Superare la dicotomia destra-sinistra. O anche no.
Destreggiarsi o finire sinistrati. Una risposta all'intervista di Massimo Cacciari su Repubblica, che definisce la parola "sinistra" qualcosa che "non serve più".
In questo gioco semantico la destra si “destreggia”, cioè sembra cavarsela dagli impicci con un po’ di abilità, molta astuzia, furbizia, scaltrezza, un bel po' di arroganza prevaricatrice, quantità inimmaginabili di faccia tosta, forse un tot di fortuna e, sempre, con l'aiutino degli “amici” vecchi e nuovi (ovunque posizionati); mentre per la sinistra non sembra esserci scampo. Finire sinistrati significa essere fatalmente e drammaticamente disastrati. Scarno ed efficace ritratto dell’attualità politica italiana (e non solo).
Addirittura “la parola sinistra è segnata dal marchio dell'insufficienza, condannata da un destino inscritto nella sua stessa etimologia latina: sinisteritas significa inettitudine, goffaggine”. Ce lo ricorda Massimo Cacciari in un’intervista di una decina di giorni fa in cui si rispolvera il "simpatico" calembour del filosofo veneziano, risalente addirittura al 1981.
Ma, come si sa bene, la “sinistra” si chiama così solo perché i rivoluzionari francesi si sedettero alla sinistra del Presidente dell'Assemblea mentre i filomonarchici a destra. Le interpretazioni etimologiche quindi sono solo un puro e semplice gioco di parole.
Non è un gioco invece il contenuto dell’intervista: Cacciari vi sostiene che la parola “sinistra” è ormai inservibile in quanto legata ad una stagione storica, quella del fascismo e dell’antifascismo, in cui la distinzione aveva una sua ragion d’essere, ma da quando Reagan e la Thatcher hanno proposto il rampantismo neoliberista la sinistra ha perso l’occasione di elaborare una efficace opposizione, rinunciando a proporre strumenti nuovi.
E, dice, “la risposta fu conservatrice: rinforzare le basi storiche e ideologiche di una sinistra che si oppone ai "reazionari". Ma - continua Cacciari - per la scienza politica, reazionario è chi vuole riportare indietro la ruota della storia a prima della rivoluzione francese. E né Thatcher né Reagan né nessun altro che si vedesse in giro proponeva di tornare al Re Sole".
Risposta indiscutibilmente corretta, per quanto un po’ (parecchio) sclerotizzata. Reazionario ha anche il senso di "colui che reagisce" a qualunque messa in discussione dello status quo. Di "chi si oppone fieramente a ogni innovazione politica e sociale".
Eppure alla domanda "cosa vuol dire essere di sinistra?” il politologo Marco Revelli ha risposto intelligentemente e senza esitazioni “è un impulso prepolitico, una radice antropologica che viene prima di una scelta di campo consapevole. Davanti alle disparità di classe o di censo o di condizione sociale, c'è chi si compiace, traendone la certificazione del proprio essere superiore. E c'è chi si scandalizza, come capitò a Norberto Bobbio quando scoprì da bambino la miseria dei contadini che morivano di fame”.
Ma neppure Bobbio che "nel suo sforzo di definire le basi di un 'tipo ideale' della sinistra, ricorse all'idea guida di uguaglianza” convince il filosofo veneziano, perché “chi mai oggi promuove la diseguaglianza? Voglio dire, chi la propone apertamente come programma politico?”.
Potrebbe sembrare un’affermazione provocatoria in un mondo in cui - senza che nessuno lo affermi apertamente come programma politico - le diseguaglianze assurgono a livelli sorprendentemente sfacciati; prendete le pensioni d’oro da 91mila euro al mese e confrontatele con la vicenda degli esodati, ad esempio. Oppure ricordando che il 10% della popolazione, la più ricca, detiene ormai oltre il 46% della ricchezza nazionale (e il trend è in crescita).
Ma con Cacciari le cose non sono mai così prevedibili: “È chiaro che la diseguaglianza esiste, anzi cresce - dice - ma non è un'ideologia, è un fatto. La diseguaglianza non è il programma odioso di un avversario riconoscibile, semmai è la forma che ha assunto la globalizzazione, è l'anonimo che ha preso il volto dello stato di natura, dell'inevitabile, e nessuno se lo intesta”.
Non è colpa di nessuno, non è un “programma”, quindi non esiste responsabilità né, tantomeno, volontà. Nessuno si intesta la disuguaglianza che “esiste” come un fatto evidente, ma anonimo. E’ il “volto dello stato di natura”, come un terremoto, uno tsunami, una tromba d’aria. Di chi è la colpa ? Di nessuno. Siamo tutti nella caverna del Ciclope alle prese con Nessuno (che però, lo sappiamo bene, era invece Qualcuno).
“Sinistra era una parola della frase keynesiana, democratico-antifascista, che non ci serve più, non ci sono più i fascisti, siamo tutti democratici - continua Cacciari - se insisto a dire sinistra, mi porto dietro una dicotomia che è segnata dalla storia, mi ancoro a un passato. Chi si dice 'di sinistra' oggi è un perfetto conservatore, si nasconde dietro i simulacri".
“E i valori? E l'etica?” - gli chiede l’ingenuo cronista - “i valori in politica sono i buoni progetti. Che la politica possa rendere giusto il mondo lo raccontano nei comizi" - risponde - "essere è fare, politica è actuositas. I veri rivoluzionari hanno sempre pensato questo: io sono quel che faccio. Il viceversa, faccio perché sono, faccio quello che sono, è la radice dei totalitarismi".
Amen. Il fare, i buoni progetti, è l’unica verità della buona politica, l’essere, l’identità umana, è solo “la radice dei totalitarismi”. E che il mondo possa essere giusto è solo paccottiglia per gonzi blaterata dai comizianti.
Già Michele Salvati, a febbraio di quest’anno, era intervenuto per chiarire l’intricata questione “sono anche convinto che sino a quando resteremo nella Modernità, nell’era storica che ha fatto seguito all’Ancien Régime, fin quando sarà prevalente l’individualismo che caratterizza le società contemporanee (...), lo spartiacque del conflitto democratico, la distinzione che tenderà a prevalere su tutte le altre, sarà quella tra destra e sinistra”.
Inoltre: come potremmo non pensare che l’intervista a Cacciari (pubblicata il 31 luglio) non sia una risposta diretta all’intervista che Stefano Rodotà, a suo tempo osannato dai grillini fino allo squarciagola, aveva appena concesso a Repubblica e pubblicata il 23 luglio?
Intervista, tassativamente, tassativamente, tassativamente da leggere e rileggere in particolare dove afferma esattamente il contrario di quello che gli risponderà, qualche giorno dopo, proprio Cacciari "Un principio inaccettabile per la sinistra è la riduzione della persona a homo oeconomicus, che si accompagna all’idea di mercato naturalizzato: è il mercato che vota, decide, governa le nostre vite". Altro che anonimo “stato di natura”.
Ma da leggere anche là dove parla di Beppe Grillo, uno "che è tra quelli che dicono che non c’è distinzione tra destra e sinistra" e che notoriamente “non è di sinistra. Ma ha saputo intercettare un desiderio di cambiamento diffuso nella società civile. L’ha interpretato sul piano della protesta, però non ha saputo dargli una traduzione politica, con l’effetto di sterilizzarlo”.
Temi ampiamente di sinistra gestiti (malamente) da uno che di sinistra non è (e tantomeno lo è il suo destrorso partner/ideologo, l'apocalittico Gianroberto Casaleggio, a suo tempo candidato in una lista civica apparentata con Forza Italia). Della serie più si è di destra e più si dichiara necessario il superamento delle differenze. Chissà perché?
Proprio mentre riflettevo sulle diverse posizioni dei vari maître à penser dell’attualità contemporanea (chiedendomi se Cacciari non si sia per caso infilato nella sinistra con il preciso intento di svuotarla di ogni contenuto identitario e se, sempre per caso, lo stesso non sia stato praticato da Grillo, con il medesimo intento), sul numero oggi in edicola di Left, l’allegato dell’Unità ultimamente in lite ideologico-politica con il quotidiano fondato dal povero Gramsci, lo psichiatra Gianfranco De Simone scende nell’arena proprio per contestare l’ex sindaco di Venezia con un articolo dal titolo emblematico: “Qualcosa di sinistro”. Una lettura caldamente consigliata.
Vado direttamente al dunque: “Per rinascere e trovare la sua identità la sinistra deve rifiutare questo 'realismo del fare' di Massimo Cacciari e occuparsi di realtà umana”, perché nel filosofo veneziano “ci troviamo davanti a un manifesto ideologicamente distruttivo che vuole togliere senso alle parole, svuotare di contenuto ogni tentativo di tanti che si impegnano per dare una nuova identità alla sinistra (...) Oggi la sinistra può rinascere e trovare la sua identità sulla base di idee nuove che sono mancate all'umanesimo marxista e postmarxista e alle loro idee di uguaglianza, di storia, di alienazione e natura umana”.
"Ciò che identifica la destra è proprio l'idea di naturalità della diseguaglianza": il cacciariano "volto dello stato di natura". Mentre è di sinistra sostenere l'uguaglianza fondamentale degli esseri umani.
Ma indiscutibilmente la sinistra ha bisogno di idee nuove proprio perché l’homo faber del vecchio Marx aveva la caratteristica di privilegiare proprio il “fare” piuttosto che l’essere e questo è stato causa del fallimento dell'antropologia marxista e postmarxista. Oggi è necessario costituire la base di una nuova antropologia che diventa possibile "se non si annullano le nuove idee sulla realtà umana esposte, a partire dagli anni '70, nei libri di Massimo Fagioli".
In altri termini ciò che ha causato il fallimento della sinistra - la prevalenza del fare sull'essere - ci viene oggi riproposto da Massimo Cacciari come ideale superamento della dicotomia destra/sinistra, obiettivo da perseguire (come propone Grillo nell'agone politico) per la nuova Modernità.
Un manifesto "ideologicamente distruttivo" in aperta e violenta opposizione alla nuova antropologia oggi possibile, grazie a Fagioli e alla sua "teoria della nascita" che definisce con indiscutibile precisione scientifica la fondamentale uguaglianza fra gli esseri umani.
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