatello che comprende un’ampia serie di questioni. Il fatto è che preferisco non considerare i singoli aspetti della questione di cui stiamo discutendo estrapolandoli dal contesto: non vedo nulla di abbastanza semplice e univoco nel contesto in cui è collocato Israele che si possa definire tale.

      Lei dice che identifico il sionismo con le politiche israeliane nella WB (e a Gaza): non è proprio così. Direi invece che il sionismo attuale (nazionalismo ebraico) ispira le politiche israeliane prima come chiave di lettura interpretativa della realtà e poi come suggeritore dei metodi da adottare per affrontare le diverse questioni.
      Espresso in questo modo sembra un concetto semplice, ma non lo è affatto. Voglio farle un esempio per chiarire: Nel 2006 David Grossman perse il figlio Uri nella guerra del Libano. Grossman era a favore di una reazione militare forte di Israele contro Hezbollah dopo l’episodio nel quale alcuni militari israeliani furono uccisi da una sortita compiuta da miliziani appartenenti a quella organizzazione. La chiave di lettura usata per interpretare quel fatto gli suggerì i metodi da seguire nella reazione.

      Tuttavia, nella sua orazione funebre (http://www.repubblica.it/2006/08/se...) Grossman sembra cambiare completamente approccio alla questione: non chiede vendetta contro quelli che gli hanno ucciso il figlio (al suo posto io avrei l’avrei desiderata con tutte le mie forze), con le sue dichiarazioni successive Grossman chiese invece al suo governo di fare tutto ciò che era possibile per risolvere le cause della guerra. Nella prima modalità Grossman mostra di avere una visione limitata e semplicistica: "tu mi colpisci e io ti restituisco il colpo dieci volte più forte"; nella seconda modalità invece mostra una visione ampia e profonda, tale da essere difficilmente comprensibile a chi non condivide il suo patrimonio culturale. Secondo una rozza semplificazione la prima la attribuisco al nazionalismo, la seconda all’ebraismo. Questo episodio indica, a mio parere, che anche un raffinato intellettuale come Grossman può lasciarsi andare alla semplificazione nazionalistica, salvo recuperare poi una visione più ampia.
      Oh, prima che le sorga in mente il sospetto le dico subito che ritengo ovvio che Israele abbia il diritto / dovere di difendersi: non desidero affatto un Israele inerme. Lo preciso perché in passato mi è stata attribuita anche questa intenzione. La distinzione fondamentale non è tra uso o non uso della forza (personalmente non sono un oltranzista del pacifismo), la distinzione è nelle motivazioni e nei metodi dell’uso della forza.

      La distinzione tra sionismo di sinistra e sionismo di destra nominalmente esiste, e non voglio negare differenze tra loro; come non voglio negare le differenze tra religiosi e laici e tra le diverse componenti all’interno di queste categorie. Mazzini e Garibaldi erano diversissimi tra loro ma il loro fine era lo stesso, solo che il loro fine comune e apparteneneva alla fase risorgimentale, durante la quale i diversi uniscono le loro forze. Nel sionismo attuale, come ho già detto, questo fine fondativo non c’è più e, continuando nel aparallelo, sarebbe stato assai strano se Mazzini e Garibaldi avessero continuato a militare nella stessa corrente ideologica anche dopo l’unità d’Italia.

      Riguardo alle accuse a CIA e Mossad: non sono accuse ma constatazioni. Ho semplicemente fatto notare come una certa visione ideologica possa indurre a elaborare strategie che si rivelano miopi o che rilevano un fine opposto a quello dichiarato. Contribuire a dividere Fatah da Hamas ha prodotto una condizione di ulteriore difficoltà rispetto alla stipula di un accordo di pace. E i casi sono due: o è stato un errore rispetto alla dichiarata volontà di pace oppure lo scopo era proprio quello di creare un ostacolo alle trattative. Anche alla luce di altri fatti propendo per la seconda ipotesi. Ancora prima di questo, ad andare in senso contrario rispetto alle intenzioni di arrivare un accordo con i palestinesi è stato l’aver favorito la crescita di Hamas all’interno del campo palestinese in funzione anti-Fatah. Un errore di calcolo o una ben precisa strategia di sabotaggio delle possibilità di arrivare ad un accordo? Lo stesso può dirsi dell’espansione delle colonie nei Territori Occupati. E si tratta di scelte sostenute anche da governi nominalmente di sinistra.

      Riguardo al lasciar stare sionismo ed ebraicità non sono affatto d’accordo: mi riguardano entrambi. Il primo lo ritengo una ideologia deleteria che mi auguro venga superata al più presto; il secondo lo ritengo una ricchezza per l’umanità.

      Quanto all’essere io anti israeliano: nulla di quello che ho scritto è anti israeliano. Ma è significativo che lei lo giudichi tale.

      La ringrazio per la conversazione.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 16 agosto 2013 10:06
      Fabio Della Pergola

      Non ho esattamente detto che lei è antiisraeliano, ma che il suo metodo interpretativo è "coerente con lo standard antiisraeliano", vale a dire che interpreta la successione dei fatti con un’ottica che non tiene in gran conto il punto di vista diverso da quello che vede il solo Israele agire contro la pacificazione, mentre del fronte palestinese dice solo che "abbia stupidamente perso delle occasioni". Che più brutalmente significa che ha affossato le varie possibilità di stabilire un accordo di pace almeno pari (lo dico per smetterla con la polemica) a quelle perse (o non volute) dagli israeliani.

      Il confronto di cui parliamo è un confronto fra nazionalismi, non esiste una credibile opzione internazionalista e nemmeno binazionale sul tappeto almeno dagli anni ’20. Il nazionalismo ebraico (sionismo) si articola in varie componenti fra cui quella che Yehoshua fa propria, come ho ricordato nel commento precedente. E’ un nazionalismo di sinistra che non condivide le politiche dei governi di destra, ma che tiene viva l’antica opzione dei governi laburisti: "terra in cambio di pace". Che non è mai stata accolta dai politici arabo-palestinesi con conseguenze fatali: niente accordo ? Ti costruisco una colonia. Lo fai adesso l’accordo ? No, allora te ne faccio un’altra. Questa è stata la politica di sinistra, fino a che la destra non è andata al governo inasprendo le cose (e uccidendo Rabin che praticava quanto detto sopra alla ricerca di un accordo).

      La destra israeliana ha sempre ricevuto invece un fondamentale supporto dal fronte arabo. Dopo trent’anni di governi laburisti andò al governo nel ’73 dopo la guerra del Kippur che Israele ha rischiato di perdere per un sostanziale "lassismo" del governo laburista in merito alla questione sicurezza. Il ritiro unilaterale da Gaza voluto da Sharon ha fatto diventare la striscia un arsenale di razzi anziché un primo nucleo di stato libero di Palestina capace di dimostrare agli israeliani che potevano fidarsi di avere dei vicini di casa non belligeranti e che potevano perciò allentare il controllo sulla WB da cui ogni città israeliana può essere facilmente colpita (lo dice ancora Yehoshua in un’intervista che spiega molto bene il punto di vista israeliano http://ricerca.repubblica.it/repubb...). L’attuale destra è andata al governo, soppiantando il governo centrista di Olmert, dopo la guerra del Libano del 2006 che, come lei cita correttamente, iniziò con un’aggressione di Hezbollah sul confine.

      Tradotto in termini politici tutto questo significa che, come ogni democrazia parlamentare (e a differenza dei paesi arabi), la politica israeliana può essere eterodiretta in prossimità delle elezioni; basta un razzo, un attentato, un’aggressione sul confine, una minaccia più esagitata e la destra raccoglierà più voti. Perché sul tema sicurezza la destra ha argomenti che "appaiono" (non ho detto che "sono") più convincenti degli argomenti "dialoganti" della sinistra. Di tutto questo lei non dice niente se non che l’attività israeliana di contrapporre Hamas a Fatah (il che implica che i politicanti palestinesi non avrebbero alcuna capacità di opporsi alle trame avversarie) ha impedito la pacificazione. Pacificazione che, in caso Israele non avesse favorito la divisione in campo avversario, sarebbe stata facilitata... ma solo nella sua logica interpretativa; in realtà non è per nulla né dimostrata né dimostrabile.

      Lei può legittimamente considerare il sionismo una ideologia deleteria, al pari dell’ingenuo Bernini, ma continuerò a pensare che lei confonde il nazionalismo italiano (e più ampiamente delle democrazie europee) che giustamente deve essere assolutamente altra cosa rispetto a quello risorgimentale, con quello di un paese ininterrottamente in guerra fin dalla sua creazione, con una realtà storica passata su cui pesa lo sterminio nazista che non può non aver plasmato la mentalità di un intero popolo di fronte ai pericoli esterni e alle minacce di distruzione che riceve da quasi ogni leader arabo; e così via. Se tenesse conto di tutto questo, cosa che lei non sembra fare, si renderebbe conto che non è Israele a dover fare la prima mossa. Quando lei scrive "Se è interesse di Israele concludere il conflitto, e sono convinto che lo sia, ai deficit della dirigenza palestinese palestinese deve provvedere qualcun altro: la stessa controparte, che dovrebbe rendersi conto di non poter giocare con tutta la sua forza contro un avversario che non si regge in piedi", dimentica (ma è una vera dimenticanza ?) che dietro i palestinesi c’è l’intero mondo arabo, nelle sue varie sfaccettature più o meno aggressive, ma sempre ostili; di più, c’è l’intero mondo islamico con potenze regionali di media potenza come la Turchia e l’Iran, anche loro sempre più aggressive. Eccetera. E’ questo il mondo che deve fare la prima mossa. Assicurare nei fatti, non a parole, che una distruzione possibile non sarà agìta e che loro per primi depongono le armi. Rassicurare gli israeliani che la pace è possibile e lo sterminio evitato è la prima mossa per permettere - non di trovare immediatamente un accordo di pace, sarebbe ingenuo crederlo - ma di ridare uno spazio politico alla sinistra "dialogante", di farle recuperare terreno e credibilità togliendo argomenti ad una destra che fonda l’idea di sicurezza solo sulla forza militare. In caso contrario sarà sempre più dura. E a pagare per primi saranno sempre i palestinesi.

      In altri termini, visto che il paragone con l’apartheid sudafricano viene spesso citato, ricordiamoci che in Sudafrica la mossa giusta fu l’abbandono della lotta armata da parte dell’African National Congress di Mandela. I tanti neri, militarmente inconsistenti, convinsero i pochi bianchi, fortemente armati, che non ci sarebbe stato un bagno di sangue se si fosse cambiato lo status quo. Credo che questa sia l’unica strada percorribile (e un paragone con il vecchio Sudafrica sensato); ma che i palestinesi siano molto lontani dall’averlo capito, o, se l’hanno capito, di averlo accettato. Anche per l’esaltazione nazional-religiosa che tanti altri stati e politici continuano a diffondere. La questione palestinese è sempre stata usata nella più completa indifferenza verso i palestinesi non solo da parte degli avversari storici, ma anche dei tanti che si dichiarano fraternamente solidali e amici.
      La saluto.

  • Di (---.---.---.103) 27 novembre 2013 20:47

    Questi articoli sono la mistificazione della realtà più ridicola, la peggior spazzatura rintracciabile sul web. Arrivederci e Vergogna.

    • Di (---.---.---.161) 28 novembre 2013 02:03

      Questo articolo (perché il plurale?) dimostra esattamente che cosa c’è nella testa di alcuni (non tutti) esponenti del M5S e di alcuni (non tutti) i commentatori del blog di Beppe Grillo. In maniera inconfutabile e indiscutibile.

  • Di (---.---.---.30) 29 dicembre 2013 16:59

    "Il nazionalismo ebraico non avrebbe mai portato alla nascita di uno stato degli ebrei se la Germania non avesse eletto a propria guida un signore con i baffetti diventato poi famoso come uno dei più crudeli assassini della storia umana."

    Peccato che si dimentichi (opportunamente) la c.d. dichiarazione Balfour, datata 1917, dalla quale si evince chiaramente come il progetto di un "focolare ebraico" in Palestina fosse in realtà ben più avanzato di quanto si voglia far credere. E peccato che la realizzazione del predetto "focolare" sia passata per la distruzione dell’identità palestinese (con decine di villaggi e città ripuliti dal loro retaggio arabo, o semplicemente cancellati dalle mappe). Anche questo è sionismo.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.161) 29 dicembre 2013 20:06
      Fabio Della Pergola

      Non dimentico proprio niente. Il riconoscimento al diritto di un "focolare ebraico" - definizione che molto diplomaticamente non diceva proprio nulla - è arrivato dopo quasi quarant’anni di antisemitismo europeo a tratti feroce. I pogrom nell’europa orientale sono iniziati nel 1881 dopo l’assassinio dello zar di cui gli ebrei furono molto opportunamente (e falsamente) incolpati.
      Ma basta studiarsi un po’ le statistiche dei flussi migratori in e da la Palestina per rendersi conto che l’immigrazione ebraica si era fermata e addirittura aveva iniziato ad avere un saldo negativo verso la fine degli anni ’20. Quindi nessuno stato ebraico sarebbe nato solo sulla volontà sionista di fondarlo. Poi è iniziata la politica persecutoria di Hitler e il flusso di fuggitivi, questa volta dalla Germania, è ricominciato. Solo dopo il 1933 e fino al 1947 il numero di ebrei - tra fuggitivi, superstiti e scampati - ha raggiunto un numero e una forza politica tale da poter fondare uno stato. Nel ’47 è iniziata una guerra civile tra arabi, ebrei e inglesi. E nel ’48 l’ONU ha determinato a maggioranza la spartizione del territorio, tenendo copnto delle migliaia di ebrei che ancora, a tre anni dalla fine della guerra, stavano nei campi di raccolta in Europa e a Cipro. La guerra è stata iniziata dagli stati arabi per impedire che si realizzasse questa spartizione e solo in quella fase di belligeranza si è determinata la fase di una relativa pulizia etnica (peraltro effettuata inizialmente ben dieci anni prima ai danni della comunità ebraica di Hebron da parte degli arabi). La distruzione dell’identità palestinese è una definizione senza senso. I palestinesi sono lì e la loro identità di popolo ce l’hanno tuttora. Quello che manca è l’identità "nazionale" che hanno rifiutato di ottenere per ben tre volte: due quando gli inglesi proposero una spartizione prima della guerra e almeno una nel ’48. Oggi sono in una situazione drammatica di cui le loro èlite politiche sono responsabili forse più degli israeliani stessi.

  • Di (---.---.---.188) 6 gennaio 2014 12:19

    Caro Sig. Della Pergola, con un cognome come come il Suo mi consenta di sollevare una questione di "legittima suspicione" in relazione alla Sua presunta e sedicente obbiettività. 

    Alessandro Gonnelli - [email protected]
    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.161) 6 gennaio 2014 12:30
      Fabio Della Pergola

      Caro Gonnelli,

      non posso ’consentirle’ quello che è un suo diritto costituzionalmente definito. Posso solo prendere atto della sua decisione e augurale buona fortuna.

      Ma l’inviterei comunque ad approfondire un po’ meglio il concetto di "sangue ebraico" che è comunque un concetto che può portare lontano (e non sempre in spazi apprezzabili).

      Così come la inviterei a riflettere sull’idea che possa davvero esistere un’obbiettività - da qualsiasi ’sangue’ provenga - in merito alla questione di cui nell’articolo. O lei ritiene obbiettivi solo quelli che concordano con il suo punto di vista ?

      Cordiali saluti.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.161) 7 gennaio 2014 00:59
      Fabio Della Pergola

      In ogni caso mi permetta di aggiungere che sull’argomento antisionismo/antisemitismo pretendere che possano parlare tutti, tranne chi ha un cognome ebraico (che non sarebbe "obbiettivo"), mi sembra un’idea - come dire ? - venata di una insana follia...

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