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I calzini turchesi di Mesiano e le cravatte rosa di Fini e Vespa: messaggi subliminali?

In settori come la politica, la presenza di colori dominanti è pratica normale. Il diverso colore, identifica la diversa ideologia. Ma forse, va oltre.
 
Avete mai pensato che, proprio attraverso l’esposizione di un colore, si possano dettare ordini o inviare messaggi leggibili solo da chi a sua volta ne conosce il mistero? Riuscite ad immaginare una sentenza di morte o l’allontanamento di qualche personaggio politico dal palcoscenico pubblico, comunicati attraverso l’esposizione di un colore e poi veicolata attraverso l’immagine proposta via strumenti mediatici?
 
Sembra la trama di un film di spionaggio, eppure da tempo c’è chi studia questi possibili mezzi di comunicazione. Via di mezzo fra segreti massonici, esoterismo e comunicazione che trascende la parola.
 
I calzini turchesi del Giudice Mesiano, sono già una traccia nella storia. Che il Giudice volesse comunicare qualcosa attraverso il colore delle proprie calze è al di sotto del dubbio. Ma nell’immaginario collettivo, quei calzini turchesi sono divenuti un simbolo. Un mezzo per trasmettere un credo, un’idea, un’opinione. Sono divenuti un vessillo. Di cui, con molta probabilità, si continuerà a discorrere pur senza rendersi conto di aver creato un simbolismo.
 
Mesiano indosserà ancora quei calzini, e forse non sarà del tutto consapevole di ciò che involontariamente ha impresso nella nostra storia.
 
Un’altro particolare, legato – volontariamente o meno – al colore rosa. Il Ministro Fini indossa spesso ultimamente una incredibile cravatta rosa confetto. La stessa che il giornalista Bruno Vespa indossa durante la sua trasmissione in seconda serata: “Porta a porta”.
 
Mi sono chiesta se questo colore - inusitato in realtà per un indumento prettamente maschile - potesse nascondere qualcosa. Senza voler peraltro, scadere in un concetto cospirazionista.
 
L’unico fantasioso motivo, lo potrei riportare all’interno della loggia massonica dei Rosa Croce, a metà fra leggenda e realtà. Una massoneria antica ed oggi poco rintracciabile, ma che proprio per questo motivo è coerentemente possibile e reale. Una realtà riconducibile al XV secolo che porta come simbolo una croce ed una rosa rossa. Ma la rosa appunto è rossa, e bisognerebbe rappresentare la rosa non più come fiore ma come colore.
 
Secondo una delle leggende che ruotano intorno a quest’ordine segretissimo, il nome Rosa Croce deriva dal fondatore, il pellegrino tedesco Christian Rosenkreutz, che dopo un lungo pellegrinaggio in Terra Santa ed a Damasco, ove scoprì le regole dell’occultismo, tornò in Germania ed ebbe l’idea di trasmettere le conoscenze acquisite ad un piccolo gruppo di adepti.
 
Ecco quindi che l’eventualità di una connessione fra le cravatte rosa sopra citate e l’organizzazione dei Rosa Croce, crollerebbe disastrosamente. Non tutto ciò che appare, in definitiva, è motivo di riflessione e ricongiungimento ad altre realtà più o meno occulte. Spesso anzi, nella semplicità estrema esistono alcune oscure realtà.
 
C’è peraltro un convincimento per cui si pensa che, tutto ciò che è “segreto” lo sia persino quando se ne parla troppo, vedi servizi segreti o Massoneria alla P2. Invece, sarebbe necessario proprio ripensare il modo di intendere un fatto “segreto”: lo sarà finché pochi o quasi nessuno ne sono a conoscenza. Il resto rimane propaganda spicciola.
 
A questo punto, sfatato ogni possibile dubbio che una cravatta rosa ed un paio di calzini turchesi possano essere verosimilmente segnale di appartenenza ad un qualcosa di misterioso, appropriamoci della capacità di gestire i segnali colorati come ulteriore mezzo di trasmissione e comunicazione. Una sorta di gioco a chi riesce ad individuare e decriptare – attraverso l’osservazione dell’utilizzo dei colori stessi – un più alto numero di messaggi subliminali.
 
Una chiave di lettura che definisce in maniera più approfondita ogni percezione esterna al nostro essere, per metter in grado ognuno, di leggere i propri simbolismi.
 
Il bianco, espressione di purezza. Ed il nero, anteposto. Bene e male, identificati – dall’uomo – attraverso l’utilizzo di colori. O non colori, come il bianco.
 
E ci sono il colore verde della Lega nord. Ma anche il verde del regime di Gheddafi in Libia. Il colore rosso del Comunismo, ed il nero della Destra. L’azzurro dei Liberali.
 
Ed anche nello sport, la maglia rosa del ciclista vincitore ed il colore azzurro delle squadre nazionali Italiane.
 
I colori contraddistinguono pensieri, tendenze, appartenenza. Attraverso l’esposizione di un simbolo e di un colore, immediatamente è possibile recuperare una serie incredibile di informazioni sulla persona che lo espone, identificandolo nettamente per tendenza politica, appartenenza ad una organizzazione o per affinità con una campagna di sensibilizzazione: ne sono un esempio i vari “fiocchi” esposti in bella mostra sui baveri delle giacche ora per la lotta contro il cancro, ora per combattere una qualche forma di violenza.
 
Gli stessi colori – o non colori, come il bianco – tracciano percorsi di morte. Rosso, come il sangue. Ma anche bianco come le morti sul lavoro o i morti ammazzati di lupara, cellule umane coese alla mafia solo per identico DNA.
 
Viviamo immersi in una lunga serie di simbolismi misti a colori, non sempre conosciuti ai più. Ma che evidenziano a chi “sa,” l’appartenenza ad un qualcosa.
 
Simbolismi che nel presente sono eredità di un passato remoto, quando la realtà si plasmava a pennello alla magia, all’incredibile, al trascendente.
 
Viviamo la percezione del colore come frequenza sensoriale. Un mondo in bianco e nero, renderebbe tutti come lobotomizzati. I colori posseggono frequenze magnetiche. Impossibile immaginare di vivere senza.
 
E con i colori, è possibile immaginare una serie di messaggi. A volte palesi. Altri trasversali. I colori sono – verosimilmente – mezzo esasperato di comunicazione. Occulta nelle fondamenta di chi crea il messaggio stesso. Eppure assimilabile da tutti. Inconsciamente.
 
Se fate caso alle campagne pubblicitarie che vengono proposte in televisione, uno dei colori dominanti e sempre presente è il Rosso. Colore di passione, energia, forza. Un messaggio subliminale che rafforza il messaggio comunicativo. Filo conduttore di una tempesta di informazioni che debbono – nell’idea di chi li produce – imprimersi a lettere di fuoco in un qualche comparto della mente umana. Fino a renderlo incancellabile.
 
Un mondo in bianco e nero è inimmaginabile. Così come lo è un mondo senza messaggi incalzanti. Siamo vittime dell’evoluzione umana. Risultato dell’emancipazione intesa come contenitori di idee, immagini ed oggetti. Scatole emozionali ma senza emozioni.

Forse nel bianco e nel nero assoluti, potremmo ritrovare una qualche traccia di umanità.
 

Commenti all'articolo

  • Di Tamme (---.---.---.34) 28 ottobre 2009 10:13

    Ma dico io, possibile che in Italia si debba vedere sempre oltre le cose, e non per quelle che sono. Lo sport italiano per eccellenza non è il calcio, bensì pensare ed immaginare chissà quali intrighi ci debbano essere per ogni avvenimento. I vari Dan Brown si fanno i soldi inventando intrighi surreali, ma noi italiani siamo sempre pronti ad imboccarci l’inverosimile.

  • Di (---.---.---.127) 28 ottobre 2009 10:22

    Salve.

    E’ esattamente ciò che esorto a riflettere attraverso questo articolo.

    La riporto a leggere un passo: "Non tutto ciò che appare, in definitiva, è motivo di riflessione e ricongiungimento ad altre realtà più o meno occulte. Spesso anzi, nella semplicità estrema esistono alcune oscure realtà".

    Un caro saluto
    Emilia Urso Anfuso

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