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Robbe-Grillet, il voyeur delle parole

Nel 2008 moriva lo scrittore e cineasta Alain Robbe-Grillet, lasciando dietro di sé un’opera in buona parte ancora da scoprire, tra letteratura e cinema. Negli ultimi anni si sono susseguiti convegni e iniziative legate al suo lavoro (uno degli ultimi è stato l’importante convegno dell’università di Ottawa due anni fa), ma permane intorno al nome un alone di malignità e di estraneità che, in Italia, sconfina nell’oblio. Vediamo, allora, di ripercorrere il sentiero tracciato da questo grande scrittore e teorico della letteratura, dai primi romanzi pubblicati negli anni Cinquanta alle ultime opere ancora in via di traduzione.

“Malgrado i molti scritti fioriti su di essa, la narrativa di Robbe-Grillet ci appare ancora gravata sotto il peso di molti equivoci, e sembra anzi che il numero di questi aumenti col passare del tempo invece di diminuire”. Con quest’affermazione esordiva Renato Barilli in un saggio dedicato all’opera di Alain Robbe-Grillet (contenuto in L’azione e l’estasi. Le neoavanguardie negli anni ’60, ed. Testo & Immagine). Con la scomparsa dello scrittore non si può dire che, almeno in Italia, la situazione sia migliorata: il silenzio della critica si accompagna, in questo caso, alla latitanza degli editori che, spesso, non offrono traduzioni adeguate con cui soddisfare l’eventuale curiosità dei lettori. Tralasciando le solite lamentele che accompagnano l’oblio della letteratura che cosa si può dire, oggi, al lettore italiano che desidera saperne di più e che, probabilmente, non ha trovato intorno a sé che un vago deserto?

C’è da sospettare che la duplice attività di scrittore e regista cinematografico non abbia giovato, in fondo, alla notorietà di Robbe-Grillet; è stato lui stesso a ironizzare su questo aspetto, nel piacevole e istruttivo Préface à une vie d’écrivain (ed. Seuil), sostenendo che al momento di mettersi alla macchina da presa la critica non ha avuto dubbi: lo scrittore avrebbe fatto meglio a restare tale, invece di espandere il suo immaginario sullo schermo. Giudizio affrettato, anche perché non include la sua attività di sceneggiatore, proseguita anche dopo il celebre L’anno scorso a Marienbad firmato in coppia con Alain Resnais. Eppure, se c’è qualcosa che oggi il pubblico può reperire facilmente sul mercato sono proprio i suoi film. Il rapporto tra il cinema e la letteratura, quindi, rimane una testimonianza difficile da aggirare, se si vuol comprendere l’opera, ma allo stesso tempo rischia, forse, di far scivolare l’interesse fuori dal mondo delle parole, dove l’autore di Nel labirinto, La gelosia, Il voyeur, La ripresa è stato apprezzato fin dagli esordi. Ma, appunto, quali sono stati gli esordi di Robbe-Grillet?

Il primo romanzo che esce in Francia è del ’53, Les Gommes. E’ un esordio in sordina, come spesso avviene, ma fortunato nelle premesse poiché porta l’effigie delle Editions de Minuit. Esordio importante per le conseguenze personali (l’amicizia con Jerome Lindon) e culturali: sono, infatti, le Editions de Minuit a lanciare il fenomeno letterario degli anni Cinquanta, il Nouveau Roman. Una manciata di scrittori destinati a restare nel firmamento delle Lettere: Nathalie Sarraute, Marguerite Duras, Michel Butor, Claude Simon, Claude Ollier… E, naturalmente, Robbe-Grillet con il libro-manifesto del gruppo Per un romanzo nuovo. Una bomba gettata nel selciato del classicismo francese. I giornali ne parlano, i critici innaffiano le pagine anche di stroncature e antipatie, ma l’idea di un romanzo che non sia psicologico, contro le gran-père Balzac, bensì un’avventura percettiva in un mondo ancora da costruire farà molta strada. Premesse filosofiche: Husserl, Sartre. Premesse letterarie, confermate da Robbe-Grillet fino all’ultima intervista: Flaubert, Kafka, Diderot.

In un decennio escono romanzi come La gelosia (Robbe-Grillet), L’erba (Simon), L’amante (Duras), La modificazione (Butor), L’estate indiana (Ollier) e diversi altri. E’ una moda intellettuale che vede schierati anche nomi illustri della critica come Roland Barthes che dedica alcuni saggi arguti e preziosi proprio ai romanzi di Robbe-Grillet. Le basi del discorso erano, in realtà, già contenute in alcuni aspetti dell’esistenzialismo: la celebre “opacità del mondo” che Roquentin scopre ne La Nausea di Sartre, come ha ben visto Renato Barilli, appartiene alla genesi dell’operazione letteraria del Nouveau Roman, che semmai la amplia e le toglie quella patina ancora “patetica” che, a tratti, teneva in ostaggio certi personaggi sartriani o le figure eroiche e, in qualche modo ancora romantiche, che incontriamo nei romanzi di Malraux. E’ proprio l’antiumanesimo di Robbe-Grillet e compagni che lascia interdetti ma di cui s’intuisce, almeno nelle prime opere, la portata modernista.

Come per Beckett e ancora meglio per Kafka, maestri dell’inattendibilità e dell’enigma, il mondo appare in questi romanzi come una superficie da attraversare senza soggezioni di sorta né idee personali, in una sorta di tela bianca dove tutto è possibile. Un’avventura della parola, anziché dei romanzi di avventure. L’opera di Robbe-Grillet, comunque, non si lascia ridurre al periodo de La gelosia e de Il voyeur, ma si estende fino agli anni recenti (Un roman sentimental, 2007), attraversando due periodi di transizione: il primo è databile a partire da Progetto per una rivoluzione a New York (1970) e Casa d’appuntamenti (1965), dove da un lato si delinea, in modo sempre più marcato, il tema erotico e, d’altra parte, anche la teoria letteraria si sposta verso quel gioco degli stereotipi che l’autore condivide volentieri con Barthes (Miti d’oggi) nel comune interesse per una critica “neo pop” che, lasciandosi dietro le avvertenze disperate di Adorno o di Pasolini, tenta un sabotaggio dall’interno del sistema culturale. Non altrimenti, infatti, andrebbe intesa l’insistenza ossessiva sulle forme dominanti del sadismo, del “sogno della merce” (la formula è di Jean Baudrillard) e del labirinto di specchi di cui l’uomo contemporaneo è sempre più prigioniero. La seconda svolta avviene, invece, negli anni Ottanta con tre romanzi che formano un’ideale trilogia autobiografica: Lo specchio che ritorna (Spirali, 1985), Angelica o l’incanto (Spirali, 1989) e Les derniers jours de Corinthe (Editions de Minuit,1994).

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