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Accordo raggiunto: l’Alcoa è salva

Dopo sette mesi di instancabili vertenze, polemiche e annunciati piani di esubero, finalmente è stata raggiunta l’intesa per salvare l’Alcoa, la multinazionale americana produttrice di alluminio, che nel novembre dello scorso anno aveva deciso di abbandonare gli stabilimenti in Italia.


L’accordo è stato firmato da azienda e sindacati nella notte tra lunedì e martedì, al ministero dello Sviluppo Economico. Resteranno aperti gli stabilimenti di Portovesme nel Sulcis (nel cagliaritano) e quello di Venezia nel polo industriale di Margherita Fusina. Non sarà previsto alcun licenziamento di personale e gli investimenti saranno più di 94 milioni.

Alla base della vertenza uno sconto elettrico concesso all’Alcoa che peserà sulle bollette elettriche di tutti i consumatori con un aumento impercettibile del costo della corrente (circa 0,1 centesimi di euro in più al chilowattora). La Commissione Ue si è dichiarata d’accordo con lo sconto, non prefigurando la presenza di aiuti di stato e formalizzerà il via libera il 26 maggio.

Vale la pena ricostruire le tappe principali di questa tormentata vicenda.

Per anni la produzione di alluminio aveva goduto di favoritismi sulle tariffe elettriche, con prezzi stracciati su cui la Commissione Ue individuò vietatissimi aiuti di stato, chiedendo all’Alcoa di restituire circa 300 milioni di euro. Una richiesta impossibile da sostenere per la multinazionale, considerato che estrarre l’alluminio dal minerale richiede una forte quantità di energia, ed il costo dell’elettricità è fondamentale. Così l’Alcoa aveva deciso per la soluzione più drastica: lasciare l’Italia.

Seguirono mesi di passione, tra forti proteste di operai e sindacati, e il tentativo del governo di raggiungere un accordo soddisfacente per tutte le parti in causa, salvaguardando soprattutto il destino di centinaia di lavoratori e della produzione di alluminio in Italia. Alcune misure, individuate dal ministro dello Sviluppo Economico (ebbene sì, Scajola) con il capo di gabinetto Luigi Mastrobuono e il supporto dei ministri Sacconi e Brunetta (insieme all’immancabile attivismo strategico di Gianni Letta) consistevano in un meccanismo per far pagare meno la corrente elettrica, attraverso un piano di importazione a basso costo dalla Germania con la garanzia dell’Enel. Fu aperta un’asta con la partecipazione di decine di aziende "energìvore", ma l’Alcoa a fine dicembre vi rinunciò.
 
Allora si è optato per l’istituzione di un servizio di "interrompibilità": i consumatori di Sicilia e Sardegna avrebbero pagato meno la corrente in cambio della disponibilità a restare senza elettricità in caso di emergenza.

Ci sarà dunque la firma definitiva di Bruxelles sul piano di sconto e così l’Alcoa, dopo aver ringraziato tutte le parti in causa (governo, comunità europea, associazioni sindacali, dipendenti), ha annunciato l’investimento di 94,6 milioni di euro nel triennio, di cui 60 saranno concentrati in Sardegna ed i restanti 34,6 saranno impegnati su Venezia per la costruzione di fonderie, laminatori ed altre linee. Sarà invece bloccata la linea di estrazione del metallo dal minerale.

Soddisfatti i sindacati e la regione Sardegna: la Fim Cisl parla di "accordo storico", più cauta la Fiom Cgil, mentre il Pd annuncia "la vittoria degli operai".

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