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Quando parlare di "amore cristiano" diventa ipocrisia

A volte è fastidioso quello che si continua a leggere sui giornali. Perché spesso, troppo spesso, non fanno altro che continuare a diffondere false verità come fossero oro colato.

Questa volta mi riferisco all’Unità e nello specifico ad un articolo di Giuseppe Cantarano, filosofo, che canta le lodi dell’evangelico “ama il prossimo tuo” in un’appassionata recensione di un libretto scritto a quattro mani dal priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi, e dall’altro più noto filosofo, pluridecorato per meriti televisivi ed ex-sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, ex-Potere Operaio, ex-PCI, ex-Ulivo, ex-Democratico dissidente ed oggi fondatore di un misterioso movimento politico chiamato “Verso Nord”.

Nell'articolo si parla di “Ama il prossimo tuo”, un testo non recentissimo (era nelle librerie già nell’ottobre scorso e ne avevo commentato una recensione pubblicata su La Stampa) che rilancia il cristiano “mandatum novum” ("Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi, dice il Signore”, è il versetto 13-34 del Vangelo di Giovanni) che già in Luca 10-27 era stato chiarito più nel dettaglio: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima e tutte le tue forze e tutta la tua mente, e amerai il prossimo tuo come te stesso”.

L’articolista non esita a parlare di “inaudito insegnamento evangelico” nella proposta di amare il prossimo che sarebbe non solo l’amico, il vicino, ma addirittura l’altro, lo straniero e perfino il nemico.

A me risulta che “inaudito” significhi ‘mai udito prima’; il messaggio del Vangelo cristiano sarebbe perciò un'assoluta novità, ma in realtà è facilmente dimostrabile che la frase era già stata ampiamente udita per secoli, perché basta leggere il Vecchio Testamento - Levitico, 19-18 - per trovare “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso”. E se non basta, si vada anche al versetto 34 dello stesso capitolo: “Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l'amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto”. E' quindi espressione delle scritture ebraiche precristiane, come peraltro è detto anche nel libro recensito.

Qui il prossimo è l’altro da sé, sia nel senso di ‘vicino’, il figlio del tuo popolo, che nel senso di ‘lontano’, lo straniero. Perché dunque il passo del Vangelo è definito inaudito se, quando è stato scritto, la frase “ama il tuo prossimo come te stesso” aveva già cinque o seicento anni ?

L’unica cosa realmente nuova è che il Vangelo si spinge a prescrivere amore perfino per il proprio nemico. Questa è effettivamente una novità cristiana, su cui sarà il caso di tornare; ma intanto cogliamo la perla dell’articolista dell’Unità che di tutto ciò deduce serioso “Nel prossimo, insomma, dobbiamo sempre vedere anche il nemico. Non solo perché l’inimicizia abita dentro ciascuno di noi. Ma perché ciascuno di noi pur nella comune Paternità celeste è inassimilabile all’altro”.

Rileggo: nel prossimo dobbiamo sempre vedere il nemico; l’inimicizia abita dentro ciascuno di noi perché non possiamo diventare simili (uguali?) all’altro. Se non fosse scritta in un giornale di sinistra sembrerebbe lo slogan di una qualsiasi Lega Nord o uno striscione di Militia Christi. Questo articolo contiene delle affermazioni che qui non vorremmo proprio dover leggere anche se, per carità di patria, volessimo sorvolare sulla presunta "paternità celeste".

Se poi ci regaliamo un minimo di riflessione storica non è così difficile scoprire che quando i Vangeli furono scritti la Giudea del tempo era devastata da decenni di turbolenze sociali e di scontri tra gli occupanti romani e un popolo giudaico riottoso e ribelle (secondo Cassio Dione gli ebrei uccisi furono 580mila e decine di migliaia i crocefissi).

Ebbene, in tutto questo subbuglio, è noto che i pochi cristiani si astennero. Non presero parte alle ribellioni. Nonostante le molte interpretazioni attuali, che vogliono vedere nei cristiani un movimento di ribelli nazionalistici, pare proprio che non parteggiassero per il popolo di cui erano ancora, in larga parte, figli. Non combatterono, ritirandosi a Pella, in Giordania.

Intendiamoci, non condividere una rivolta contro la maggior potenza militare del mondo antico poteva avere un senso, ma è così difficile intuire che dietro la frase “ama il tuo nemico” c’è un esplicito invito politico a non aderire alla guerra, piuttosto che una riflessione teologico-filosofica sull’essere umano?

Si dice che le gerarchie abbiano poi tradito il messaggio evangelico delle origini. In realtà quel messaggio sembra essere stato legato ad una contingenza storica. Finita quella contingenza finì anche la valenza del messaggio, cosa che i primi cristiani dimostrarono di aver compreso molto bene, comportandosi di conseguenza.

Infatti, terminati gli sconvolgimenti e gli scontri con le legioni romane, cominciarono a fare a pezzi i loro nemici dimostrando ampiamente che cosa intendevano sul serio per "amore". Cominciarono ad assaltare e bruciare le chiese delle correnti avverse, massacrandosi a vicenda e accusandosi l'un l'altro di eresia. E, agguantato il potere, a devastare le sinagoghe e i templi, massacrando ebrei e pagani. Ci siamo dimenticati di Ipazia? 

Allora la frase cristiana contiene una assoluta ‘non-novità’ (ama il prossimo tuo) e un proclama politico (ama il tuo nemico) che a loro volta contengono una clamorosa ipocrisia.

In fondo la verità se l’è fatta sfuggire proprio l’articolista: in ogni ‘prossimo’ c’è un nemico e in ognuno di noi c’è ostilità per l’altro. E’ la vera mentalità cristiana, non la verità umana.

Non a caso il dogma di antica origine patristica è “Extra Ecclesiam nulla salus”, non c’è salvezza fuori dalla comunità cristiana. Chi non è degno di salvezza non ha dignità umana perché vive da sempre nel peccato di Adamo. L'altro da sé, per il cristiano, non è un essere umano. Quindi l'amore cristiano è definibile come ipocrisia.

Ancora.

In un libro molto interessante, Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo di Maurizio Ghiretti, leggo “I maestri del giudaismo rifiutavano il concetto di peccato originale (una concezione di origine orfica) e di conseguenza la teologia della redenzione, la quale era costruita proprio sul concetto di peccato assoluto che, secondo Paolo, solo il sacrificio di un dio fatto uomo avrebbe cancellato”.

Il peccato originale pretende l’incarnazione che significa passione, morte e resurrezione del dio fattosi uomo; un gran circo barnum finalizzato alla redenzione. Necessaria perché ogni uomo nasce peccatore, affermazione dimostrata dal fatto che dio in persona si è incarnato per redimerlo. La logica cristiana è quella di un cane che si morde la coda.

E chi ritiene di essersi "salvato" grazie al battesimo che ripulisce della colpa originaria, non può far altro che vedere nell’altro, nel non battezzato, lo stesso orrore che immaginava in sé. C’è da stupirsi se poi vedono in ogni "prossimo" un nemico?

Meno di settant’anni fa sei milioni di ebrei - nella cui tradizione culturale non esisteva un'idea di colpa originaria nell’essere umano - sono finiti nelle camere a gas grazie ai volonterosi carnefici di Hitler. E' plausibile pensare che la loro cultura fosse "inassimilabile" per il pensiero dominante, fondato sull'ideologia cristiana?

E se i nuovi cristiani di Alemanno e Maroni volesso riprovarci con i nuovi immigrati di origine islamica la cui cultura rifiuta, anch’essa, l’idea di un peccato originale?

Il ritornello cristiano fu riassunto con chiarezza da uno scrittore inglese di non travolgente successo, Gilbert Keith Chesterton: "Se vogliamo sradicare crudeltà innate o risollevare popolazioni disperate, non possiamo farlo con la teoria scientifica secondo cui la materia precede lo spirito, ma con la teoria sovrannaturale secondo cui lo spirito precede la materia". Fantasioso (o demenziale, se preferite).

Oggi, di nuovo, torniamo a sentire la solita vecchia esaltazione della cultura cristiana, che in realtà è violenta verso l’essere umano proprio nei i suoi elementi fondanti. E la leggiamo anche su l'Unità.

Ma per fortuna (o per un colpo di genio) la testata - l’ultimo dei mohicani dei quotidiani di sinistra - ha da poco concordato un abbinamento con il settimanale left che si avvale della collaborazione e delle basi teoriche di Massimo Fagioli. Lo psichiatra afferma, con assoluta determinazione, che l’essere umano nasce "sano"; senza colpe o carenze, senza macchie o perversioni. Afferma che l’altro da sé non è mai, a priori, un proprio nemico perché negli esseri umani non c’è mai, in origine, ostilità verso l’altro. E propone l'idea assolutamente innovativa che lo psichico derivi dalla materia biologica umana (cioè che la materia precede lo "spirito").

Perciò sembra che l'incontro tra il glorioso quotidiano della sinistra e la nuova cultura, espressa dal giovane settimanale nelle sue fondamentali basi teoriche, possa preludere ad uno scambio che potrebbe essere fruttuoso e fecondo dal momento che "l’altro" può non essere sempre un nemico. Può essere un amico o, udite udite, perfino un amante.

Qualsiasi cosa ne pensino il Vaticano e i suoi nuovi parabolani che con l'altro da sé non hanno mai avuto un gran bel rapporto.

Le immagini sono tratte dal film "Ipazia", dalla pagina facebook di left e da Google.

La foto del prelato nazionalsocialista è il ritratto di Alois Hudal, conosciuto come uno dei principali artefici vaticani della via di fuga (ratline = via dei ratti) verso il Sudamerica dei gerarchi nazisti, fra cui i comandanti dei campi di sterminio di Treblinka e di Sobibor, di Adolf Eichmann e altri. A proposito delle connivenze fra Chiesa e militari golpisti sudamericani ricordo anche il mio articolo Desaparecidos: la Chiesa sapeva e taceva.


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