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Gerardo Hernández a Roma Tre: Cuba racconta la verità sulla Red Avispa

Un’aula gremita, volti attenti e silenzio carico di rispetto: così è stato accolto questo 25 giugno 2025, presso l’Aula Magna del Nuovo Rettorato dell’Università Roma Tre, Gerardo Hernández Nordelo, deputato dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular, coordinatore nazionale dei CDR (Comitati per la Difesa della Rivoluzione) e, soprattutto, uno dei cinque membri della leggendaria Red Avispa.

Organizzato con il patrocinio dell’Ambasciata di Cuba in Italia, l’incontro ha rappresentato un momento di altissimo valore politico e simbolico, offrendo agli studenti, docenti e attivisti italiani un’opportunità rara: ascoltare in prima persona la testimonianza di uno dei protagonisti di una delle vicende più emblematiche della resistenza cubana all’aggressione imperialista statunitense.

Chi è Gerardo Hernández Nordelo?

Per molti in America Latina e nel Sud Globale, Gerardo è un eroe. Per altri, è la prova vivente di quanto la giustizia americana possa piegarsi a logiche geopolitiche. Condannato nel 2001 negli USA a due ergastoli più 15 anni, accusato (senza prove credibili) di cospirazione per spionaggio, ha scontato 16 anni di carcere duro prima di essere liberato nel 2014 grazie a un accordo storico tra Cuba e l’amministrazione Obama.

Ma Hernández e i suoi compagni – noti come Los Cinco – non erano spie nel senso classico. Inviati a Miami negli anni ’90, operavano sotto copertura per infiltrare i gruppi estremisti anticastristi responsabili di attentati terroristici contro Cuba. La loro missione? Difendere la vita dei civili cubani, prevenendo attacchi come quelli che, negli anni precedenti, avevano insanguinato l’isola (bombe negli hotel dell’Avana, aerei abbattuti, piani per assassinare Fidel Castro, civili cubani o turisti.

Gerardo Hernández e la lunga ombra del terrorismo contro Cuba

Quando si parla di terrorismo, siamo abituati a pensare agli attentati dell'11 settembre o all’ISIS, alle guerre in Medio Oriente e alle misure securitarie adottate in Europa e negli Stati Uniti. Raramente ci si ferma a riflettere su un altro tipo di terrorismo, meno spettacolare ma non meno crudele: quello organizzato, pianificato e tollerato per decenni contro Cuba, a partire dalla sua rivoluzione socialista del 1959.

In questo quadro di violenze, sabotaggi e omicidi, emerge una figura straordinaria: Gerardo Hernández Nordelo, uno dei cinque agenti cubani noti nel mondo come i “Cinque Eroi”, che sacrificarono anni della loro vita per proteggere la loro patria da questo terrorismo silenzioso e ignorato.

La rivoluzione sotto assedio

Fin dai primi giorni dopo la vittoria di Fidel Castro, Cuba ha dovuto difendersi da una serie incessante di attacchi. Non solo embarghi, campagne mediatiche o guerre psicologiche, ma anche attentati terroristici veri e propri, compiuti da gruppi di esiliati anticastristi spesso legati alla CIA o addestrati dagli Stati Uniti.
La storia è lunga, dolorosa e vergognosamente taciuta.

Uno degli episodi più atroci avvenne nel 1976, quando un volo della compagnia Cubana de Aviación fu abbattuto da una bomba mentre sorvolava il mar dei Caraibi. Settantatré persone morirono. Dietro quell’attentato c’erano Luis Posada Carriles e Orlando Bosch, due noti terroristi protetti da Washington, nonostante le prove schiaccianti della loro colpevolezza.

Negli anni '90, quando Cuba cercava di aprirsi al turismo per sopravvivere al crollo dell'URSS, una nuova ondata di attentati colpì alberghi, bar, centri culturali. Turisti stranieri morirono, e l’obiettivo era chiaro: minare l'economia cubana, soffocare la rivoluzione, riportare l’isola nell’orbita statunitense.

Gerardo e la missione silenziosa

Fu in questo contesto che lo Stato cubano decise di agire. Non con missili, ma con intelligenza. Inviò alcuni agenti segreti negli Stati Uniti per infiltrarsi nei gruppi di esiliati più violenti, raccogliere prove, prevenire altri massacri.

Gerardo Hernández era uno di loro. Giovane, colto, determinato, si trasferì a Miami sotto falsa identità. Per anni visse sotto copertura, fingendo di essere uno degli “anticastristi”, mentre in realtà passava informazioni vitali all’intelligence cubana.

La sua rete, chiamata La Avispa (la vespa), riuscì a sventare numerosi attentati. Ma nel 1998, tutto cambiò. Invece di fermare i terroristi, l’FBI arrestò Gerardo e altri quattro agenti cubani. L’accusa: spionaggio. A Gerardo venne addirittura imputata la “cospirazione per omicidio”, per aver contribuito a localizzare due aerei di un gruppo paramilitare abbattuti dalla difesa cubana nel 1996.

Processo politico, condanna esemplare

Il processo si svolse a Miami, dove la giuria era evidentemente influenzata dall’ambiente anticastrista. Gli avvocati della difesa denunciarono l’impossibilità di avere un processo equo. Le condanne furono durissime: Gerardo ricevette due ergastoli più 15 anni.

In realtà, ciò che veniva punito non era il reato (inesistente), ma la fedeltà a Cuba, il fatto che un piccolo paese osasse difendersi, raccogliendo informazioni su chi pianificava attentati sul suo territorio.

Una campagna mondiale per la giustizia

La condanna dei Cinque provocò una straordinaria mobilitazione internazionale. Intellettuali, premi Nobel, parlamenti, artisti, sindacati denunciarono l’ipocrisia statunitense. Come poteva un Paese che si dice “paladino contro il terrorismo” condannare chi lo stava combattendo – e proteggere, invece, i veri terroristi?

La pressione crebbe fino al 2014, quando, nel quadro del disgelo tra Obama e Raúl Castro, Gerardo e gli altri vennero finalmente liberati.

Un eroe popolare

Tornato a Cuba, Gerardo Hernández fu accolto come un eroe. La sua figura è oggi simbolo della resistenza morale, della lotta pacifica e intelligente contro la violenza imperialista. Non è mai stato una spia al servizio della guerra: è stato un patriota al servizio della pace, che ha salvato vite cubane e straniere, prevenendo attentati che avrebbero potuto insanguinare ancora le strade dell’Avana.

Attualmente Gerardo è deputato all’Assemblea Nazionale e impegnato nel lavoro sociale con le comunità più vulnerabili. Un esempio vivente di integrità, umiltà e coerenza rivoluzionaria.

Contro ogni ipocrisia

La storia di Gerardo Hernández e del terrorismo contro Cuba solleva domande scomode:

  • Chi definisce cosa è terrorismo?
  • Perché alcune vittime contano più di altre?
  • Perché un paese che si difende viene criminalizzato, mentre chi attacca viene finanziato?

La verità è che, per decenni, la sovranità di Cuba è stata minacciata non solo con embarghi e propaganda, ma con armi, esplosivi e sangue. In questo contesto, la missione di Gerardo è stata non solo legittima, ma necessaria. E la sua prigione, non una condanna ma un atto d'onore.

La solidarietà non si ferma: il riconoscimento a Lanfranco Lancione e l’impegno storico del movimento italiano per Cuba

In un’epoca in cui l’individualismo e l’indifferenza sembrano spesso prevalere, l’esperienza e l’esempio di Lanfranco Lancione testimoniano che un sentimento puro e generoso come la solidarietà può resistere alle intemperie del tempo e dei conflitti. Da oltre vent’anni, Lancione è un protagonista instancabile del movimento di solidarietà con Cuba, portando avanti un lavoro silenzioso ma concreto, fatto di progetti, raccolte fondi, invii di materiale sanitario, attività culturali e collaborazione istituzionale tra popoli.

Il suo impegno ha dimostrato che la fratellanza tra esseri umani non può essere bloccata né dalle pandemie, né dalle sanzioni internazionali, né dalle censure mediatiche. Come in una sinfonia di intenti, multipli progetti si sono articolati nel tempo, dalla fondazione dell’Associazione Social Club di Francofonte nel 2004 allo sviluppo di numerose iniziative in collaborazione con il Comune di Teramo e con la sezione trasporti della CGIL. Questi progetti, come “Semi del Futuro” o “Trasporto Solidarietà”, hanno dato forma a una rete capillare di appoggio: invio di autobus a Cuba per scopi educativi e culturali, sostegno a case famiglia nella provincia di Milano del Rio, e soprattutto una poderosa risposta solidale durante la crisi del COVID-19, con otto container di aiuti e un prezioso carico sanitario arrivato nel 2021 grazie a un volo Neos, simbolo tangibile di un’amicizia che non si piega alle contingenze.

L’impegno di Lanfranco è stato anche culturale e politico: promotore di eventi sportivi e culturali, ha saputo unire italiani, cubani residenti e istituzioni diplomatiche in un dialogo permanente che ha oltrepassato ogni barriera ideologica. Non a caso, lo stesso Lanfranco è stato protagonista di numerose denunce pubbliche contro la disinformazione e le politiche ostili imposte contro Cuba, rafforzando così la consapevolezza pubblica sulla necessità di un mondo più equo.

Il Consiglio di Stato della Repubblica di Cuba, consapevole della profondità di questo impegno, ha deciso di assegnargli la Medaglia dell’Amicizia, un’onorificenza riservata a personalità e organizzazioni che abbiano contribuito significativamente alla difesa e alla promozione della causa cubana nel mondo. La consegna ufficiale, avvenuta per mano dell’Ambasciatrice di Cuba in Italia, è stata accompagnata da una sentita commemorazione del ruolo del movimento di solidarietà italiano.

Il riconoscimento a Lanfranco giunge in un contesto simbolico, in presenza dell’Eroe della Repubblica di Cuba Gerardo Hernández Nordelo, uno dei membri della leggendaria Red Avispa, la rete di agenti cubani infiltrati tra i gruppi terroristici anti-castristi negli Stati Uniti. La sua testimonianza ha ricordato come, sin dai primi anni della rivoluzione, generazioni intere di cubani abbiano sacrificato la propria vita per difendere la sovranità nazionale contro l’aggressione e l’embargo. Le parole di Hernández e dell’Ambasciatrice hanno risuonato forti nel cuore di chi, come Lanfranco, ha condiviso questa lunga battaglia dal lato della solidarietà internazionale.

«Chi oggi si alza per Cuba, si alza per tutti i tempi», affermava il poeta nazionale José Martí. È con questa frase che si è voluto suggellare l’omaggio a un uomo semplice ma straordinario, che ha messo la sua vita al servizio di un’idea nobile: l’internazionalismo umano e la giustizia sociale. Un cammino fatto non di protagonismo personale, ma di un collettivo che, in vent’anni, ha saputo costruire ponti dove altri volevano erigere muri.

In fondo, come ricordato nel corso della cerimonia, è impossibile riassumere in poche righe l’impegno, la dedizione e l’amore che hanno animato questo lungo percorso. L’importante è riconoscere che ogni gesto, ogni container, ogni autobus inviato, ogni firma raccolta, ogni parola detta – anche controcorrente – ha contribuito a rendere più forte il legame tra Cuba e l’Italia. E ha dato corpo a quel sentimento "multiplex" di solidarietà che, come un tamburo che non smette mai di suonare, continua a echeggiare da una parte all’altra dell’oceano.

Un’aula piena, una memoria viva

Nel suo intervento, Hernández ha raccontato con lucidità e senza retorica la natura della missione svolta, le condizioni della detenzione, la solidarietà ricevuta in tutto il mondo, e soprattutto il senso profondo della parola rivoluzione. «Noi non eravamo lì per danneggiare gli Stati Uniti, ma per impedire il terrorismo contro Cuba», ha ricordato, riscuotendo lunghi applausi.

Ha parlato anche del ruolo dei CDR nella Cuba di oggi: non semplici comitati di quartiere, ma strumenti di partecipazione popolare, di allerta sociale e di difesa della sovranità in tempi in cui la guerra non è più solo con bombe, ma anche con fake news, sanzioni, sabotaggi economici e guerra culturale.

Presenti all’evento anche rappresentanti diplomatici cubani, studiosi del diritto internazionale, movimenti di solidarietà come Italia-Cuba, e numerosi studenti incuriositi da una vicenda spesso ignorata dai media occidentali. Il dibattito che ne è seguito ha toccato temi come l’uso selettivo del diritto internazionale, il concetto di legittima difesa rivoluzionaria, e l’attualità dell'antimperialismo nel contesto multipolare attuale.

Red Avispa: una storia da raccontare, un messaggio da tramandare

L’incontro ha avuto un impatto forte: umano, politico, storico. In un mondo dove l’informazione è spesso manipolata e dove l’antiterrorismo viene usato per giustificare guerre e repressioni, il caso della Red Avispa offre un esempio inverso: uomini perseguitati per aver fermato il terrorismo. Un rovesciamento totale delle narrazioni dominanti.

Molti tra i presenti hanno espresso il desiderio che la storia dei Cinque Eroi venga maggiormente conosciuta anche in Italia, nelle scuole, nelle università, nelle associazioni. In un tempo di guerre ibride e confusione strategica, il loro esempio può insegnare molto: sacrificio, disciplina, internazionalismo, fedeltà al popolo.

“Difendere Cuba non è spiare: è impedire che il terrore entri dalla porta di casa” – ha affermato Gerardo, questo 25 giugno 2025, presso l’ Uniroma 3.
E mentre lasciava l’Aula Magna tra strette di mano e abbracci, era evidente che le sue parole avevano lasciato un segno.

 

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