L’Unità si tinge di nuovo colore
I rumors di corridoio davano da tempo Claudio Sardo in partenza dalla poltrona di direttore de l’Unità.
E, per un breve attimo, un inconsistente articoletto del Fatto Quotidiano, a firma di Wanda Marra (così evanescente che l'ho reperito solo a metà pagina del sito Dagospia tanto per dire), ha fatto correre un brivido di orrore lungo la schiena di molte persone.
Perché dava per quasi certo che nella sala dei bottoni del quotidiano fondato da Gramsci, si sarebbe accomodato nientepopodimeno che Walter Veltroni. Sicuramente molti hanno rabbrividito di brutto, ma non è dato sapere quanti, nel frattempo, si sono piegati in due dalle risate.
Fine del primo capitolo, con Veltroni dichiaratamente out dalla prima dichiarazione ufficiale, ancora al Fatto del nuovo azionista di riferimento della testata, Matteo Fago. Da ottobre, non si sa quando di preciso, Sardo lascerà e il quotidiano sarà gestito pro-tempore dal suo vice Luca Landò. In attesa di un nuovo comandante in capo.
L’articolo, accantonata la quisquilia-Veltroni, non dice molto di più sulle intenzioni del nuovo socio di riferimento: “Voglio un direttore che sia un giornalista, non un politico” e “non ci vuole molto per capire che il giornale non va, basta guardare i dati di vendita. Il giornale si è perso, è diventato un bollettino di partito”, sono le uniche dichiarazioni utili a capire che il giornale va rivoltato come un calzino e che lui ne ha l’intenzione.
E’ comprensibile che sia un po’ presto per saperne di più, data l’impresa veramente titanica che attende il nuovo capitano coraggioso (parlo dell’azionista in capo, ma anche del futuro direttore, chiunque esso sia); l’Unità ormai viaggia sotto quota 25mila copie (erano 68mila solo dieci anni fa) e ha una credibilità ad altezza zerbino, con una situazione debitoria impressionante.
Intanto, fra i commenti all’articolo citato (quasi tutti sprezzanti o sarcastici, ma è ovvio, siamo sul Fatto) ne spiccano due un po’ più sensati; uno decisamente nostalgico “Spero che l'Unità non chiuda. Lo spero per la storia che rappresenta e non tanto per il suo "editore" politico, ossia il PD”.
Tenendo conto che prima del PD c’era il DS e prima il PDS e prima ancora il PCI, mi sa che bisogna andare molto indietro per trovare un referente politico degno di nostalgia. Forse giusto ai tempi della Resistenza; ma è indiscutibile che la testata abbia un’immagine che ha rappresentato per decenni le aspirazioni popolari ad una società più equa, giusta, pulita, libera (anche se già ai tempi della contestazione sessantottina sapeva parecchio di conservatorismo).
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L’altro commento pone un quesito molto più concreto: “Perchè comperare l'Unità quando le stesse cose vengono scritte metà su Repubblica (che fa più figo) e metà sul Fatto Quotidiano (che almeno fa da sé, senza soldi pubblici) ?”.
Che è il Quesito cui la nuova dirigenza dovrà ben rispondere. Nei fatti, cioè a parole (che sono i fatti di un giornale).
Il posizionamento di una testata nel mercato delle idee è molto difficile, perché le idee bisogna avercele e averle ben chiare e poi saperle anche esprimere. In termini politici, sociali, economici, culturali, artistici e via discorrendo.
Repubblica (tanto per rimanere alle due testate citate dal commentatore) ha il suo aplomb da saccente perbenismo di sinistra ma senza esagerare, dialogante ma con moderazione, pragmatico ma non troppo, combattivo ma con cautela. Con tanti filosofi e un po’ di tuttologi d'alto bordo (quelli che poi si vedono a serate alterne nei salotti televisivi della gauche nostrana). Ci si respira l’aria di quelli che Berlusconi proprio non lo sopportano (d’altra parte il proprietario è De Benedetti, capirai) e questo gli ha sempre dato la patente di bandiera dell’altra Italia, quella che resiste-resiste-resiste, ma che attualmente è un po’ stanchina (e la colpa non è solo di Berlusconi, casomai venisse il dubbio). Annovera comunque anche delle ottime firme, da tanto di cappello.
Peccato che ultimamente abbia indossato un saio logoro e dei sandali sbertucciati e ginocchioni-ginocchioni si sia incamminata salmodiando dietro ai seguaci di Ignazio de Loyola.
Il Fatto invece è lo stendardo della sinistra barricadera senza essere necessariamente comunista; anzi, uno dei suoi fondatori, il saccentissimo-preparatissimo Marco Travaglio origina politicamente decisamente dalla destra: “In Francia voterei a occhi chiusi per uno Chirac, un Villepin (...) in Germania voterei Merkel sicuro. Mi piacevano molto Reagan e la Thatcher” sono sue dichiarazioni lette in un libro-intervista di Claudio Sabelli Fioretti; altrove ha dichiarato di aver votato per la Lega, per Ingroia e per il Movimento 5 Stelle (tutto nero su bianco su Wikipedia). Per dire la coerenza un po’ ondivaga.
Ma le firme di Padellaro e Colombo, entrambi ex direttori duri e puri dell’Unità (quando vendeva bene), sono un valido contrappeso rispetto alle sbandate spiccatamente grillesche che ogni tanto la testata prende.
Insomma, posto che non può più vivacchiare come bollettino di partito e che nel frattempo Liberazione è kaputt e che il Manifesto vivacchia da sempre nella sua nicchia intellettual-aristocratica-con-la-puzza-al-naso-che-le-cose-come-le-sanno-loro-non-le-sa-nessuno, la nuova Unità si dovrà fare largo tra la sinistra borghese-filosofica-dialogante di Repubblica e quella radical-grillopendente-unpo'giacobina del Fatto, cercandosi un suo spazio culturalmente e ideologicamente ben marcato, ben delineato e originale, diverso - ovviamente - dai concorrenti. Pena una rapida implosione, perché i due sono, rispettivamente, una supercorazzata e un incrociatore da battaglia lanciamissili.
In mancanza di originalità vale cioè la domanda “perché comprarla?” che ogni esperto di marketing, copiando banalmente il buonsenso del commentatore sopracitato, potrebbe porre.
C’è però da evidenziare un particolare nell’articolo di presentazione firmato dalla Marra su il Fatto; un particolare che non va trascurato: la definizione di “fagiolino” attribuita a Matteo Fago.
“È definitivamente in uscita Soru dal Cda ed è entrato Matteo Fago, fagiolino, fondatore di viaggi.venere.com, che sta diventando azionista di riferimento”.
Una definizione che caratterizza il nuovo editore come culturalmente impegnato nell’ambiente che fa capo allo psichiatra Massimo Fagioli, di cui ho parlato recentemente come dell’unico oppositore alla “marmellata conformista” - politica, sociale e culturale - in cui stiamo velocemente scivolando. Fra l’altro è noto che Fago sia anche co-titolare di una casa editrice, L’Asino d’oro Edizioni, che ha in catalogo tutti i libri dello psichiatra romano, così come il trimestrale di psichiatria e psicoterapia, Il sogno della farfalla, nato nel 1991, che fa riferimento alla sua teoria.
E questo potrebbe porre l’editore, e il giornale, in una luce molto diversa (ed anche più coordinata con il suo inserto settimanale, left, anch'esso di area fagioliana).
Perché il suo posizionamento sul mercato, che tanti grattacapi sicuramente darà al direttore prossimo venturo, potrebbe avvalersi di una cultura e di una prassi politica che è decisamente diversa e originale rispetto alle due testate di riferimento della (più o meno) sinistra contemporanea.
Insomma, da tenere d’occhio, perché qualche sorpresa potrebbe alla fine arrivare. Proprio dalla vecchia Unità, fondata da Gramsci quasi novant’anni fa, in via di riverniciatura di fresco nelle prossime settimane. Auguri.
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