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Governo: si sta come d’autunno sugli alberi le foglie

In oltre 70 anni di Repubblica, la durata media in carica dei governi è stata di 1,1 anni, a fronte di una durata teorica più o meno pari a quella della legislatura, che è di 5 anni.

Un remoto osservatore che considerasse questo solo dato penserebbe che la Costituzione italiana è stata scritta coi piedi, visto che le regole che stabilisce non riescono a dare continuità all'Esecutivo. 

Ma si sbaglierebbe, perché la Costituzione italiana è stata congegnata in modo che i governi fossero stabili. Peccato che la Costituzione applicata, quella cosiddetta "materiale", sia diversa dalla Costituzione formale, quella scritta.

Per chiarire in modo "leggero" quali differenze passano tra le due costituzioni possiamo immaginare in che modo potrebbe evolvere l'attuale confusa e "instabile" situazione politica italiana se a regolare i rapporti politico istituzionali fosse l'una o l'altra Costituzione.

COSTITUZIONE MATERIALE
Le divergenze di posizione tra le forze politiche della Maggioranza in merito a temi caldi come il MES, la riforma della Giustizia, la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton e altri ancora, potrebbero indurre una delle componenti della Maggioranza a ritirare il suo sostegno al Governo Conte-2.

Poniamo che a sfilarsi sia il neonato partito di Matteo Renzi: Italia Viva, magari perché il suo capo ritiene che sarebbe conveniente per le sue fortune elettorali acquisire visibilità con una posizione ben differenziata.
Poniamo che Renzi inizi (ha già iniziato) a porre condizioni alle altre forze politiche, del genere: "Se il Governo non rinuncia alla riforma Bonafede, Italia Viva esce dalla Maggioranza". E poniamo che, infine, attui la minaccia.

Venendo a mancare la sua maggioranza parlamentare, il Presidente del Consiglio si dimetterebbe, cadendo il Governo il Presidente della Rpubblica convocherebbe nuove elezioni. 

Sarebbe infatti considerato "immorale", se non proprio "illegittimo", se Italia Viva venisse sostituita da un'altra forza politica nella Maggioranza, così da non far cadere il Governo. 

L'argomentazione, innumerevoli volte richiamata in passato, è che Maggioranza e Governo sono legati indissolubilmente perché così hanno deciso i cittadini col voto. Per cui se la Maggioranza si scioglie il Governo deve cadere.

E' ciò che ha tentato di provocare Matteo Salvini lo scorso agosto, contando sulla vigenza della Costituzione materiale. 

Peccato che Giuseppe Conte si sia appellato alla Costituzione formale, supportato del Presidente della Repubblica, così che le sue speranze in nuove elezioni sono miseramente state deluse. 

Probabilmente è stata la prima volta nella storia delle crisi parlamentari italiane che un Presidente del Consiglio si sia appellato alla Costituzione formale nella gestione di una crisi di Maggioranza.

La sorpresa di Salvini è stata tale da assumere aspetti grotteschi. La "norma", infatti, era che per far cadere il Governo bastasse che il capo politico di uno dei partiti di Maggioranza dichiarasse di non volervi più partecipare, senza bisogno di alcun atto formale. 

E infatti Salvini ha "aperto la crisi di Governo" senza nemmeno dimettersi da ministro. Solo dopo aver capito che non sarebbe accaduto quello che si aspettava si è precipitato a depositare in Parlamento una mozione di sfiducia, così da generare la situazione assurda di un ministro in carica che propone la sfiducia contro se stesso e i ministri del suo partito!

COSTITUZIONE FORMALE


Italia Viva si sfila dalla Maggioranza. Se i ministri che afferiscono a quel partito non si dimettono, nulla accade; se si dimettono, il Presidente del Consiglio provvede a sostituirli con un rimpasto e il Governo riprende il suo lavoro.

Se si fosse seguita la norma costituzionale questo Paese non avrebbe avuto 63 governi in 70 anni, diventando famoso nel mondo per la sua instabilità politica.
Per la Costituzione formale, infatti, Parlamento e Governo rappresentano due Poteri INDIPENDENTI dello Stato: Legislativo e Esecutivo. 

Una volta ottenuta la fiducia delle Camere, il Governo cade solo se il Parlamento gliela revoca formalmente votando una mozione di sfiducia, oppure se il Presidente del Consiglio si dimette, o se viene a mancare.

Come è potuto accadere che per tanto tempo si sia creduto, o si sia fatto credere, che venendo a mancare la Maggioranza che ha votato la fiducia al Governo, questo deve dimettersi?

E' stato possibile grazie ad un gioco di prestigio, manipolando abilmente il senso della norma costituzionale. 

L'articolo 94, primo comma, con la consueta mirabile sinteticità, recita infatti:

"Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere."

Estrapolando questo comma dal resto dell'articolo sembra che la legittimità del Governo dipenda dalla costante permanenza della Maggioranza che gli ha assegnato la fiducia, per cui venendo meno questa il Governo perderebbe la sua legittimità e dunque dovrebbe dimettersi.

Questo è falso, e lo si comprende facilmente interpretando il senso di tale comma alla luce del resto dell'articolo.

Interessante, a proposito della stabilità del Governo, è il quarto comma dello stesso articolo: "Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni".

Immaginando quali artifici avrebbero potuto porre in essere le forze politiche, il Costituente ha voluto rafforzare il concetto di indipendenza tra i Poteri, e dunque evitare una possibile strumentalizzazione che rendesse il Governo dipendente dagli equilibri politici parlamentari, o viceversa.

La norma è stata poi bellamente aggirata inserendo nei regolamenti parlamentari l'istituto della "Questione di fiducia", in base al quale è il Governo stesso a mettere in gioco la sua permanenza in carica legandola alla approvazione di un suo provvedimento.

Si tratta in sostanza di un ricatto istituzionalizzato che il Governo pone al Parlamento: "O approvi senza discutere il provvedimento che ti sottopongo oppure mi dimetto, provoco nuove elezioni e i parlamentari "traditori" che hanno votato contro possono scordarsi la ricandidatura".

Ci sarebbe ancora molto da dire su quante parti della Costituzione siano state deformate e omesse per poterla riscrivere nella forma "materiale" più conveniente a certi interessi e, soprattutto, per consentire ai partiti politici di diventare i veri padroni della Cosa Pubblica, ma per il momento basta così.

Tornando al tema iniziale, nella attuale situazione politica, se venisse applicata la Costituzione formale, il Governo non correrebbe alcun rischio di cadere.

Il dibattito politico all'interno del Parlamento su temi di grande rilevanza è ovviamente vivace, ed è giusto che sia così. Ma ciò che accade in Parlamento non può e non deve mettere in dubbio né la legittimità del Governo né la sua stabilità.

Quello che può accadere, e che è fisiologico che accada, è che Governo e Parlamento si trovino su posizioni differenti riguardo a certe decisioni da prendere.

In tal caso, ciascuno dei due poteri ha le proprie facoltà da agire, che potrebbero essere ricondotte ad unità con un compromesso. In ogni caso compete solo al Parlamento legiferare: il Governo non può che adeguarsi.

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