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Home page > Attualità > Zelensky il dignitoso, Trump il bullo, Putin l’assassino

Zelensky il dignitoso, Trump il bullo, Putin l’assassino

Era il febbraio 2017 (poco dopo il primo giuramento di Trump come presidente) quando, riferendomi alla coppia Trump-Putin e ai loro tirapiedi Bannon-Dugin, scrivevo:

«La prospettiva che si apre oggi nel panorama politico internazionale sembra essere dunque un inquietante Nuovo Ordine Mondiale di cui si intuiscono i problemi geopolitici futuri, ma dove si annodano anche i fili neri che legano i progetti coltivati in parallelo dai due colti, esperti, sottili (e pericolosi) ideologi antisistema. Dove “sistema” indica solo apparentemente ciò contro cui si muove il rumoroso tsunami delle maggioranze silenziose, delle classi medie impoverite dalla crisi ed emarginate dal potere (...) Ciò che invece si intende realmente con "sistema" da abbattere, e che sembra essere in serio pericolo, sono quelli che noi ci ostiniamo a chiamare “valori fondamentali della democrazia”. Valori che progressisti e conservatori, ognuno a proprio modo, hanno difeso anche contro il nazismo. Cioè contro l'unico processo realmente antisistemico sviluppatosi dai tempi della Rivoluzione Francese a oggi.

I progetti antisistema possono assumere caratteristiche dai tratti perfino psicopatologici: come scriveva lo psichiatra Massimo Fagioli nel 1980 a proposito della rivoluzione iraniana, "dall’annullamento della realtà attuale e della storia si va nell’astratto e nella dissociazione più eclatante... dallo Scià a Khomeini? Un salto indietro di mille anni".
Si pensa di contrastare le storture della modernità opponendosi con una prassi trasformativa alle velleità più conservatrici, per evolvere verso una società più giusta e umana. E si finisce invece con lo sprofondare all’indietro in una involuzione regressiva di secoli. (...) Avremo bisogno di tutti gli anticorpi che le nostre democrazie possono produrre per affrontare una deriva reazionaria di questo tipo. E per non dover sentire risuonare le agghiaccianti ammonizioni di Ivan IV, il primo a definirsi “zar” (caesar) nel 1561: "chi si oppone a un potere come il nostro a maggior ragione si oppone a Dio".»

Quello che è accaduto ieri a Washington, a otto anni di distanza, sembra confermare esattamente quell'allarme. Qualcuno ha tuonato una ammonizione che fa pensare a una onnipotenza che non lascia scampo.



Poi aggiungevo ancora:
«A noi resta il compito di resistere, qualunque cosa accada, per poter continuare a proporre un cammino sensato di trasformazione - non psicotica - dell'esistente.»

Ed eccoci qui. È l'ora che si aprano gli occhi, soprattutto in certi ambienti di sinistra in cui la fascinazione dell'antimperialismo (proprio come ai tempi della rivoluzione khomeinista) attrae verso un capitombolo indietro nel passato. O siamo in grado di difendere le nostre democrazie o finiremo presto assoggettati a una coppia di autocrati che si appoggiano l'uno con l'altro e che ci impongono la loro onnipotenza.

Zelensky siamo tutti noi, indiscutibilmente. Non fosse altro che per la dignità dimostrata davanti alla pretesa russa di fare del suo paese quello che vuole e davanti agli arroganti diktat di Donald Trump. Contrariamente a quanto certi individui hanno detto di lui in questi tre anni. O dicono di lui ancora oggi.

Qualche barlume di speranza per salvare qualcosa dell'America contemporanea viene dal Senato stesso degli Usa dove i repubblicani hanno 53 senatori su 100. Trump ha quindi una maggioranza ristretta di soli tre voti, ma forse avrà problemi con almeno tre di quei voti che non sono certamente filo-Trump: quelli delle senatrici Susan Collins del Maine e Lisa Murkowski dell'Alaska - che disse "Lo voglio fuori, ha già fatto troppi danni" (Repubblica del 9 gennaio 2021) - le superstiti di un gruppo di sette che nel 2021 votarono a favore dell'impeachment di Trump per i fatti di Capitol Hill. Un altro senatore, l'ex democratico John Curtis dello Utah, si è espresso contro il voto americano all'ultima mozione Onu sull'Ucraina. È possibile che il rovesciamento della storia a tutto favore delle ragioni russe emerso in queste ultime settimane, crei una spaccatura all'interno dell'ambiente repubblicano che forse, in futuro si rivelerà un ostacolo non da poco per Donald Trump.

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