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Credenti e non credenti: dove porta il dialogo Scalfari-Bergoglio (terza parte)

Qui la prima parte dove si raccontava degli amorosi sensi fra l'illuministica antropologia di Eugenio Scalfari e la condiscendenza (un po' melensa) del Papa nuovo, con gli interventi suadenti del priore di Bose e l'acume dialettico del teologo Vito Mancuso, tutti in forbita tenzone a ricercar quale può essere oggi, se mai esistesse ancora, "la differenza fra credenti e non credenti".

Qui invece la seconda parte dove si parlava del deficit di intelligenza che affligge il cristianesimo fin dalle sue origini e dell'ipotesi che il misticismo cristiano - spinto verso l'oriente buddista e induista - possa risolvere la sostanziale riduzione del cristianesimo ad un insieme di credenze buone solo per chi abbia rinunciato a pensare.

Terzo scenario: il cristianesimo è giunto alla fine. Ma anche all'inizio.

“La porta d'ingresso - ci racconta Roberto Esposito nella sua recensione a "Oltre il cristianesimo", l'ultima fatica di Marco Vannini, il maggior studioso italiano di mistica - è costituita dall'opera del grande mistico medioevale Meister Eckhart, situato all'origine di una tradizione che comprende non soltanto autori di ispirazione spirituale (...) ma anche filosofi irreligiosi e perfino atei come Spinoza, Schopenhauer e Nietzsche. Cosa è che li collega, pur nella assoluta distanza?

Qual è il punto di raccordo, e certo di tensione, tra mistica e ateismo nel comune contrasto con il lessico teologico-politico del pensiero cristiano? La figura decisiva di questo problematico nesso, intorno alla quale ruota l'intera ricerca di Vannini, è rappresentata dal distacco".

"Solo distaccandosi da se stesso - continua Esposito - l'uomo può aprire lo spazio vuoto entro il quale accogliere Dio, fino a fare tutt'uno con lui (...) Solo nella sua assenza Dio può mostrarsi senza indossare la maschera dell'idolo. E solo così il fondo dell'anima può identificarsi con il fondo di Dio. È il punto estremo in cui l'assoluta trascendenza viene a coincidere con l'assoluta immanenza...”.

Distacco che va inteso come "svuotamento dell’anima da tutti i contenuti che derivano dall’io, cioè dall’attività della creatura, che in modo del tutto illusorio può produrre alcunché di simile al divino, dal momento che è un puro nulla, al confronto del tutto di Dio".

Ma Vannini - nella sua introduzione a La religione della ragione - chiarisce un punto molto importante della sua riflessione: “Questo libro nasce dall’idea che il cristianesimo sia per un certo verso alla fine, ma per un altro al suo inizio. Sia alla fine in quanto religione tradizionale (...) ma all’inizio in quanto religione vera perché vera filosofia”.

Perché, scrive, “mistico non è affatto il misterico, misterioso, esoterico - in ultima analisi mistificatorio - bensì il razionale puro, il logico pienamente dispiegato, ben oltre la povertà del ragionare condizionato da un fine - ovvero da un legame, da una passione. Questo spiega perché il mistico appartenga in proprio alla sfera religiosa, ove per essa si intenda il muoversi verso l’Assoluto, distaccandosi quindi da ogni finito e, insieme, a quella della filosofia, ove per essa si intenda la medesima cosa, secondo il senso classico della parola”.

Non sono sicuro che abbiano sposato il razionalismo puro, perdendo ogni passione, quei mistici - da Meister Eckhart a Margherita Porete, da Etty Hillesum a Simone Weil - le cui biografie strazianti lasciano senza parole per l'eroico rigore, la determinazione, l'inflessibile onestà senza compromessi, per un senso etico - così profondamente travolgente - quasi inimmaginabile che tanto spesso li ha portati a rischiare e non poche volte a perdere la vita (e anche l'unico mistico islamico ritenuto tale da Vannini - il maestro sufi Ibn Mansūr al Hallaj - fece una morte a dir poco atroce).

Ma per lo studioso toscano il mondo apparentemente contrapposto di Religione e Ragione trova alla fine la sua composizione: è qui che religione e filosofia gettano la maschera ed ammettono finalmente di essere la stessa cosa.

E benché "la filosofia sia stata critica della religione, giacché, in quanto esercizio della libera ragione, che non ammette autorità superiore, la filosofia ebbe - si può dire - quasi come primo compito quello di combattere il mito e la superstizione" è però evidente - continua Vannini nel testo citato - che "la filosofia non era affatto atea o irreligiosa; anzi, al contrario combatteva contro le falsità mitologiche in nome di un concetto più puro ed elevato di Dio. Il vertice della filosofia greca, con Platone, è profondamente religioso".

Per gli uomini che vogliono conservare le passioni e i legami, che il loro corpo e la loro psiche - caratteristiche umane - impongono, ma senza uscire dall'ambito religioso, non resterebbero dunque che due strade, così simili fra loro da essere distinguibili quasi solo per motivi storici: ebraismo ed islam, là dove l'alterità di Dio lascia alla materia una sua esistenza reale, riconosciuta e non demonizzata.

Ma, a parte la digressione su Corano e Torah, se riprendiamo la logica del discorso che abbiamo seguito fin qui, si apre davvero, alla visione esterefatta dell’osservatore, la magnifica sorte e progressiva (sic) dell'antico confine tra atei e credenti che si sgretola, ruotando di 90 gradi su se stesso come il rottame della Costa Concordia, mettendosi in verticale a dividere adesso i dogmatici incapaci di dialogo (religiosi ed atei) dai laici aperti al dialogo (atei e religiosi). Come suggerivano Vito Mancuso ed altri.

Per affermare in realtà che i confini non hanno più alcuna ragion d’essere perché i dogmatici sono inutili vestigia di un passato conflittuale (sia laico che religioso) - "Il confronto fede ragione intorno alle “dimostrazioni” dell’esistenza di Dio, non riveste più alcun interesse" dice oggi Cacciari - e perché esiste in realtà un solo mondo, onnicomprensivo, onniscente e onnipotente che è quello dello Spirito puro. Dell’Assoluto che è lògos ma che è anche Dio; che è religione ma anche razionalità pura.

E mostrando così quanto era rimasto nascosto sotto la superficie - proprio come il rottame melmoso della nave disastrata, ora finalmente visibile - che già Agostino aveva scritto e che oggi Vannini rivendica come propria tesi: "La vera filosofia è la vera religione e la vera religione è la vera filosofia. E il cristianesimo è la vera filosofia e perciò il cristianesimo è la vera religione".

Insomma, il dialogo sollecitato da Scalfari l'illuminista a cui Bergoglio Papa ha voluto rispondere "all'invito che vi ho scorto di fare un tratto di strada insieme", porta inesorabilmente oltre.

Verso quella che sembra un’operazione culturale di portata storica, tendente non solo a cancellare ogni differenza tra pensiero laico e pensiero religioso, e con esso a cancellare il confine tra credenti e non credenti, ma anche a chiarire che il pensiero che noi credevamo "laico" - quello filosofico di origine greca o illuminista - in realtà non era laico per niente.

Il problema quindi non è la tradizione cattolica - che fa il suo gioco - ma l'inconsistente cultura del laicismo illuminista – valido solo fin che si parla di affrontare la natura non umana - che non spiega affatto come dalla scalfariana "bestia" originale si formi poi la "mente riflessiva", lasciando evidentemente il neonato in uno stato di sostanziale non-umanità.

La conseguenza ovvia è che non contrasta affatto l'ideologia religiosa e, d'altra parte, apre la porta a proposte deliranti come quelle di estendere l'aborto anche ai neonati considerati "non-persone" alla stregua dei feti.

Evidentemente ci vuole altro se non vogliamo finire tutti genuflessi davanti al mistico nulla.

Ma forse dovremmo essere grati proprio a quello che sta succedendo, che ci permette finalmente di svelare un inganno storico che ci accecava. Perché, come si sa, di notte tutte le vacche sono nere.

 

(continua qui

 

 

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.4) 26 settembre 2013 00:11

    Commento telegraficamente per non incappare nei suoi strali.

    << Distacco che va inteso come "svuotamento dell’anima da tutti i contenuti che derivano dall’io, cioè dall’attività della creatura, che in modo del tutto illusorio può produrre alcunché di simile al divino, dal momento che è un puro nulla, al confronto del tutto di Dio". >>

    E’ esattamente il contrario: solo recuperando la genuina essenza del proprio Io, liberato dai gravami del futile, si può sperimentare l’unione con l’Uno. L’Io non è affatto "puro nulla", al contrario: essendone parte è il nesso con l’Uno (o con dio, per chi è credente).

    Gesù definirebbe questo processo: diventare come bambini.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.27) 26 settembre 2013 08:59
      Fabio Della Pergola

      Come avrà visto non è una mia affermazione, ma il link rimanda al manuale on line di storia della filosofia dell’Università di Siena.
      Affermazioni simili si trovano comunque anche in Vannini. Lo svuotamento dell’anima è inteso come il totale "distacco" da tutto ciò che è egoico, che appartiene all’ego, corporeo o psichico; quindi solo nella "morte dell’anima" si può trovare il puro spirito. Dire che questa è la "genuina essenza del proprio io" e che sia diventare come bambini presuppone che "anima" corrisponda alla "mente riflessiva", ma così non è.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.38) 26 settembre 2013 19:40

      << Come avrà visto non è una mia affermazione, ma il link rimanda al manuale on line di storia della filosofia dell’Università di Siena.
      Affermazioni simili si trovano comunque anche in Vannini. Lo svuotamento dell’anima è inteso come il totale "distacco" da tutto ciò che è egoico, che appartiene all’ego, corporeo o psichico; quindi solo nella "morte dell’anima" si può trovare il puro spirito. Dire che questa è la "genuina essenza del proprio io" e che sia diventare come bambini presuppone che "anima" corrisponda alla "mente riflessiva", ma così non è.>>

      La mia osservazione va valutata nel quadro posto dall’ipotesi che esista un "antico confine tra atei e credenti che si sgretola", che mi sembra indichi il senso generale della ricerca che lei ha proposto.

      Da ateo non posso accogliere concetti definiti nell’ambito religioso come "anima", "puro spirito", "Dio": per me privi di significato, per cui, volendo esplorare la consistenza dell’ipotesi posta, devo tentare di traslare questi concetti cercando i significati comuni nell’uno e nell’altro ambito.
      Altrimenti si dovrebbe rinunciare, perché se due linguaggi sono privi di significati comuni la comunicazione è impossibile.  
      Religione e Scienza si fondano su postulati differenti, tuttavia, a mio parere, tali postulati non sono il motivo della incomunicabilità, ad esserlo sono i teoremi sbilenchi che da questi sono stati elaborati nel corso del tempo.
      Teoremi viziati dalle esigenze del potere temporale nel caso della Religione e dalla ben fondata avversione per quel potere nel caso della Scienza.
      Ma per esporre la mia idea su come e perché i due sistemi razionali dei quali i due linguaggi sono espressione si possano avvicinare, o si stiano avvicinando, dovrei dilungarmi troppo in questa sede.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.27) 26 settembre 2013 20:11
      Fabio Della Pergola

      <<La mia osservazione va valutata nel quadro posto dall’ipotesi che esista un "antico confine tra atei e credenti che si sgretola", che mi sembra indichi il senso generale della ricerca che lei ha proposto>>

       

      Il confine che si sgretola fa capo alla ipotesi, proposta dai vari Mancuso e altri, che il confine credenti-non credenti vada superato. Storicamente è stato considerato un confine netto, ma proprio il filo di ragionamento che ho cercato di seguire porta alla conclusione di Vannini che in realtà non esista, non sia mai esistita (la religione è filosofia, la filosofia è religione), ma che sia sempre stata una falsa contrapposizione; limitata al più al rapporto uomo-natura, ma incapace di affrontare il problema della definizione dell’umano come essere affettivo, artistico, e – solo dopo anni – anche pensante.

       

      Rimandare il conflitto al potere temporale della Chiesa e alla avversione della Scienza a quel potere mi sembra, di nuovo, riduttivo. Il problema è culturale e ideologico. Che poi sia anche potere derivante dalla cultura dominante e – anche – temporale, è conseguenza ovvia.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.12) 27 settembre 2013 00:21

      << Il confine che si sgretola fa capo alla ipotesi, proposta dai vari Mancuso e altri, che il confine credenti-non credenti vada superato. Storicamente è stato considerato un confine netto, ma proprio il filo di ragionamento che ho cercato di seguire porta alla conclusione di Vannini che in realtà non esista, non sia mai esistita (la religione è filosofia, la filosofia è religione), ma che sia sempre stata una falsa contrapposizione; limitata al più al rapporto uomo-natura, ma incapace di affrontare il problema della definizione dell’umano come essere affettivo, artistico, e – solo dopo anni – anche pensante.>>

      Lei affronta la questione nella prospettiva della critica storico filosofica dei rapporti tra laicità e religione; io affronto la questione in modo più diretto.
      Vediamo se riesco a sbrigarmela in poche righe. Poniamo che io creda nell’esistenza di Dio: posso pensare, ad esempio, che Egli ha creato l’uomo e tutti gli esseri viventi tal quali sono ora, che dunque l’evoluzione sia una teoria astrusa e probabilmente diabolica. 
      Oppure posso pensare che Dio ha creato l’Universo e le sue leggi e che in qualche angolo di questo si è sviluppata la Vita, e che l’evoluzione in essa ha determinato la forma dei viventi come ora li conosco.
      Non sarei più credente nel primo caso che nel secondo, ma nel secondo caso la mia visione coinciderebbe con quella laica. La differenza sarebbe nel postulato di base: esiste Dio o non esiste Dio.

      In modo analogo si potrebbe affrontare la questione della definizione dell’umano.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.27) 27 settembre 2013 06:31
      Fabio Della Pergola

      Lei parla del ’disegno intelligente’ che non è, ovviamente, diverso dalla religione rivelata; solo un po’ sfoltita nei suoi aspetti più "barocchi". Qui invece siamo davanti all’ipotesi che la ragione illuminista - che non dovrebbe aver mai, per quello che ne so, accettato nemmeno l’idea del disegno intelligente - si riveli assolutamente carente (e quindi sostanzialmente convergente con l’ideologia religiosa) nel definire l’umano. Al dunque non c’è opposizione - se non quella che ho indicato nell’ultima parte - alla forma mentis religiosa (con tutte le ovvie ricadute non solo culturali, ma anche sociali, politiche etc.)

    • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 27 settembre 2013 09:25

      <<Lei parla del ’disegno intelligente’>>
      Il "disegno intelligente" è un concetto di derivazione religiosa, di una concezione religiosa "ampia" che colloca Dio all’origine del Mondo ma al di fuori di esso. Io parlo invece di ciò che esiste senza chiedermi "perché" esiste: una domanda che giudico priva di senso.

  • Di paolo (---.---.---.128) 26 settembre 2013 09:49

    Insomma siamo in un’ottica speculativa di pura metafisica .Tuttavia rimango della mia idea che l’equivalenza ateo-laico e religioso-laico , partendo dal presupposto che anche "il dubbio " sia un dogma al pari dell’esistenza di Dio,non sia corretta ed applicabile ,perché razionale e trascendente procedono in direzioni opposte .Ergo un cattolico non può essere laico , nella pura accezione del termine perché non è slegato dalla autorità confessionale che esercita la sua dottrina di appartenenza.
    Capisco il tentativo , a mio avviso del tutto strumentale , di far passare anche l’istinto razionale del dubbio e la sua proiezione come pensiero scientifico ,come una forma di confessione (seppure non religiosa) e quindi porre entrambi sullo stesso piano , ma la contraddizione è nelle azioni che poi si esercitano .Galileo è stato inquisito da religiosi mentre cercava di insinuare il dubbio (non dell’esistenza di Dio ma di semplici strutture visionarie ) nei suoi inquisitori . Non mi risulta il viceversa.

    Trovo inoltre la tesi di Vannini-Agostino "La vera filosofia è la vera religione e la vera religione è la vera filosofia. E il cristianesimo è la vera filosofia e perciò il cristianesimo è la vera religione", semplicemente orrenda . E’ la stessa posizione che sostenne Ratzinger nel suo viaggio in Turchia( se ricordo bene) e che suscitò reazioni in tutto il mondo da parte di altri visionari come lui. Proclamare la propria religione (cristianesimo )la sola e unica "vera " ,equivale ad una diminutio delle altre fedi monoteiste . Classico invito alla intolleranza e all’estremismo religioso che hanno insanguinato(ed insaguinano) l’Umanità dalla notte dei tempi .Complimenti.

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