Caso Garlasco, quando un delitto diventa uno spettacolo mediatico

Il caso Garlasco è un esempio di come un caso di cronaca nera venga tramutato in uno spettacolo mediatico cinico e confusionario. Uno show che anziché semplificare la ricerca della verità la complica. I media hanno certamente il diritto di informare i cittadini e i cittadini hanno il diritto di essere informati, ma non si può trasformare un delitto in una sorta di partita di calcio da guardare in Tv minuto per minuto.
I servizi televisivi e gli articoli pubblicati sulla stampa sono oramai uno spettacolo dell’orrore. Un thriller che si focalizza su tutti i particolari, come una cinepresa: sangue, impronte, posizione della vittima, ricerca dell’arma usata, alimenti consumati. Coloro che alimentano questa fiction a puntate sono conduttori e giornalisti più o meno affermati, ma anche youtuber dell’ultima ora che offrono a un pubblico di morbosi una sorta di intrattenimento basato sul lutto e sul dolore.
La quotidiana pressione mediatica non aiuta a risolvere il caso, ma genera solo confusione. La tendenza a sbattere i mostri in prima pagina vuol dire creare un anfiteatro romano diviso tra innocentisti e colpevolisti. E il fatto che questa baraonda finisca pure sui social network alimenta un processo sommario, un tribunale del popolo in cui i lettori, a digiuno di informazioni e di atti giudiziari sul caso, si trasformano in giudici, giuria e carnefici, con il rischio è di insistere su un bersaglio sbagliato pur di avere un colpevole da linciare, chiunque esso sia, pure un innocente.
Il palcoscenico mediatico attira i testimoni falsi e allontana quelli veri, timorosi di finire in pasto a una processo mediatico in cui tutti diventano potenziali colpevoli. E questo è un altro danno che si causa alla ricerca della verità. Il problema è che questo circo mediatico non è promosso da cittadini comuni, ma è promosso da nominati giornalisti che dedicano intere pagine alla cronaca delle “ultime novità” sul mistero della villetta di Garlasco, perché la logica di mercato deve prevale sempre.
Il delitto di Chiara Poggi sarà nelle locandine dei quotidiani e dei settimanali chissà per quanto tempo ancora. La rivista Giallo ne ha fatto perfino il motore trainante della sua narrazione quotidiana. Ma bisogna fermare questa spettacolarizzazione del male che premia la morbosità delle persone e penalizza la serietà dell’informazione. Ci siamo stancati di questo genere di informazione degradata a livelli “sanguinari” che non ha alcun rispetto delle famiglie comunque coinvolte in certe tragedie.
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