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Alessandro De Caro

Alessandro De Caro

Giornalista culturale, si interessa da diversi anni di progetti inerenti la letteratura e la musica contemporanea. Ha scritto su riviste letterarie cartacee come In-edito, Alchimie, Torino Sera e su alcune testate musicali. Collabora ai contenuti di siti come The Art Of Hunger e Finzioni occidentali. Segue da tempo la scena letteraria e musicale, oltre che di politica culturale. Come musicista cura il blog Nomos Alpha (recensioni, interviste, festival).

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  • Primo articolo lunedì 10 Ottobre 2010
  • Moderatore da mercoledì 10 Ottobre 2010
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Ultimi commenti

  • Di Alessandro De Caro (---.---.---.54) 9 maggio 2011 11:20
    Alessandro De Caro

    Sono d’accordo con lei quando scrive che "c’è dietro la traduzione un vero e proprio ’territorio’ che dipende dalle capacità del traduttore (evidentemente) quanto le sue individuali sensibilità". Infatti io non nego l’aspetto creativo della traduzione. Ma credo che esistano dei confini che non vanno superati nel nome di un "diritto" che non c’è, quello di sostituirsi all’autore o di fare come se si fosse autori dell’opera. Mi riferivo, quindi, esclusivamente al termine, piuttosto equivoco, di "co-autore" utilizzato dall’intervistato, dato che non è ammesso da nessuna parte (in termini legali oltre che poetici) che il traduttore sia autore di ciò che traduce...In questo senso parlavo di servizio, editoriale o meno. Ciò non toglie nulla al mestiere del traduttore, mi sembra.

    Cari saluti,
    Alessandro De Caro

  • Di Alessandro De Caro (---.---.---.17) 6 maggio 2011 19:24
    Alessandro De Caro

    Mi sembra che definire il traduttore, come fa Bruno Persico, un "co-autore" dell’opera è quantomeno depistante se non scorretto: la traduzione è un servizio editoriale, fino a prova contraria, non un atto poetico o artistico. E anche se lo fosse, e in certi casi eccelsi probabilmente lo è diventato (penso a certi traduttori di Paul Celan o alle opere di ermeneutica letteraria di Yves Bonnefoy su Rimbaud) ciò non dovrebbe essere espresso con la tipica supponenza professionale che vediamo in giro...E dire che una delle qualità principali di un buon traduttore dovrebbe essere la capacità di ascolto, quel saper sparire nella frase altrui che gli fa senz’altro onore.

  • Di Alessandro De Caro (---.---.---.181) 2 maggio 2011 21:11
    Alessandro De Caro

    Il festival Suona francese è una bella iniziativa, purtroppo ancora poco conosciuta...Speriamo che continui a sfornare concerti e occasioni per ascoltare opere fuori dal consueto, narcotico repertorio dei nostri teatri.
    Saluti

  • Di Alessandro De Caro (---.---.---.181) 2 maggio 2011 21:08
    Alessandro De Caro

    Ho letto anch’io l’articolo di Salis, dato che frequento spesso le pagine del domenicale del Sole 24Ore. Fermo restando che stimo Salis e tutti gli altri relatori presenti all’incontro, mi rimangono molti dubbi su come gli intellettuali- usiamo pure questo termine in sintonia con l’iniziativa- intendano fare valere i loro "diritti", in Italia come altrove. E’ un problema enorme, mi sembra, che come notava anche Salis non riguarda soltanto il mondo editoriale...Parlando sinceramente, non sono ottimista considerando che le pressioni sono, in primo luogo, economiche (dubito che siano ideologiche, considerati i tempi ironicamente e/o beffardamente edonisti in cui sopravviviamo), e poi ovviamente politiche. E con la politica non c’è nulla da fare, se anche la ricerca scientifica è in ginocchio (e parlo di fisici e di matematici, mica di "letterati", che quelli i politici non li hanno mai capiti...)

    Sarei tentato di dire- ma è superficiale, lo so, non è che un’osservazione dettata dal pessimismo- che oggi gli intellettuali non sono "rappresentativi" di niente in questo Paese, tranne che della loro rendita di mercato (audience, in sostanza, e acquirenti) che, ovviamente, tende a diminuire ogni giorno di più a meno di non rientrare in parametri estranei alla loro libertà di espressione. Non è così soltanto in Italia, accade ad esempio in Francia...Anzi, lì sono decisamente più bravi di noi (un esempio è Michel Onfray, un altro Houellebecq) Ma forse tu sei meno cinica o rassegnata di me...Ad ogni modo, spero davvero che qualcosa ne esca da questa adunata romana di teste pensanti! smiley

  • Di Alessandro De Caro (---.---.---.26) 12 dicembre 2010 11:28
    Alessandro De Caro

    Scrivere di Antigone come se fosse un’appendice della coscienza cristiana è quantomeno riduttivo e direi tendenzioso- anche se non è "sbagliato", anzi è un diritto- se consideriamo che l’eredità greca è stata raccolta da un’ampia parte della cultura occidentale, per esempio da Brecht, Hegel, Kierkegaard, Honderlin, Heidegger, Bultmann e una larghissima fetta del pensiero femminista tra i quali Maria Zambrano, Irigaray, Adriana Cavarero, Judith Butler, etc. Non sono figure che rientrano in una nozione qualsiasi di "creatività" etichettabile, mi sembra, tanto meno nei termini cari all’attuale revival ecclesiastico-speculativo così ben rappresentato dai nipotini di Enzo Bianchi. Ma da noi, si sa, si fa pensa volentieri per opposizioni binarie (tra Marx e la Curia, all’incirca), con esiti spesso deludenti, soprattutto per le nuove generazioni. Per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Antigone dal punto di vista politico e filosofico, senza ingerenze di sorta, consiglierei il libro antologico curato da Pietro Montani qualche anno fa per Donzelli, Antigone e la filosofia.


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