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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 12 dicembre 2017 10:37

    Concordo con il contenuto dell’articolo e anche con la scelta espressiva della scrittura.
    Vorrei solo aggiungere qualche nota in merito al cosiddetto "Russiagate".
    Ad un osservatore minimamente informato questa campagna appare ridicola, infondata, pretestuosa.
    Che la Russia desideri orientare a suo vantaggio l’opinione pubblica occidentale è credibile: quale Paese non vorrebbe promuovere i suoi interessi e la sua immagine anche tramite i canali mediatici, compresi i social media come Facebook e Twitter? E quanti NON lo fanno? Lo fanno TUTTI, ed è lecito farlo.
    E questa è la componente FONDATA ed ESPLICITA, della campagna: la Russia, per quanto possibile, usa i canali mediatici per difendere la sua immagine e i suoi interessi presso le opinioni pubbliche di altri Paesi.

    Se lo scopo della campagna Russiagate fosse solo affermare questa ovvietà non avrebbe molto senso, ma a questa si aggiunge una seconda componente, implicita e inespressa: la Russia è un paese ostile.
    Questa componente sfrutta ciò che rimane nella memoria storica dell’opinione pubblica occidentale riguardo ai rapporti con l’URSS, di cui la Federazione Russa attuale era parte fondamentale, evocando il fantasma della Guerra Fredda.
    E questa è la componente INFONDATA e IMPLICITA della campagna, giacché la Russia odierna non è più, e da quasi 30 anni, un Paese comunista.

    Il marchingegno comunicativo chiamato Russiagate consiste quindi di una componente fondata e di una infondata, con la prima finalizzata a travasare la propria fondatezza alla seconda, con ciò rendendo verosimili entrambe e l’intero messaggio.
    E’ facile, infatti, rintuzzare le critiche al Russiagate dimostrando (e basta anche un singolo episodio) che la Russia ha diffuso messaggi a sé favorevoli attraverso i canali mediatici occidentali. Ed è difficile invece, essendo inespressa, disgiungere da questa la componente infondata.
    Questo tipo di marchingegni comunicativi in genere sono prodotti da reparti specializzati nella cosiddetta "Guerra Psicologica", e rientrano nella categoria delle Psychological Operations (PSYOP) https://tinyurl.com/aaobphz

    Tuttavia, la semplice propagazione del messaggio non basterebbe a dargli sufficiente forza di penetrazione, occorre che mass media, intellettuali, politici, lo certifichino come credibile, che lo rilancino, che ne facciano argomento di discussione e motivo di scelte politiche, di accertamenti, di indagini, di inchieste.

    E per indurre mass media, politici, intellettuali a farlo non basta l’efficacia intrinseca del messaggio, che in sé è poca cosa, che sarebbe facile per una persona informata vanificare, occorre un potere reale di influenza che li obblighi a farlo.
    E se si considera che la campagna Russiagate investe l’intero mondo occidentale è facile rendersi conto che deve trattarsi di un potere assai influente.

    Per questo il primo ministro Gentiloni lo prende sul serio, non perché creda davvero alla sua fondatezza. Ma di quale potere stiamo parlando?

    La campagna è partita dagli Stati Uniti, dove il potere nominale dell’esecutivo è detenuto dal Presidente Donald Trump. Da lui dipendono formalmente le centrali operative che si occupano delle PsyOp; a lui fanno capo i poteri diplomatici che potrebbero influire sui comportamenti di governi come quello di Paolo Gentiloni; è il Presidente che ha il comando dei servizi di intelligence che potrebbero influire sui mass media statunitensi e mondiali.
    Ma se Donald Trump è esso stesso vittima del Russiagate, campagna che ha originato una inchiesta che minaccia la sua presidenza, chi sta esercitando questo enorme potere?
    Dare una risposta a questa domanda è essenziale per il nostro futuro.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 29 novembre 2017 17:24

     Approssimazione usata "in senso allusivo, per suscitare certe suggestioni". O, più probabilmente, per veicolarne di sue.-
    Certo che si.
    - sembra dedurre che io sia ebreo. Ma da cosa lo deduca però non si sa. -
    Lo intuisco in base a certi indicatori, giacché esiste uno specifico culturale ebraico nel modo di rapportarsi e di elaborare il pensiero.
    Naturalmente mi riferisco all’impronta culturale, non a parametri come la religione. Ovviamente è previsto che possa sbagliarmi,
    nel qual caso mi scuso per averla eventualmente offesa. smiley

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 29 novembre 2017 15:41

    Si spacca il capello, eh? smiley
    Chi non è avvezzo al dialogo con persone di formazione culturale ebraica probabilmente non capirà di cosa parlo, ma per mia esperienza, e anche per opinione abbastanza comune, è piuttosto frequente che la discussione con un ebreo si trasformi in una accesa competizione dialettica sulla precisione di semantica e di contenuti. Si disputa allo stremo, ci si incarognisce anche, però alla fine si rimane con qualcosa in più di quanto si aveva all’inizio.
    Dunque, caro lettore, nonostante su alcune questioni la pensi in modo assai diverso rispetto a Della Pergola, sappi che litigare con lui lo trovo stimolante.
    Riguardo al punto in discussione, io che ebreo non sono (ma non è colpa mia), nella discussione tendo ad essere più approssimativo, a volte consapevolmente.
    Come in questo caso, in cui, un po’ gesuiticamente (ma non posso dirmi cristiano né tanto meno cattolico), ho usato l’approssimazione in senso allusivo, per suscitare certe suggestioni. Non raccolte, ovviamente.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 29 novembre 2017 12:27

    I più grandi produttori di fake news sono i mass media, che ne pretendono l’esclusiva.
    E per provare che questa non è essa stessa una fake new, una bufala, basta analizzare alcuni casi di scuola reali.

    Il caso forse più facile da analizzare è stata la copertura mediatica data al golpe attuato in Ucraina del 2014.

    Lo definisco "golpe", colpo di stato, perché tecnicamente e giuridicamente questa è l’unica definizione appropriata per quei fatti.
    Basta andare a rileggersi o a rivedere articoli e servizi che apparvero sui media mondiali e raccontarono quegli avvenimenti, comprese le "prestigiose" testate anglosassoni, per averne la prova certa.
    Si potrebbero citare anche altri casi, tra tutti le celeberrime campagne di opinione condotte dai mass media che giustificarono l’invasione di Afganistan e Iraq, ma il caso dell’Ucraina è ancora più chiaro e definito di quelli e, inoltre, ha il merito di avere una coda giornalistica assai recente, di pochi giorni fa.
    Qualche giorno fa, infatti, il quotidiano "Il Giornale" e la trasmissione "Matrix" riportarono la testimonianza dei cecchini georgiani che durante i tumulti di Kiev per ordine del collaboratore militare dell’ex presidente georgiano Saakashvili, spararono equanimemente sia sui dimostranti sia sulle forze di sicurezza per dare l’avvio all’assalto armato ai palazzi del potere istituzionale ucraino.
    Oggettivamente una notizia bomba, uno scoop che per le sue implicazioni avrebbe dovuto far saltare sulla sedia i direttori dei media e i leader politici europei, ma che invece non è "rimbalzata" affatto: è passata senza conseguenze apprezzabili.
    In questo caso la fake new è il silenzio.
    Per la verità la notizia non è affatto nuova giacché, nell’immediatezza dei fatti, prese a circolare in Rete la registrazione di una conversazione telefonica tra l’allora tra il ministro degli Esteri estone Urmas Paet e l’alto commissario per gli Affari Esteri della Ue Catherine Ashton https://tinyurl.com/n2qqkj8
    Nella conversazione si trattava proprio questo argomento, che anche allora venne ignorato dal circo mediatico, ma non dalla Rete. Ed è solo grazie alla Rete che la censura dei mass media può essere aggirata e i loro "autorevoli racconti" falsi e tendenziosi possono essere smascherati.

    Con questo non voglio affatto negare che in Rete si trovino anche le bufale più assurde, voglio invece affermare che la funzione informativa della Rete è di gran lunga prevalente rispetto al fastidio per le notizie false che vi circolano. Peraltro generalmente prodotte da soggetti che non hanno nemmeno lontanamente la credibilità dei mass media ufficiali.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 29 novembre 2017 11:36

    Buon articolo di Giannuli, che condivido interamente, salvo per un aspetto, e cioè che il ragionamento poggia su una sola ipotesi principale: che i dirigenti indipendentisti catalani siano imbecilli.

    In parte sarà pure vero che per inadeguatezza intellettuale alcuni di loro non abbiano saputo prevedere le ovvie conseguenze dei loro atti, dubito però che l’intero gruppo dirigente indipendentista non abbia saputo prevederle. 

    Può accadere anche ai leader più avveduti e preparati di fare scelte avventate, ma se essi non sono al vertice di una gerarchia ferrea, e Puigdemont non è un dictator, difficilmente riescono ad imporle senza un contraddittorio interno al gruppo dirigente. Cosa che non sembra essersi verificata.

    Per questo suggerirei di considerare una ipotesi alternativa a quella dell’imbecillità per spiegare le scelte suicide degli indipendentisti catalani. E l’ipotesi alternativa più probabile mi sembra questa: Puigdemont e i suoi si aspettavano di ricevere un robusto e decisivo supporto esterno per battere le prevedibili resistenze del governo spagnolo al distacco della Catalogna. Supporto che però, alla prova dei fatti, o è mancato, o è stato insufficiente, o è stato ritirato per motivi contingenti.

    Questi articoli forniscono qualche traccia per ulteriori ricerche:
    https://tinyurl.com/y8fam9pe
    https://tinyurl.com/y932uchu
    https://tinyurl.com/y92xnnth

    In generale, salvo l’ovvio supporto ideale di Paesi in cui esiste un contenzioso per l’indipendenza, come la Scozia; di movimenti anti-globalizzazione, come quello capeggiato da Julian Assange; di quelli separatisti nei vari Paesi europei: tutti soggetti però incapaci di esercitare una sufficiente influenza politica, i leader indipendentisti catalani potevano contare su un solo Paese per sperare di ottenere sia il necessario riconoscimento internazionale, sia i mezzi per staccarsi dalla Spagna.

    In tal caso, più che imbecilli, Puigdemont e i suoi sono stati avventati, giocando d’azzardo.

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