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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.137) 16 maggio 2014 14:09

    Sono davvero poche le voci dissonanti che riescono a bucare il muro eretto dai mass media a protezione della "versione ufficiale". Una di questo poche è quella di John Pilger sul Guardian (http://johnpilger.com/articles/brea...).

    In Italia finora solo su Panorama ho trovato una copertura decente dei fatti in Ucraina. Tutte le altre testate giornalistiche formano un coro impressionante per uniformità, come se tutte dipendessero da un unico regista. Sembra di essere tornati alle veline del Minculpop o di essere piombati nel mondo del Grande Fratello orwelliano.

    La vicenda ucraina ha messo noi cittadini europei di fronte ad una realtà che non esito a definire tragica. 

    Abbiamo scoperto una evidenza incontrovertibile: l’Unione Europea, la sua burocrazia, la sua classe dirigente, le classi dirigenti degli Stati Europei, sono interamente nelle mani degli Stati Uniti d’America e si fanno condurre, senza obiezioni, in ogni impresa decisa da questi ultimi, qualunque essa sia. E questo a prescidere dall’interesse dell’Unione e anche contro l’interesse dell’Unione e dei suoi cittadini.

    Abbiamo scoperto che esiste un controllo pervasivo ed efficace dei mezzi di comunicazione di massa europei finalizzato al controllo dell’opinione pubblica. E senza informazione libera e plurale la democrazia è solo una farsa: semplicemente non esiste democrazia.

    I mass media presentano una realtà falsificata, millantando di rappresentare il punto di vista dei cittadini; i politici ben volentieri prendono per vera la millanteria e agiscono di conseguenza. L’effetto è che l’opinione dei cittadini non conta nulla, e i politici hanno via libera per agire in loro nome, ma secondo gli ordini ricevuti da chi li comanda.

    L’Unione Europea non esiste più, la democrazia è una farsa, la legalità internazionale e gli stessi principi di civiltà ai quali ci ispiramo sono stuprati. Questa è la dura realtà che abbiamo di fronte noi cittadini europei.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.137) 11 maggio 2014 20:42

    Obama ha ereditato dall’amministrazione neocon una superpotenza allo stremo, il suo programma politico era perfetto per le circostanze, la sua forza e legittimità democratica tra le più forti da decenni a questa parte.
    Ha commesso degli errori, è vero: fondamentale è stato quello di credere che fosse possibile unire le forze di democratici e repubblicani per risollevare insieme il Paese, lasciando nei posti chiave dell’amministrazione personalità dell’amministrazione precedente. Confidava che la lealtà di costoro verso la nazione fosse più forte di quella verso i loro poteri di riferimento. Si è sbagliato, forse a causa della sua formazione assai poco yankee, poco portata a regolare i rapporti con una sfida dalla quale uscire vincitore o perdente. Ma va anche aggiunto che i maggiorenti del suo stesso partito, nel quale era ed è tuttora, un outsider, non l’avrebbe seguito in una svolta troppo decisa.

    Molto semplicemente Obama è stato battuto da tutte le maggiori lobby in circolazione negli USA.
    Se ben ricordo l’ultima in ordine di tempo mi sembra sia stata la NRA, la lobby dei produttori di armi, che è riuscita ad impedire una regolamentazione federale più stringente sulla vendita delle armi da fuoco ai privati cittadini.

    Le lobby delle assicurazioni e dei medici sono riuscite a far partorire un topolino alla montagna della riforma sanitaria, che era la sua bandiera elettorale; la lobby della Finanza ha impedito ogni efficace provvedimento che riportasse, almeno in parte, il mercato dei capitali sotto il controllo normativo della politica; la lobby dei petrolieri è riuscita ad annullare i progetti di investimento in energie rinnovabili e sulla tutela dell’ambiente; la lobby sionista ha vanificato il progetto di obbligare israeliani e palestinesi a stipulare finalmente un accordo di pace; la lobby neocon alleata con quella dell’apparato militare industriale ha disattivato i piani di distensione col mondo islamico e con la Russia.

    A mio parere Obama aveva le potenzialità per portare gli USA fuori dalla crisi e inaugurare una nuova era di rapporti col resto del mondo: più distesi, più intelligenti, e anche un diverso rapporto tra umanità e pianeta Terra.

    La parabola di Obama, purtroppo, conferma ancora una volta che gli USA sono formalmente una democrazia e sostanzialmente una oligarchia lobbistica.

    Sconfitto politicamente ormai Obama sembra un fantoccio privo di personalità propria, e gli USA hanno ripreso la rotta precedente: la stessa che li hanno condotti ad un passo dal fallimento.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.137) 8 maggio 2014 21:18

    Luigi Angeletti nel suo intervento di saluto al congresso ha addirittura detto che se la CGIL è sconfitta sono sconfitti anche UIL e CISL. Ma anche Bonanni ha fatto un discorso nel quale era implicito il riconoscimento della necessità di una unione sindacale forte.

    Questo è confortante. Quanto meno lascia pensare che sia passato il tempo in cui la CGIL è stata isolata dagli altri sindacati, che credettero nelle bufale di Marchionne.

    A mio avviso oggi il problema più grosso del sindacato (di tutti e tre i sindacati) è che la sua sponda politica si è drasticamente ridotta negli ultimi anni, tanto più col PD renziano. Di conseguenza, al di fuori dai suoi circoli, nessuno sa più nulla delle sue proposte. I mass media, dal canto loro, perfidamente lasciano passare solo i suoi "no" e nessuno dei suoi argomenti propositivi.
    La disoccupazione, come giustamente rilevato da Bonanni, contribuisce ad indebolirne la presa anche sui lavoratori (ancora) occupati.

    Tutto questo è parte di un pervasivo e potente attacco alla Sinistra, di cui il Sindacato rappresenta la componente più concreta in quanto più vicina ai lavoratori.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.137) 5 maggio 2014 21:31

    La mia netta impressione è che Matteo Renzi, con la trovata populista sul Senato, stia promuovendo una "riforma" istituzionale di ben più vasta portata, tale da rendere formale la costituzione materiale attualmente vigente.

    Dal "decisionismo" craxiano, passando per il Piano di Rinascita Democratica della P2, il sogno dalemiano di un "paese normale" (cioè al modello bipolare statunitense), il Porcellum berlusconiamo, la amplissima tolleranza di Napolitano, il Partitismo trionfante, ci ritroviamo oggi con un Parlamento di nominati la cui principale attività consiste nell’approvare provvedimenti legislativi emanati dal Governo, con una totale inversione di ruoli rispetto all’architettura della Costituzione formale. In quest’ultima, infatti, protagonista è il Parlamento: ad esso spetta il potere di indirizzo della vita pubblica attraverso l’esercizio della funzione legislativa; da esso trae legittimità e mandato il Governo. Ora è il contrario.
    L’indicatore più significativo della intenzione di Renzi di istituzionalizzare la costituzione materiale sta nelle proposte di riforma elettorale finora presentate.
    Tra liste e listini gestiti dai partiti, soglie di sbarramento, premi di maggioranza, la soluzione escogitata mira a restringere la rappresentanza per mettere definitivamente al riparo il Governo dalle insidie di un Parlamento troppo vicino ai cittadini, un Parlamento con troppo potere sull’esecutivo. Come se la Democrazia non fosse esattamente questo: l’esercizio del potere del Popolo, del sovrano democratico per eccellenza.
    La controriforma renziana, invece di agire sui meccanismi istituzionali che, interpretati al modo partitocratico, rendono instabile l’esecutivo, tende a fare del Governo l’espressione dei partiti e a promuoverlo a Principe al posto del Parlamento.
    Una trovata che rende desiderabile il Presidenzialismo, e forse è proprio per questo che viene indicata come soluzione.
    In realtà nella Costituzione non c’è scritto che il Governo deve avere la fiducia del Parlamento in ogni istante della sua vita.

    Cito:
    -----------------------------------------------

    Costituzione - TITOLO III - Art. 94.

    Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.

    Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

    Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

    Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

    La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

    L’intenzione del costituente mi sembra chiara: il Governo è espressione del Parlamento, ma il Parlamento, una volta accordata la fiducia, non può revocarla se non con le modalità indicate nell’articolo. Il ricorso alla mozione di fiducia da parte del Governo dovrebbe essere limitato a casi eccezionali, invece è usato come ordinaria arma di ricatto per piegare il Parlamento ai suoi voleri, che in definitiva sono quelli dei partiti. 

    Ogni provvedimento di legge: dalla finanziaria alle normative su temi eticamente sensibili, dovrebbe avere origine in Parlamento: il Governo dovrebbe limitarsi ad eseguirlo.(è per questo che di definisce Esecutivo, no?).

    Se si ritiene di dover rafforzare ulteriormente la stabilità dei governi basterebbe modificare questo articolo e rendere più difficoltoso togliere la fiducia. Ma è evidente che non è questo che si vuole: ciò che si vuole è depotenziare la Democrazia limitando la rappresentanza.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.137) 5 maggio 2014 00:32

    Washington non è ondivaga: semplicemente Obama, il presidente eletto con la più grande mobilitazione popolare degli ultimi decenni, è stato sconfitto e la lobby neocon-sionista è tornata a dirigere la politica estera statunitense.
    Il discorso del Cairo di Obama, col quale aveva promesso un nuovo inizio nei rapporti tra USA e mondo islamico, dopo la stagione dello scontro promossa da Bush, era perfettamente coerente col programma politico col quale si era presentato agli elettori.
    Uno dei punti qualificanti di quel programma, ed impegno implicito nel discorso, era la fine del conflitto tra Israele e arabi palestinesi, punto sul quale Obama impegnò la sua credibilità.

    Si sa come è andata: il Congresso, in mano alla lobby sionista, cioè nazionalista israeliana, scese in trincea assieme ai potenti mezzi mediatici asserviti ai neocon, e di quel programma non restò nulla.
    Per questo in una prima fase i militari egiziani permisero che piazza Tahrir voltasse pagina dopo 30 anni di legge marziale: gli Stati Uniti di Obama così volevano. Sconfitto Obama si è tornati all’antico, all’Egitto dei militari: l’unico "affidabile" per il regime nazionalista di Israele.
    Lo strumento principe per avviare a reazione è stata la magistratura egiziana: rimasta anche sotto Morsi la stessa che ha avallato per decenni la legge marziale del Rais Hosni Mubarak.

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