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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 22 giugno 2014 12:08

    La versione che descrive il caos attuale in medio oriente, in Iraq nel caso in questione, come frutto della dabbenaggine statunitense la trovo del tutto fuorviante e anche un po’ insultante per l’intelligenza dei lettori.

    Prendiamo il caso più lineare tra quelli in cui avrebbe agito questa presunta dabbenaggine: il cambio di regime in Libia. Francia, UK, Italia, con gli USA a guidare da dietro, hanno preso a pretesto la repressione di alcune manifestazioni antiregime per abbattere Gheddafi e "portare in Libia "democrazia" e "rispetto dei diritti umani".
    Da notare la posizione particolarmente grottesca dell’Italia in questa vicenda. L’attivismo interventista di Giorgio Napolitano, motivato da oscuri "obblighi internazionali", ha portato l’Italia a sparare letteralmente sui propri interessi vitali, dopo aver debitamente stracciato un trattato di amicizia italo-libica solennemente sottoscritto appena due anni prima.

    Abbattuto il regime, spenti i riflettori, la Libia è diventata uno stato fallito e la sua popolazione civile, dopo aver pagato un prezzo ben più elevato di quello imposto dalla repressione per essere "salvata", è ora abbandonata ad ogni genere di arbitrio e condannata a vivere senza le garanzie di uno Stato.
     
    Spezzata in parti etniche, tribali, ideologiche, la Libia è diventata il campo di scorrerie di milizie di ogni genere e, soprattutto, il punto di partenza di estremisti islamici di ogni risma. Per ora verso la Siria e il Mali, domani chissà.

    Ebbene questo esito, l’assetto post guerra "umanitaria" che avrebbe assunto la Libia, era del tutto prevedibile anche a chi avesse avuto una conoscienza superficiale del Paese. Nessuno può ragionevolmente sostenere che gli effetti della guerra contro Gheddafi non fossero prevedibili da quelli che l’hanno organizzata e condotta. Era dunque del tutto previsto che la Libia senza Gheddafi avrebbe fornito la profondità strategica necessaria ad al-Qaeda e alle altre varianti dell’islamismo estremista per muovere verso nuovi obiettivi.

    Lo stesso si può dire della Siria per la quale le analogie con i passi organizzativi attuati in Libia sono talmente evidenti che si potrebbe parlare di "format", come avviene per certe trasmissioni televisive.
    Agenti occidentali che organizzano i gruppi di opposizione; manifestazioni pacifiche che qualche cecchino provvede a far diventare repressione sanguinosa; un gruppo di paesi amici (Amici della Libia - Amici della Siria) che sostiene gli insorti senza troppo preoccuparsi di chi sono in realtà; un osservatorio per i diritti umani (Osservatorio per i diritti umani in Libia; lo stesso per la Siria) basato a Londra e che provvede a fornire ai media notizie sulle atrocità del regime; un bombardamento mediatico con concetti di gusto semplice ed efficace, identici per entrambe le situazioni; un "governo in esilio" prontamente riconosciuto come legittimo rappresentante del popolo (libico o siriano) a prescindere dall’effettivo seguito che ha nel Paese; richiesta al Consiglio di Sicurezza ONU di condurre un "intervento umanitario"; abbattimento del regime, installazione del nuovo governo, spegnimento dei riflettori. L’unica differenza tra i due casi sta nel fatto che Cina e Russia nel caso della Siria non si sono astenute in CdS: hanno posto il veto all’intervento militare. Altrimenti anche l’esito sarebbe stato identico.
    Insomma: bisogna essere ciechi per non scorgere un programma ben preciso negli accadimenti "spontanei" che hanno costituito il presupposto di quanto ora accade in Iraq. Attribuire questo esito a dabbenaggine equivale ad escludere il dolo degli attori che lo hanno determinato.

    Non è così, ovviamente. Nel caso della Siria, non potendo risolvere la questione al modo libico, le frontiere di Turchia, Giordania, Iraq, hanno garantito l’afflusso di materiali e di combattenti di ogni genere confluiti in Siria a supplire la forzata assenza della NATO, fornendogli la necessaria profondità strategica per resistere alla reazione dell’esercito regolare.

    E’ da qui che nasce l’ISIL: dall’addestramento sul campo in Siria; dall’abilità organizzativa maturata combattendo il regime siriano; dal supporto in materiali, intelligence, armi, fornito dagli "Amici della Siria", in particolare da quelli mediorientali.

    Il dilagare in Iraq della nuova versione di al-Qaeda è un esito inaspettato? Ma niente affatto: era un esito scontato, considerata la tenacia e la capacità di resistenza dimostrata dal regime siriano, supportato fortemente dalla popolazione che lo vede come ultimo argine al bagno di sangue in cui (anche questo prevedibilissimo) i tagliagole islamici la immergerebbero in caso di loro vittoria.

    In Iraq i tagliagole islamisti moltiplicheranno i loro effettivi, acquisiranno materiale bellico di ben altra efficacia rispetto a quello di cui hanno fruito in Siria, si ritaglieranno un retroterra sicuro in Iraq e da lì muoveranno di nuovo in Siria per dare la spallata finale ad Assad. Il tutto sotto gli occhi "sorpresi" degli USA, che "non possono" intervenire. Se questa previsione è corretta l’ISIL non si spingerà troppo oltre nella conquista dell’Iraq, a meno che l’Iraq non si arrenda senza resistere.

    Ora, se lei, caro Giannuli, prova a chiedersi: a che pro tutto questo? Probabilmente, escluse tutte le altre, rimarrà sorpreso dalla più probabile delle risposte: per togliere di mezzo Saddam, Gheddafi, Assad. Questo almeno è l’esito della mia personale analisi. Chi, e perché, potrebbe volere questo?
    C’è un’altra risposta, subordinata per rilevanza alla prima: ridurre il Medio Oriente ad una situazione di caos in cui tutti combattono contro tutti, in cui non ci sono più centri di potere compatti ed estesi, significa rendere complessivamente il Medio Oriente una nullità impotente sul teatro internazionale. I prevedibili effetti di questo esito ricadrebbero sull’Africa e sull’Europa, molto marginalmente sugli USA, che ora hanno interesse a coprire un altro scacchiere mondiale.

    Insomma, la dabbenaggine degli USA è solo un comodo paravento per offuscare lo sguardo di chi osserva le cose che stanno avvenendo in Medio Oriente.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 21 giugno 2014 11:05

    La ringrazio per la risposta, che aggiunge ulteriori informazioni utili a quelle già contenute nel suo articolo.

    Riguardo alle osservazioni che ho fatto sul suo articolo ritengo che la sua risposta chiarisca meglio il punto di divergenza.

    Per quanto mi riguarda i ragionamento è molto semplice: viviamo in un sistema democratico e le decisioni che vengono prese a livello istituzionale riguardo alle questioni internazionali sono prese in nome dei cittadini. Questo implica che i cittadini debbano avere una conoscenza la più chiara e imparziale possibile in merito alle decisioni da prendere. E questo è possibile solo se l’insieme dei mass media offre loro un quadro imparziale e completo dei presupposti di certe situazioni, della realtà sul terreno, delle conseguenze che possono avere le diverse possibili decisioni. Questo, come sa, è una condizione che su certi temi non si verifica quasi mai. In particolare sui temi di politica internazionale, soprattutto quando tra gli attori sulla scena agiscono i cosiddetti paesi alleati: in primis gli USA.

    Naturalmente non mi aspetto che l’operatore dell’informazione sia in grado di separare i fatti dalle opinioni, mi aspetto però che il cittadino possa avere facile accesso al più ampio ventaglio possibile di opinioni e di selezione dei fatti. Mi aspetto anche, da cittadino, che il singolo operatore dell’informazione sia leale nei confronti del fruitore del suo prodotto, cioé che sia intellettualmente onesto. Altrimenti dovrei inserire anche Goebbels tra i celebri operatori dell’informazione, e non vorrei farlo. Altrimenti la democrazia diventa un comodo schermo dietro al quale nascondere una forma di autoritarismo o di oligarchia.

    Tornando al punto, uno degli elementi conoscitivi a mio avviso più rilevanti riguardo a quanto sta accadendo oggi in Iraq è che l’attore principale delle vicende in corso: il governo degli USA, è l’autore della disgregazione sociale, politica, territoriale di quel Paese. Disgregazione che ha promosso e attuato in base ad asserzioni rivelatesi false sulle quali ha costruito una gigantesca opera di manipolazione dell’opinione pubblica nazionale (e mondiale) per ottenere il mandato "democratico" ad agire. Dimenticavo: con la complicità di gran parte dei mass media, ovviamente.

    Questo ovviamente non implica che gli altri attori che hanno concorso in vario modo e misura a determinare quanto è avvenuto debbano essere trattati in modo diverso.

    Perché è importante ricordare questi presupposti dell’attuale crisi irakena? E’ importante ricordare che gli USA sono stati un attore inaffidabile su questa scena perché questo stimola la riflessione critica dei cittadini sulle vicende attuali e sulle proposte per porvi rimedio. E altrettanto dovrebbe servire a fare riguardo agli operatori dell’informazione, benché questo, nel mondo attuale, suoni un po’ ridicolmente utopistico.

    Non si tratta quindi di coltivare acrimonia o rancore nei confronti degli USA o di altri, si tratta di essere leali e onesti nei confronti dei fruitori dell’informazione, di metterli in grado di maturare una loro opinione sulla base di informazioni complete e oneste.

    Dunque ben vengano gli arricchimenti sui particolari di un quadro oggettivamente complesso; purché l’abbondanza di particolari non offuschi quanto in esso vi è di semplice.

    In merito alla presunta mancanza di un disegno sul Medio Oriente dell’amministrazione Obama, le ricordo che l’attuale Presidente nel suo programma elettorale e nei primi anni del suo mandato ha agito con decisione e coraggio secondo una direttrice politica innovativa e progressista rispetto a quella disastrosa del suo predecessore.

    E’ andato al centro dell’Islam politico e culturale: l’univerità Al-Ahzar del Cairo a proporre un nuovo inizio nei rapporti tra Islam e Occidente, e si è impegnato personalmente ad ottenere la firma di accordi di pace definitivi che mettessero fine al conflitto tra Israele e palestinesi. Un conflitto, giova ricordarlo, che da decenni infiamma i rapporti tra Islam e alleati di Israele, cioé tutto il cosiddetto Occidente. Come ora sappiamo: se a piazza Tahrir il movimento che ha provocato la caduta di Mubarak e acceso le speranze di cambiamento dell’Egitto ha avuto campo libero non è perché i militari egiziani non siano capaci di sparare sulla folla. Ora sappiamo che sono, ed erano, perfettamente in grado di farlo. Mi piace pensare che gli sia stato espressamente sconsigliato da qualcuno a cui devono molto del loro potere.

    Come sa, Obama non è riuscito ad attuare il suo programma. Ha fallito per la tenace opposizione di alcune lobbies, ma un disegno per il Medio Oriente lo ha avuto e lo ha ancora.

    Un disegno che prevedeva la distensione dei rapporti col mondo islamico per attuare un disimpegno dolce degli USA dall’area e ridislocarsi sul teatro indopacifico, diventato cruciale a causa della crescita dell’influenza economica e politica cinese che da li si irradia.

    Sul resto preferisco non intervenire per non aggiungere ulteriori righe ad un commento già troppo lungo.

    Saluti.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 18 giugno 2014 23:27

    Un bell’articolo: preciso, informato, ma reticente.

    Reticente perché avrebbe dovuto dire che l’insurrezione siriana, che l’ISIL ha parassitato con successo fin dall’inizio, non avrebbe avuto alcuna possibilità di impensierire il regime di Damasco senza la profondità strategica offerta dalla Turchia (paese NATO), dalla Giordania (regime alleato degli USA), dal libero transito in Iraq (territorio tra i più monitorati al mondo, sempre dagli USA).
    E senza il supporto finanziario di Arabia Saudita (regime alleato degli USA) e Qatar (anch’esso alleato degli USA) non sarebbe andato lontano.

    E’ grazie al lasciapassare offerto dai regimi alleati degli USA che in Siria sono potuti confluire da tutto il mondo i peggiori tagliagole islamisti, i mercenari pagati dalle petromonarchie arabe con le armi, la logistica, i rifornimenti, il supporto informativo necessari per poter combattere in Siria. Ed è da li, visto lo stallo della lotta contro Assad, che ISIL è dilagato in Iraq.
    Dall’articolo invece sembra che l’ISIL sorga dal nulla, che abbia combattuto usando le pietre del deserto come armi, che abbia mangiato sabbia, che abbia ricevuto informazioni con segnali di fumo.

    Senza queste precondizioni, senza la profondità strategica e il supporto, diretto e indiretto, garantito dagli USA, l’ISIL non avrebbe avuto nessuno spazio per crescere e diventare un pericolo per l’intera regione.
    Questa non è dietrologia, è esame obiettivo dei fatti.

    Ma a che scopo spianare la strada per Bagdad all’ISIL? Beh, la inaspettata apertura di credito degli USA all’Iran, come potenza in grado di arginare l’espansione dei fondamentalisti sunniti in Iraq, può essere una chiave di lettura interessante.

    Di fatto all’Iran è stata offerta una scelta: o assistere inoperoso al sorgere di una entità radicalmente nemica ai suoi confini e allo sterminio degli sciiti irakeni oppure impelagarsi in un contesto in cui, da Stato sciita, si troverebbe a dover combattere contro la maggioranza sunnita dell’Iraq.

    Un trappolone, insomma. Una cinica trappola giocata sulla pelle del martoriato Iraq.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 18 giugno 2014 19:08

    << "Mica volevo far l’alleanza con Grillo, son mica matto!" >>

    Voleva farci un governo di programma, non un alleanza, ovviamente.

    Inoltre ribadisco per l’ennesima volta che il PD non è un monolite: Bersani non è Renzi. Ha una visione politica e una matrice culturale molto diversa da lui. Ad esempio Bersani non avrebbe mai concordato le riforme con Berlusconi, Renzi lo sta facendo.

    Ma ammettere che Bersani non è Renzi farebbe cadere ogni giustificazione per la porcata di Grillo, dunque bisogna dire che nel PD sono tutti uguali.

    La chiamo porcata perché, a differenza di Paolo, non sono affatto convinto che si sia trattato di dabbenaggine. Grillo ha dovuto faticare per convincere i suoi parlamentari che era necessario rifiutare l’offerta di Bersani, ha dovuto imporgli tre giorni di ritiro per riuscirci. Dunque era ben cosciente delle conseguenze quello che stava facendo.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 18 giugno 2014 13:59

    << Pensare invece che Bersani-Letta-Berlusconi-Renzi-Napolitano avevano e hanno ancora, tutti quanti e tutti insieme, interesse a tenere i Cinque Stelle al margine no? Che dabbenaggine. >>

    Erano tutti fuori gioco. Il gioco lo avevano in mano Bersani e Grillo: gli altri erano in un angolo a mordersi le mani, con la prospettiva di dover risalire a remi la cascata rappresentata da un governo PD-M5S articolato sul programma in otto punti proposto da Bersani a Grillo.

    Lo ripropongo perché vale la pena ricordare cosa hanno beffardamente rifiutato i due pesci lessi a nome di Grillo:
    --------------------------
    1- Fuori dalla gabbia dell’austerità
    Il Governo italiano si fa protagonista attivo di una correzione delle politiche europee di stabilità;
    conciliare la disciplina di bilancio con investimenti pubblici produttivi;
    ottenere maggiore elasticità negli obiettivi di medio termine della finanza pubblica.

    2- Misure urgenti sul fronte sociale e del lavoro
    Pagamenti della Pubblica Amministrazione alle imprese con emissione di titoli del Tesoro dedicati e potenziamento a 360 gradi degli strumenti della Cassa Depositi e Prestiti per la finanza d’impresa;
    riduzione del costo del lavoro stabile per eliminare i vantaggi di costo del lavoro precario e superamento degli automatismi della legge Fornero;
    salvaguardia degli esodati;
    allentamento del Patto di Stabilità degli enti locali per rafforzare gli sportelli sociali e per un piano di piccole opere a cominciare da scuole e strutture sanitarie;
    salario o compenso minimo per chi non ha copertura contrattuale;
    avvio della spending review con il sistema delle autonomie e definizione di piani di riorganizzazione di ogni Pubblica Amministrazione; programma per la banda larga e lo sviluppo dell’ICT;
    avvio della universalizzazione delle indennità di disoccupazione e introduzione di un reddito minimo d’inserimento;
    riduzione e redistribuzione dell’Imu secondo le proposte già avanzate dal Pd;
    misure per la tracciabilità e la fedeltà fiscale, blocco dei condoni e rivisitazione delle procedure di Equitalia.

    3- Riforma della politica e della vita pubblica
    Norme costituzionali per il dimezzamento dei Parlamentari e per la cancellazione in Costituzione delle Province;
    revisione degli emolumenti di Parlamentari e Consiglieri Regionali con riferimento al trattamento economico dei Sindaci;
    norme per il disboscamento di società pubbliche e miste pubblico-private;
    riduzione costi della burocrazia con revisione dei compensi per doppie funzioni e incarichi professionali;
    legge sui Partiti con riferimento alla democrazia interna, ai codici etici, all’accesso alle candidature e al finanziamento;
    legge elettorale con riproposizione della proposta PD sul doppio turno di collegio.

    4- Voltare pagina sulla giustizia e sull’equità
    Legge sulla corruzione, sulla revisione della prescrizione, sul reato di autoriciclaggio;
    norme efficaci sul falso in bilancio, sul voto di scambio e sul voto di scambio mafioso;
    nuove norme sulle frodi fiscali.

    5- Legge sui conflitti di interesse, sull’incandidabilità, l’ineleggibilità e sui doppi incarichi
    Le norme sui conflitti di interesse si propongono sulla falsariga del progetto approvato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera nella XV Legislatura che fa largamente riferimento alla proposta Elia-Onida-Cheli-Bassanini.

    6- Economia verde e sviluppo sostenibile.
    Estensione del 55% per le ristrutturazioni edilizie a fini di efficienza energetica;
    programma pubblico-privato per la riqualificazione del costruito e norme a favore del recupero delle aree dismesse e degradate e contro il consumo del suolo;
    piano bonifiche;
    piano per lo sviluppo delle smart grid;
    rivisitazione e ottimizzazione del ciclo rifiuti (da costo a risorsa economica). Conferenza nazionale in autunno.

    7- Prime norme sui diritti
    Norme sull’acquisto della cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori stranieri e per minori nati in Italia;
    norme sulle unioni civili di coppie omosessuali secondo i principi della legge tedesca che fa discendere effetti analoghi a quelli discendenti dal matrimonio e regola in modo specifico le responsabilità genitoriali;
    legge contro il femminicidio.

    8- Istruzione e ricerca.
    Contrasto all’abbandono scolastico e potenziamento del diritto allo studio con risorse nazionali e comunitarie;
    adeguamento e messa in sicurezza delle strutture scolastiche nel programma per le piccole opere;
    organico funzionale stabile, piano per esaurimento graduatorie dei precari della scuola e reclutamento dei ricercatori.
    -------------------------

    A proposito di dabbenaggine (se non dolo): Grillo ha rifiutato una di quelle occasioni che non si ripetono; una occasione irripetibile soprattutto per l’Italia. 

    Oggi avremmo un nuovo presidente della repubblica e un governo Bersani-Grillo al lavoro per risanare il Paese. Invece abbiamo un governo Renzi che fa le "grandi riforme" con Berlusconi.
    Grillo dovrebbe seppellirsi in qualche convento di clausura insieme a Casaleggio.

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