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 Home page > Attualità > Cultura > L’obbedienza non è più una virtù: Antigone

L’obbedienza non è più una virtù: Antigone

 

Si deve ancora scrivere di Antigone almeno per tre buoni motivi:

  1. Per i giovani che oggi contestano le scelte d'un potere sempre più lontano non solo da loro, ma dalla coscienza di ognuno.

  2. Per parlare del dovere di disobbedire e di un grande maestro, in quest'epoca di cupo clientelismo e di tagli alla scuola soprattutto per i più poveri.

  3. Per parlare di uno spettacolo teatrale proprio su Antigone (sia pure ambientato nella Sarajevo degli anni '90). Testo messo in scena da una compagnia di attori molto giovani e molto bravi, uno spettacolo che consiglio di andare a vedere... Purché che la compagnia trovi Comuni che usino i fondi anche per il teatro e la cultura (anzi chi legge se può li contatti vale la pena ecco il loro indirizzo [email protected] e sono anche su Facebook)

E ora il mito...

La storia (per chi non la ricordasse).

Siamo a Tebe, due fratelli si sono uccisi in una guerra fratricida: uno, avendo combattuto in difesa della città, ha diritto alla sepoltura, l'altro invece è condannato a rimanere insepolto, in balìa degli animali selvatici e soprattutto è condannato a non trovare quiete neppure dopo la morte.

I due fratelli sono Eteocle e Polinice, vengono da una stirpe maledetta, quella di Edipo; hanno anche due sorelle Ismene e Antigone. Proprio Antigone seguì il vecchio padre Edipo fino alla sua morte. Ora è tornata in patria, a Tebe, ha assistito sia alla terribile lotta tra i fratelli sia all'altrettanto orribile ordine dello zio Creonte, che ora regge la città.

Creonte ha ordinato di non seppellire i traditori di Tebe, tra cui uno dei fratelli di Antigone. La giovane non può accettare una simile violazione del diritto naturale di essere seppelliti e di dare sepoltura, così di notte per ben due volte ha seppellito il fratello. Alla fine è stata scoperta e condotta di fronte allo zio, al tiranno. Antigone non solo non si piega al volere dello zio che invoca la legge, ma proclama ad alta voce il diritto alla disubbidienza quando la legge vada contro i diritti inviolabili dell'essere vivente.

Sarà così condannata ad essere sepolta viva, verrà condotta presso un antro oscuro e qui rinchiusa, nonostante le proteste anche del figlio di Creonte, che è fidanzato della fanciulla.

Creonte è irremovibile, quando però scopre tutte le disgrazie che questo assassinio porta con sé, tra cui il suicidio del figlio, decide di far liberare Antigone, ma è troppo tardi, la fanciulla si è impiccata.

Dove sta la disubbidienza?

Antigone, scoperta mentre disubbidisce agli ordini, viene condotta davanti a Creonte, il quale le chiede come ha potuto calpestare le leggi che lui aveva promulgato.

Antigone risponde così (vv. 450-470)

Proclamato per me non avea Giove

questo bando: la somma dea che domina

con gli dei d'oltre tomba, la Giustizia,

tali leggi giammai bandì per gli uomini;

né i tuoi bandi credei tanto potessero,

che le leggi non scritte ed incrollabili

degli dei sovvertire uomo mortale

potesse mai: ché non son d'ieri e d'ora

queste leggi, ma vivon sempiterne,

e quando sorser non conosce alcuno.

Queste leggi giammai per il protervo

arbitrio d'alcun uomo violando,

non volevo affrontar l'ira divina.

M'aspettava la morte? Lo sapevo,

se pur tu non l'avessi proclamato.

Antigone, dunque, affronta la morte, disubbidisce a leggi che non ritiene giuste in nome di altre leggi, che Sofocle identifica con quelle divine non scritte, ma che si possono anche collegare alle leggi della coscienza.

Alla fine di questo discorso a Creonte che proclama il suo odio per i nemici, Antigone risponde: "Non d'odi, no, d'amor compagna nacqui". Perché queste leggi non scritte, le leggi della coscienza sono proprio dettate dall'amore.

L'obbedienza non è più una virtù.

Un maestro, nel vero senso della parola, che insegnò a seguire la voce della coscienza e quindi anche a disubbidire quando la legge vada contro questa voce, fu don Lorenzo Milani.

La sua scuola, la scuola di Barbiana, per i più poveri, non seguiva certo i metodi tradizionali, ma puntava sulla conoscenza attraverso le proprie esperienze e puntava soprattutto sullo sviluppo della capacità di esprimersi e sullo sviluppo di una coscienza critica.

La capacità di pensare con la propria testa e di seguire la propria coscienza può talvolta contrastare con certe regole, certe norme che la società o addirittura lo stato può imporre. Don Milani obbedì alla Chiesa quando gli impose di lasciare a mezzo il suo lavoro, ma non ritenne giusto obbedire a una legge che ti dice "devi uccidere".

Così sostenne strenuamente l'obiezione di coscienza e fu anche citato in giudizio. Proprio in questa occasione scrisse una famosa lettera ai giudici, eccone alcuni passi:

"In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. (...)

A Norimberga e a Gerusalemme sono stati condannati gli uomini che avevano obbedito. L'umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c'è una legge che gli uomini non hanno forse ancora ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel loro cuore. Una gran parte dell'umanità la chiama legge di Dio, l'altra parte la chiama la legge della Coscienza. Quelli che non credono né nell'una né nell'altra non sono che un'infima minoranza malata. Sono i cultori dell'obbedienza cieca.

(...) avete il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto”.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.164) 6 dicembre 2010 12:21
    Damiano Mazzotti


    W la Creatività Cristiana!

    Don Milani aveva e ha pienamente ragione..

    I migliori pensieri delle persone saranno con noi per sempre.

  • Di Gian Carlo Zanon (---.---.---.162) 6 dicembre 2010 12:53
    Gian Carlo Zanon

    Bell’articolo, i miti si ripresentano sempre a ricordare cosa sia l’umanità e per farci riconoscere cosa sia la disumanità. Antigone con sua ribellione contro le leggi disumane e ad personam di Creonte ci racconta sempre della ribellione e del rifiuto di leggi assurde e violente scritte da uomini assurdi e violenti; ci dice che è la legge interna che conta, quella degli dei inferi che sono vivi da sempre; dice la ragazza di Tebe : "queste leggi, ma vivon sempiterne, e quando sorser non conosce alcuno." . Queste leggi che sorsero alle primi luci della nascita di ogni essere umano quando erano così certi l’odio e l’amore. Antigone sarà sempre sulle barricate per difendere nell’essere umano quel senso di giustizia umana, spesso dimenticata, che è in noi stessi, in noi che, fintanto che salviamo, come cosa sacra, il ricordo di un mare calmo e di una carezza straziante, sappiamo distinguere sempre cosa sia umano e cosa sia disumano. E non è certo un Creonte da quatro soldi che ci fa dubitare di noi stessi.

  • Di Alessandro De Caro (---.---.---.26) 12 dicembre 2010 11:28
    Alessandro De Caro

    Scrivere di Antigone come se fosse un’appendice della coscienza cristiana è quantomeno riduttivo e direi tendenzioso- anche se non è "sbagliato", anzi è un diritto- se consideriamo che l’eredità greca è stata raccolta da un’ampia parte della cultura occidentale, per esempio da Brecht, Hegel, Kierkegaard, Honderlin, Heidegger, Bultmann e una larghissima fetta del pensiero femminista tra i quali Maria Zambrano, Irigaray, Adriana Cavarero, Judith Butler, etc. Non sono figure che rientrano in una nozione qualsiasi di "creatività" etichettabile, mi sembra, tanto meno nei termini cari all’attuale revival ecclesiastico-speculativo così ben rappresentato dai nipotini di Enzo Bianchi. Ma da noi, si sa, si fa pensa volentieri per opposizioni binarie (tra Marx e la Curia, all’incirca), con esiti spesso deludenti, soprattutto per le nuove generazioni. Per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Antigone dal punto di vista politico e filosofico, senza ingerenze di sorta, consiglierei il libro antologico curato da Pietro Montani qualche anno fa per Donzelli, Antigone e la filosofia.

  • Di paolo (---.---.---.126) 19 dicembre 2010 11:19

    L’obbedienza non è una virtù e, a prescindere da Antigone , non lo è mai stata e mai lo sarà . Le virtù sono il senso di giustizia,la riconoscenza,la coerenza, l’altruismo,lo spirito di sacrificio,l’eroismo(in alcuni casi),la modestia ,il senso dell’onore ,l’onestà (soprattutto intellettuale ), la generosità e via cosi’ .

    Non credo che nessun vocabolario declini l’obbedienza come una virtù . Semmai è una condizione imposta da un’autorità laica o religiosa per sottostare a determinate regole ,per rientrare in una categoria sociale o per adempiere a determinati principi religiosi . E direi che nella totalità dei casi ,escludendo le regole minime della convivenza civile e sociale , in assoluto è un disvalore o un freno culturale che , nella storia dell’umanità , ha prodotto i guai peggiori .
    O io non ho capito nulla del senso di questo articolo peraltro ben fatto, cosa possibilissima , oppure mi sembra una discussione speciosa , un pò fine a se stessa ,senza molto costrutto .
    Mi date una chiave di lettura un pò più semplice .grazie.

    paolo
  • Di (---.---.---.29) 19 dicembre 2010 12:09

    Il succo sta nel diritto di disobbedire quando si ritenga una legge ingiusta... ma ingiusta verso cosa? Verso la propria coscienza: così Antigone, eroina greca e universale (come tutti i miti), sente che la legge non scritta dell’amore fraterno è più forte delle leggi scritte; così don Milani è per lo stesso motivo, l’amore, disposto all’obiezione di coscienza contro la guerra, le armi.
    L’obbedienza non è più una virtù era una frase provocatoria di Dpn Milani a favore della non violenza vera virtù.
    Maria Rosa

  • Di paolo (---.---.---.126) 22 dicembre 2010 10:09

    Adesso è chiaro .Di fronte alla propria coscienza la disobbedienza è un dovere più che un diritto .Nel caso di Antigone non c’è dubbio . Nel caso di don Milani ho qualche dubbio in più , non tanto sulla scelta di fondo dell’obiezione contro la guerra e le armi ,quanto sui doveri che ci legano alla società in cui viviamo e che ci impongono , nei casi di extrema ratio , l’obbligo di ricorrere alle armi.

    Come mi sembra di avere già discusso con te su altro post ,se mi ricordo bene nella condanna delle armi, la violenza fine a se stessa o il culto delle armi sono disvalori ma altrettanto disvalore è la passività di chi si nasconde dietro la propria coscienza per non assumersi le proprie responsabilità .

    ciao 

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