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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.187) 28 agosto 2014 11:40

    L’obiettivo più visibile dell’articolo è di limitare i danni derivanti dal fatto che il colpo di stato di Kiev (pilotato dagli USA e appoggiato dalla UE: ricordiamolo) ha portato al potere personaggi e organizzazioni di matrice nazifascista.

    La trovata è quella classica: se il governo di Kiev è marcatamente inquinato da elementi nazifascisti e ultranazionalisti lo è anche il gruppo dirigente della Repubblica Popolare di Donetsk.

    Ovviamente si evita di pesare l’entità di tale inquinamento nell’uno e nell’altro contesto: ai fini della propaganda basta che tra gli istituti degli avversari ve ne sia traccia per "dimostrare" che anche loro ne sono inquinati e che dunque non sono legittimati ad usare questo argomento. Il nucleo di questa trovata propagandistica si potrebbe sintetizzare nel principio:

    "Nessuno è indenne da [...], dunque nessuno può accusare l’altro di essere contaminato da [...]".

    Al posto dei puntini, in questo caso, va messo "influenze nazifasciste", ma questo espediente è usatissimo, ad esempio, dalla propaganda "sionista" che, al posto dei puntini, solitamente mette "crimini contro l’umanità".

    Quale sia il trucco è facilmente rilevabile: si omette di "pesare" la sia la misura che la circostanza della contaminazione. In sostanza si fa entrare nella discussione su fatti reali un ideale di "purezza" che non appartiene al reale, ottenendo lo scopo di falsificare ogni argomentazione.

    L’altro obiettivo è quello di degradare l’immagine della Sinistra, rappresentandola come ipocrita portatrice di motivazioni contraddittorie rispetto ai suoi principi. E anche questo è un gran classico della propaganda "sionista": poiché è sempre possibile dubitare delle reali intenzioni di qualcuno, è sempre possibile attribuirgli delle intenzioni che falsifichino le sue argomentazioni. Anche in questo caso, per "dimostrare" che le reali motivazioni della Sinistra sono diverse da quelle dichiarate, si può far ricorso all’applicazione di quell’ideale di Purezza al quale nessuno può controbattere. In questo caso si "dimostra" che la Sinistra è fascista.

    Infine, il maggiore degli obiettivi che si pone questo articolo di vera disinformazione: oscurare la causa prima della attuale crisi ucraina.

    Non vi è dubbio, infatti, che la secessione della Crimea e la lotta indipendentista delle regioni dell’est Ucraina, a maggioranza russofone, sono state determinate dal fatto che il colpo di stato che ha rovesciato le legittime istituzioni ucraine ha portato al potere forze politiche non solo filo-occidentali, come accadde con la rivoluzione arancione nel 2004, ma ideologicamente e ferocemente antirusse.

    Quella che si vuole nascondere con questo articolo è primariamente la responsabilità degli Stati Uniti e dei loro servi europei nell’avere scientemente determinato la tragedia della distruzione dell’integrità sociale e politica dell’Ucraina. Un vero e proprio crimine contro l’Umanità e contro la pace mondiale.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.187) 23 agosto 2014 15:54

    << C’è uno scompenso psichico nel sostenere senza la minima argomentazione credibile le cose scritte. Come anche quello che la "Grande Israele" possa avere le dimensioni indicate nell’articolo.>>

    Occorre premettere che intorno al progetto di ricostituire la Grande Israele biblica c’è grande riservatezza.

    E’ ovvio, infatti, che dichiarare pubblicamente di perseguire questo progetto sarebbe radicalmente contraddittorio rispetto alla dichiarata volontà di pervenire alla pace con i palestinesi sulla base della soluzione dei due Stati per due popoli.

    Va detto, perché è un dato di fatto, che le trattative sulla base di questa soluzione in mezzo secolo di colloqui, tra alti e bassi, finora ha solo prodotto un aumento costante della colonizzazione ebraica dei Territori Occupati e un costante restringimento degli spazi fisici a disposizione dell’ormai improbabile futuro Stato palestinese.

    Una menzogna lunga almeno mezzo secolo, dunque, per nascondere un fine inconfessabile. Salvo per tre personaggi della politica israeliana.

    Ma, nonostante la comprensibile riservatezza, il sogno della "Grande Israele" esiste ed è presente come fine ultimo ai massimi livelli del sionismo contemporaneo.

    Ehud Olmert, primo ministro israeliano dal 2006 al 2009, è stato il politico più estroverso sull’argomento:

    "porterò sempre nel cuore il sogno della Grande Israele, tuttavia i desideri non costituiscono un programma politico. Con gli occhi pieni di lacrime, dobbiamo lasciare quegli insediamenti dispersi nei territori che mettono in pericolo una maggioranza ebraica nel nostro Stato. Conserveremo le aree principali". [Ehud Olmert - maggio 2006 - Knesset]
    http://www.corriere.it/Primo_Piano/...

    E’ interessante ricordare che l’estroverso Olmert si lasciò "sfuggire" anche la conferma del segreto di pulcinella: che Israele è in possesso di armi atomiche.
    Un segreto di Pulcinella, certo, ma pervicacemente negato per decenni: Vanunu lo sa bene. 
    E questo rivela che su certi argomenti può essere emanata una ferrea e generalizzata consegna del silenzio, anche contro l’evidenza.

    Ho citato Olmert perché è forse l’unico rappresentante di alto livello del sionismo attuale ad aver parlato fuori dai denti di qualcosa che, comunque, più che dalle dichiarazioni è confermato dai comportamenti e dai fatti.
    Olmert non ha avuto fortuna: è stato sbalzato dalla carica da un provvidenziale scandalo venuto da oltreoceano. Sharon, prima di lui, è stato colpito da un provvidenziale ictus proprio mentre si accingeva ad organizzare il ritiro delle colonie dalla WB. E prima ancora il provvidenziale gesto omicida di un estremista ebreo mise fuori causa Rabin e l’attuazione del ritiro a cui stava lavorando.

    Quanto all’estensione territoriale della Grande Israele è tuttora materia di discussione tra teologi.
    Può avere qualche indicazione qui:
    http://www.ahavat-israel.com/eretz/...

    Va aggiunto però che il progetto di tipo "Sangue e Suolo" che è la Grande Israele non è affatto di massa, è invece una realtà di elite: una cosa da Savi di Sion o, meglio: da nuovi zeloti.

    La grande maggioranza degli ebrei israeliani, infatti, è sempre stata orientata ad accettare il ritiro dai Territori Occupati e la soluzione a due Stati in cambio della pace.

    Tralasciando il grande seguito che ebbe Rabin, basti ricordare che quando Ariel Sharon volle liberarsi dai lacci del Likud per dare attuazione al ritiro e fondò Kadima, nonostante fosse già fuori causa, colpito dal citato provvidenziale ictus, il suo partito divenne il primo partito israeliano.

    Dovrebbe informarsi meglio prima di emanare le sue fatawa.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 13 agosto 2014 21:11

    Sembra una cosa da pazzi, vero? Eppure vi sono una quantità di elementi che rendono questa ipotesi la più fondata tra quante se ne possono fare su ciò che avviene, e non da oggi, in Medio Oriente.

    Ma in effetti lei ha ragione: c’è della pazzia in chi persegue il progetto della Grande Israele, e anche in chi sostiene quelli che lo perseguono c’è della pazzia.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 10 agosto 2014 13:23

    Se l’idea liberale si può condensare nell’obiettivo di limitare al minimo indispensabile l’ingerenza dello Stato nella sfera delle libertà individuali, allora la crisi che lei descrive non riguarda propriamente il modello liberale. Riguarda invece la determinazione di ciò che è indispensabile attribuire alla competenza dello Stato togliendolo alla sfera delle libertà individuali.

    In altri termini il liberalismo riconosce allo Stato il diritto di limitare la sfera delle libertà individuali nella misura strettamente indispensabile per la stessa utilità dell’individuo.

    Il rapporto tra la dimensione collettiva e quella individuale viene quindi a configurarsi come un rapporto dialettico il cui equilibrio varia in funzione delle circostanze e con il fine di garantire al massimo grado la libertà dell’individuo.

    Un liberale, ad esempio, non considera il pagamento delle imposte come un furto che lo Stato compie a danno della sua proprietà; non considera la Legge e i regolamenti come una insopportabile menomazione alle sue libertà personali. Le considera come limitazioni necessarie, come devoluzioni volontarie e indispensabili per il godimento delle sue stesse libertà individuali.

    Il Liberalismo quindi non stabilisce in termini assoluti i confini delle libertà individuali, questo invece è ciò che fa quella sua degenerazione in campo economico chiamata Liberismo.
    In campo economico il Liberalismo attribuisce un valore alla libertà individuale nella misura in cui questa contribuisce a creare un sistema efficiente per la produzione di ricchezza e di benessere che è collettivamente vantaggioso. Il Liberismo invece stabilisce un diritto assoluto di proprietà della ricchezza in capo all’individuo, a prescindere da ogni considerazione sulla sua utilità collettiva.
    Se il Liberalismo si situa dialetticamente tra due assolutismi: statalismo e individualismo, il liberismo è la implementazione in campo economico del secondo.

    E’ questa concezione assolutista ad essere entrata tanto più in crisi quanto più i suoi effetti deleteri si sono manifestati in modo sempre più evidente anche nella sfera delle libertà individuali.
    L’anarchia finanziaria, tra paradisi offshore e deregolamentazione, ha prodotto un sistema di smodata creazione di ricchezza virtuale e di concentrazione di potere in poche mani tale da deprimere l’economia reale e sopraffare qualsiasi potere statale o sovrastatale.
    Questo sistema non assomiglia più a quello che, in un quadro di valori liberali, vede la libertà di impresa e il diritto alla proprietà privata come strumenti per la creazione di ricchezza e dunque di utilità collettiva e individuale.

    La soluzione liberale a questo problema dovrebbe essere quella di riportare allo Stato parte di quelle attribuzioni alla sfera individuale che hanno causato il disequilibrio attuale. Come farlo è un altro discorso.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 8 agosto 2014 00:35

    Ottimo articolo.
    Comunque, a mio parere, i fallimenti di Padoan, puntualmente elencati nell’articolo, non sono dovuti tanto alla sua incompetenza professionale quanto al fatto che la professione dell’economista, specie se di governo, è cambiata. Oggi consiste prevalentemente nel tentare di produrre profezie autoavverantesi. E questo è in linea con il nuovo contesto determinato dalla virtualizzazione della finanza e dell’economia.

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