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Internauti in fuga dai social network: la lezione di McLuhan

Sta accadendo finalmente qualcosa nel mondo bulimico e piuttosto iperteso dei social netwok…Perché finalmente? Perché fino a quando si è ancora nella fase di esplorazione di una novità e si agisce in un regime ancora a bassa competizione è difficile che si possano valutare pregi e difetti di un’idea, mentre quando comincia a formarsi il classico grafico a campana, per intenderci, con cifre e statistiche si può cominciare a parlare di “novità”. E la novità suona abbastanza chiara a tutti, anche se non per quanto riguarda le motivazioni del fenomeno: c’è in atto una fuga di massa da Facebook, il principale social network mondiale.

Sia la stampa dedicata alla cultura digitale, come Wired, che i magazine a più alta diffusione come D – La Repubblica si sono visti costretti a registrare, perlomeno, il fenomeno di “controtendenza” o di migrazione al contrario: dopo un primo momento in cui l’entusiasmo per FB sembrava incontenibile, oggi avviene semmai una sempre più rapida frammentazione dell’offerta (ci sono sempre più realtà che vanno sotto l’etichetta di Social Network, alcune delle quali di successo, ed è proprio questo che favorisce l’innovazione) e una dilagante “preoccupazione” da parte degli utenti come degli ideatori – e speculatori di borsa- che ha, forse, pero’, anche dei lati comici e non soltanto finanziari. Davvero è così importante “essere su FB”? Dipende da come si vive, probabilmente, intanto i pubblicitari e la televisione hanno pensato bene di mettere in parodia il fenomeno e di creare persino una sitcom dedicata a “Faccialibro”…Non ci lasciamo sfuggire proprio niente, in questa società in cui si passa da un’immagine all’altra senza, forse, spostare molto altro che dubbi e perplessità.

Nel suo libro intitolato Il punto di fuga, uno dei meno conosciuti ma senz’altro dei più originali scritti da questo autore, Marshall McLuhan analizzava l’idea di spazio nella poesia, nelle arti visive e più in generale nella vita quotidiana. Ancora ai suoi tempi poteva scriveva, commentando una poesia di Archibald MacLeish, che “non è questione qui di privacy o di identità privata, ma di libero flusso di energia collettiva. Qui le persone creano il loro mondo e non sono in esso contenute. Il cosmo diventa un’estensione delle loro energie”. Viene da pensare che abbiamo scambiato il cosmo simbolico con uno spazio del controllo, dove niente sembra privo di interesse per chi gestisce l’informazione e per chi si diletta a rivenderla al migliore offerente, come gli hacker sanno fare sempre meglio. Non stupisce, allora, se 150 mila utenti

(fonti: Wired/Osservatorio Facebook) hanno deciso che FB non è la loro “energia collettiva”. Staremo a vedere se per gli altri social network andrà diversamente.

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