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Elia Banelli

Elia Banelli

Giornalista pubblicista e consulente finanziario,
Dal 2006 al 2009 ho lavorato per The Blog Tv, società di produzione televisiva, contribuendo alla realizzazione di programmi "user generated content" per La3Sport e 7Gold (Tifosi 2.0), per National Geographic Channel (Blog Notes su Sky 405) e per Ycs Channel, prima sul canale Sky 863 e successivamente per Music Box (Sky 703). Ho gestito il blog "In Viaggio Con Obama". Appassionato di politica, economia, finanza, informazione e giustizia.

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  • Primo articolo giovedì 07 Luglio 2008
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Ultimi commenti

  • Di Elia Banelli (---.---.---.230) 21 novembre 2009 12:50
    Elia Banelli

    Caro Dunwich, non si passa affatto da un sistema di monopolio pubblico (che da anni ormai non esiste più) ad uno privato.
    Ci saranno situazioni simili a quelle attuali, con società a capitale misto pubblico-privato, situazione dove la gestione è affidata ai comuni ed altre solo alle aziende.
    Si tratta di una maggiore apertura al mercato, non di una privatizzazione totale del settore.
    Differenza questa fondamentale.
    Tutto il processo sarà comunque sempre monitorato dallo Stato, come prevede il decreto Ronchi.

  • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 20 novembre 2009 16:25
    Elia Banelli

    Caro GCaput, se prendiamo in considerazione i dati della GESTIONE PUBBLICA delle acque ci mettiamo le mani nei capelli! Un esempio su tutti, solo nel 2006 l’acquedotto pugliese ha perso fino al 50.3% dell’acqua!!! 

    Dovunque ci sono sprechi e cattive gestioni. L’apertura ai privati, che significa che le aziende possono concorrere alla GESTIONE e DISTRIBUZIONE del servizio (non che l’acqua diventa di loro proprietà) può favorire una concorrenza che premia le aziende più virtuose.
    Il sistema sarà comunque monitorato dallo Stato attraverso un Authority e controlli sui bandi di gara, ecc... Continueranno ad esserci, come adesso, casi di gestione mista pubblico-privata. 
    La strategia "terrorista" di far credere alla pubblica opinione che ti "privatizzano" l’acqua è di facile presa ma davvero non centra nulla con la realtà della riforma ed i contenuti del decreto Ronchi.
    Cmq, se sarà pubblicato, domani ci sarà un articolo che spiega le ragioni di chi è favorevole (come non esserlo!) ad una maggiore apertura al mercato del settore.
  • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 20 novembre 2009 11:47
    Elia Banelli

    L’articolo è ben scritto ma con forti contraddizioni al suo interno. A breve sarà pubblicato un pezzo con gli aspetti favorevoli e utili della riforma che "liberalizza" (non privatizza) il servizio idrico nazionale. 

  • Di Elia Banelli (---.---.---.152) 17 novembre 2009 21:28
    Elia Banelli

    Bravo Francesco, condivido in gran parte il tuo pensiero (anche se con una sottile differenza: preferisco che piuttosto della sinistra in Italia si affermi una destra "normale"). Anche a me non piace questa ennesima manifestazione solo ad personam che non entra nel merito delle decisioni politiche ed economiche (più difficili da criticare quando si tratta poi di proporre una seria alternativa). Lo dico da anti-berlusconiano, questa manifestazione serve a Di Pietro per l’ennesima prova di forza su chi fa più opposizione.Purtroppo.

  • Di Elia Banelli (---.---.---.98) 13 novembre 2009 14:06
    Elia Banelli

    Il commento di Malatempora, puntuale e preciso, soffrè però a mio avviso di quel "conservatorismo" che proprio aleggia in troppe fasce della popolazione accademica, seppur preparata e competente.

    Per primo punto non si è risposto nel merito agli aspetti positivi della riforma, citati in sinstesi nell’articolo, che quindi rimangono tali, positivi. 
    Secondo punto, io che sono laureato e ho frequentato l’università al suo interno (corsi, esami, laboratori, ecc....) ho ben chiaro e visibile, come molti colleghi, i problemi gravi che affliggono i nostri istituti accademici, i disastri compiuti dal 3+2 (riforma se non sbaglio varata dal centro-sinistra e ratificata dalla Moratti) sulla moltiplicazione di corsi e moduli simili tra loro ma "differenti" solo nei nomi, tutto per moltiplicare a dismisura docenti a contratto esterni alla facoltà (quanti giornalisti e mezzi busti televisivi ad esempio hanno arrotondato lo stipendio?) e numero di testi da comprare (ovviamente scritti dagli stessi docenti del corso).
    Quindi si parte da una doverosa premesse, che è una domanda: l’università italiana come è stata gestita fino ad ora funziona bene oppure no? Se la risposta è negativa, allora è doveroso attuare una riforma.
    La riforma Gelmini massimizza ed elimina molti corsi inutili e la frase "senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica" mi sembra doverosa in situazioni di forte deficit dello stato e di casse pubbliche allo sbando (di qui il ruolo fondamentale del ministero dell’economia nell’erogazione dei fondi). Soprattutto in Italia dove gli sprechi abbondano, e non solo ovviamente all’università. 
    Inoltre nel commento ci sono molti pregiudizi, sul ruolo del Corriere della Sera e della Bocconi, quasi come fossero soggetti non idonei a proferir parola sulla riforma o a richiedere urgenti cambiamenti. C’è anche un forte pregiudizio sul ruolo delle imprese, evidenziate come sanguisughe che spremono i laureati e non danno risorse all’università.
    Quanto di più lontano dalla realtà, se consideriamo che in Italia esistono molte università private, gestite e finanziate dalle aziende, tra le quali la Luiss di Roma che è proprietà di Confindustria, e tante altre. 
    Le imprese, grandi-medie e piccole, hanno tutto l’interesse ad accogliere laureati competenti e di qualità. Questa visione delle imprese "malvagie" è, a mio modesto parere, frutto dell’ennesimo pregiudizio, di stampo conservatore, che non vuole il cambiamento e pretende che nulla si tocchi ma tutto resti com’è, o peggio di una certa sinistra (chiamiamola pure Topo Gigio) che vede ancora nelle aziende e nel mercato i diavoli che tutto corrompono e sfruttano. 
    Il problema dell’Università è serio e va risolto davvero, soprattutto devono essere eliminati gli sprechi ed i corsi di laurea inutili. L’Italia è se non vado errato il secondo paese manufatturiero d’europa, che cosa ce ne facciamo di 20.000 laureati in Scienze della Comunicazione? 
    O di lauree in antropologia e filosofia, che per carità sono utilissime per chi vuole intraprendere la docenza e per una fondamentale cultura personale, ma che sono quasi inutili per il mercato del lavoro? Quanti laureati in Filosofia sono a spasso o cercano lavoro come "addetti alla gestione del personale" nelle grandi aziende? C’era bisogno di scomodare Socrate, Eraclito e Talete per valutare un colloquio di lavoro???
    Identificare chi vuole riformare l’Università italiana come "un nemico" che "deve essere combattuto" (il senso del commento di malatempora) mi fa davvero pensare che la Gelmini abbia imboccato la strada giusta. 

TEMATICHE DELL'AUTORE

Economia Cronaca Politica

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