Cinquestelle: l’inizio della fine
Stiamo al risultato: PD oltre il 40%, M5S poco sopra il 20%, Forza Italia solo terza.
“Inizio della fine” è solo un modo di dire, naturalmente, ma quando un leader getta la maschera e indica chiaramente nel PD il suo vero avversario, chiedendo e ponendosi l’obiettivo di avere almeno un 1 punto percentuale in più di lui, è ovvio che se ne ha invece 20 in meno deve dichiarare la propria Waterloo. Personale e politica.
Senza dimenticare nemmeno per un attimo che il famoso e scandaloso incontro Renzi-Grillo visto in streaming, preteso dalla base contro la volontà del Capo, finì con una ignobile sceneggiata di arroganza, supponenza, volgarità, tracotanza e stupidità. Il che ha contribuito in parte a dare i risultati che oggi leggiamo. Qualcuno apprezzò Grillo, molti, anche del suo movimento, gli hanno girato le spalle proprio in quel momento.
Non solo. Non basta avere come unico programma la distruzione (che non è la trasformazione) dell’esistente o l’arroganza cafona del “siete gnente” che infastidisce più di quanto non convinca. C’è anche da tenere presente l’incapacità totale - derivante dall’inesistenza di una progettualità pensante - di sfruttare al meglio il risultato sorprendente delle ultime politiche.
Per qualche settimana, il Movimento ha avuto il boccino in mano, come Travaglio scrisse, scandalizzandosi poi per l’incapacità manifesta di usarlo. I Cinquestelle potevano giocare tutta la forza dei loro otto milioni di voti per scardinare il PD facendone esplodere tutte le contraddizioni interne, che ai tempi di Bersani erano fortissime; ben più di oggi. E poteva far fuori Forza Italia con una spallata decisa, proponendosi al PD come possibile partner o come controparte decisa e ferma (ma tuttavia dialogante).
In pratica avrebbe potuto occupare il ruolo di chi decide, giocando il gioco della grande politica. Non con l’obiettivo di inciuciare tanto per inciuciare, ma per appropriarsi di una effettiva capacità di incidere sulle decisioni del governo e costringerlo a fare la sua (del movimento) volontà. Nei limiti del possibile, ma comunque con una notevole forza di pressione: la possibilità c’era tutta.
La direzione scelta è stata invece quella dell’isolamento, del proseguire con il “contro tutti” inebriandosi per il successo travolgente del tutto inaspettato. E ha continuato con il “tutti a casa” che ora rischia di ribaltarsi contro di loro. Sedersi sul banco dell’irrilevanza politica è deleterio per qualsiasi politico, figuriamoci per dei dilettanti allo sbaraglio.
A questa irrilevanza reale ha cercato di dare senso l’ex comico genovese che ha rilanciato un’iperbole stratosferica del tutto irreale: governeremo quando avremo il 51%. Cioè mai.
Ma curiosamente quella che era in modo manifesto una balla gigante, uno slogan a fini propagandistici, sembra che sia stata presa sul serio dai seguaci del M5S che si sono convinti di avere davanti un lungo rettilineo tutto in discesa, tutto facile, da percorrere con la faccia al sole e il vento nei capelli fino al mitico traguardo della maggioranza assoluta.
Convinti di veleggiare con il vento in poppa verso un 30% a portata di mano, cullati sull'onda del successo prevedibile, ipnotizzati da misteriosi sondaggi del tutto fuorvianti.
Questa votazione europea stronca invece le velleità fantasmagoriche di possibili tsunami a ripetizione. E la perdita secca di voti segna una brusca inversione di tendenza che ha molte cause diverse, ma che, alla fine, apre due sole possibilità: o si innesta un processo di dissoluzione del Movimento, per delusione e depressione in una fascia di elettorato facile all’entusiasmo, ma privo di quelle solide basi programmatiche capaci di consolidarne l’identità nei momenti avversi, oppure il Movimento si decide a crescere, mentalmente e politicamente.
Il che significa una sola cosa: usare il ruolo di secondo partito italiano per fare politica e non solo la gazzarra barricadera che abbiamo visto troppe volte. Usare una forza che ancora c’è per ottenere quei risultati che finora non si sono visti. Ottenere risultati: questo è, semplicemente, l’irrinunciabile imperativo categorico.
Ma da soli non si ottengono risultati. Tantomeno ora con un PD galvanizzato e legittimato dal 40% di voti. Quindi abbassare la cresta e piegarsi sui remi, perché la barca è facile da far andare quando il vento spinge, ma è dura da mandare avanti a suon di muscoli quando devi remare controvento.
Della purezza di chi espelle i dissidenti e di chi si taglia lo stipendio, che peraltro resta più che abbondante, gli italiani, alla fin fine, non sanno che farsene, perché in tasca, a loro, non viene niente. Anzi, gnente.
Non vengono strategie economiche per il rilancio e la crescita, non viene il reddito di cittadinanza, non viene il taglio delle tasse. Tutte parole che, se non hai il 51%, non servono a niente. Devi contrattarle con altre forze politiche alle quali devi, prima di tutto, smettere di sputare in faccia.
E gli elettori hanno detto la loro, punendo il M5S in modo anche più duro di quanto non fosse legittimo. La credibilità zero si paga, in politica. E ora il gioco si fa molto più duro.
Ma ci sono ancora contraddizioni interne al PD; esiste ancora una sinistra - quella di Civati e Barca nel PD; e quella di tanti “professori” nelle forze della società civile, quella della sinistra radicale che ha cercato di aggregarsi al carro di Tsipras senza troppa fortuna - insomma c’è ancora una sinistra politica e soprattutto sociale, che può condividere molte delle parole d’ordine del M5S.
Sta al Movimento decidersi a progettare, non solo a urlare la rabbia che è la sola cosa a cui Grillo si appella. Sta al Movimento decidere da che parte stare perché la balla di essere "oltre la destra e la sinistra" è e si è rivelata chiaramente una balla. Qualsiasi cosa uno decida o è di destra o è di sinistra, datevene pace.
Se il Movimento si decide a farlo gli spazi politici ci potrebbero ancora essere. Se non si decide a farlo l’irrilevanza a cui si condanna, rimanendo lì a farsi bello con la rendicondazione degli scontrini del bar, gli sarà fatale.
Oppure la rabbia gli farà prendere una via ancora più barricadera come ogni estremismo alla fine finisce con il fare, quando si trova con le spalle al muro e nessuna prospettiva davanti.
In ogni caso per Grillo il segnale è chiaro e lui l'ha capito: una pugnalata al suo cuore nero. È l'ora che torni a fare il milionario. Per il Movimento che ha creato qualche chance invece rimane perché essere il secondo partito, anche se doppiato, non è certo piccola cosa. Ma il tempo scorre e l'orologio fa il suo tic-tac. Poi la destra troverà una sua nuova strada, nuovi leader, nuove possibilità e gli spazi politici si restringeranno.
Quindi, sveglia. Good morning, grillini.
Foto: Beppe Grillo/Twitter
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