Non ho esattamente detto che lei è antiisraeliano, ma che il suo
metodo interpretativo è "coerente con lo standard antiisraeliano",
vale a dire che interpreta la successione dei fatti con un’ottica che non tiene
in gran conto il punto di vista diverso da quello che vede il solo Israele agire
contro la pacificazione, mentre del fronte palestinese dice solo che
"abbia stupidamente perso delle occasioni". Che più brutalmente
significa che ha affossato le varie possibilità di stabilire un accordo di pace
almeno pari (lo dico per smetterla con la polemica) a quelle perse (o non volute) dagli
israeliani.
Il confronto di cui parliamo è un confronto fra nazionalismi, non esiste una
credibile opzione internazionalista e nemmeno binazionale sul tappeto almeno
dagli anni ’20. Il nazionalismo ebraico (sionismo) si articola in varie
componenti fra cui quella che Yehoshua fa propria, come ho ricordato nel
commento precedente. E’ un nazionalismo di sinistra che non condivide le
politiche dei governi di destra, ma che tiene viva l’antica opzione dei governi
laburisti: "terra in cambio di pace". Che non è mai stata accolta dai
politici arabo-palestinesi con conseguenze fatali: niente accordo ? Ti
costruisco una colonia. Lo fai adesso l’accordo ? No, allora te ne faccio
un’altra. Questa è stata la politica di sinistra, fino a che la destra non è
andata al governo inasprendo le cose (e uccidendo Rabin che praticava quanto
detto sopra alla ricerca di un accordo).
La destra israeliana ha sempre ricevuto invece un fondamentale supporto dal
fronte arabo. Dopo trent’anni di governi laburisti andò al governo nel ’73 dopo
la guerra del Kippur che Israele ha rischiato di perdere per un sostanziale
"lassismo" del governo laburista in merito alla questione sicurezza.
Il ritiro unilaterale da Gaza voluto da Sharon ha fatto diventare la striscia
un arsenale di razzi anziché un primo nucleo di stato libero di Palestina
capace di dimostrare agli israeliani che potevano fidarsi di avere dei vicini
di casa non belligeranti e che potevano perciò allentare il controllo sulla WB
da cui ogni città israeliana può essere facilmente colpita (lo dice ancora Yehoshua in un’intervista che spiega molto bene il punto di vista israeliano http://ricerca.repubblica.it/repubb...). L’attuale destra è
andata al governo, soppiantando il governo centrista di Olmert, dopo la guerra
del Libano del 2006 che, come lei cita correttamente, iniziò con un’aggressione
di Hezbollah sul confine.
Tradotto in termini politici tutto questo significa che, come ogni democrazia
parlamentare (e a differenza dei paesi arabi), la politica israeliana può
essere eterodiretta in prossimità delle elezioni; basta un razzo, un attentato,
un’aggressione sul confine, una minaccia più esagitata e la destra raccoglierà
più voti. Perché sul tema sicurezza la destra ha argomenti che
"appaiono" (non ho detto che "sono") più convincenti degli
argomenti "dialoganti" della sinistra. Di tutto questo lei non dice
niente se non che l’attività israeliana di contrapporre Hamas a Fatah (il che
implica che i politicanti palestinesi non avrebbero alcuna capacità di opporsi
alle trame avversarie) ha impedito la pacificazione. Pacificazione che, in caso
Israele non avesse favorito la divisione in campo avversario, sarebbe stata facilitata...
ma solo nella sua logica interpretativa; in realtà non è per nulla né dimostrata né dimostrabile.
Lei può legittimamente considerare il sionismo una ideologia deleteria, al pari
dell’ingenuo Bernini, ma continuerò a pensare che lei confonde il nazionalismo
italiano (e più ampiamente delle democrazie europee) che giustamente deve
essere assolutamente altra cosa rispetto a quello risorgimentale, con quello di
un paese ininterrottamente in guerra fin dalla sua creazione, con una realtà
storica passata su cui pesa lo sterminio nazista che non può non aver plasmato
la mentalità di un intero popolo di fronte ai pericoli esterni e alle minacce
di distruzione che riceve da quasi ogni leader arabo; e così via. Se tenesse
conto di tutto questo, cosa che lei non sembra fare, si renderebbe conto che
non è Israele a dover fare la prima mossa. Quando lei scrive "Se è
interesse di Israele concludere il conflitto, e sono convinto che lo sia, ai
deficit della dirigenza palestinese palestinese deve provvedere qualcun
altro: la stessa controparte, che dovrebbe rendersi conto di non poter giocare
con tutta la sua forza contro un avversario che non si regge in piedi",
dimentica (ma è una vera dimenticanza ?) che dietro i palestinesi c’è l’intero
mondo arabo, nelle sue varie sfaccettature più o meno aggressive, ma sempre
ostili; di più, c’è l’intero mondo islamico con potenze regionali di media
potenza come la Turchia e l’Iran, anche loro sempre più aggressive. Eccetera.
E’ questo il mondo che deve fare la prima mossa. Assicurare nei fatti, non a
parole, che una distruzione possibile non sarà agìta e che loro per primi
depongono le armi. Rassicurare gli israeliani che la pace è possibile e lo
sterminio evitato è la prima mossa per permettere - non di trovare immediatamente un accordo di pace, sarebbe ingenuo crederlo - ma di ridare uno spazio politico alla sinistra "dialogante", di
farle recuperare terreno e credibilità togliendo argomenti ad una destra che fonda l’idea
di sicurezza solo sulla forza militare. In caso contrario sarà sempre più dura.
E a pagare per primi saranno sempre i palestinesi.
In altri termini, visto che il paragone con l’apartheid
sudafricano viene spesso citato, ricordiamoci che in Sudafrica la mossa giusta fu l’abbandono della
lotta armata da parte dell’African National Congress di Mandela. I tanti neri,
militarmente inconsistenti, convinsero i pochi bianchi, fortemente armati, che
non ci sarebbe stato un bagno di sangue se si fosse cambiato lo status quo.
Credo che questa sia l’unica strada percorribile (e un paragone con il vecchio Sudafrica sensato); ma che i palestinesi siano
molto lontani dall’averlo capito, o, se l’hanno capito, di averlo accettato. Anche per l’esaltazione nazional-religiosa
che tanti altri stati e politici continuano a diffondere. La questione palestinese è sempre stata usata nella più completa indifferenza verso i palestinesi non solo da parte degli avversari storici, ma anche dei tanti che si dichiarano fraternamente solidali e amici.
La saluto.