I Forconi e la Sicilia, terra dimenticata
La protesta dei "forconi" invade le strade ma ne guadagna altre sulle colonne dei quotidiani nazionali che, colpevolmente, ignorano le manifestazioni e le ragioni di un popolo che grida forte la propria dignità. Senza sigle o schieramenti. Nonostante gli sforzi di qualcuno.
Sull'orlo del baratro: scaffali vuoti, pompe carburante a secco, generi di prima necessità in esaurimento. La Sicilia è alle strette: i movimenti di protesta a sostegno della dignità di un popolo (troppe volte considerato unicamente come un comodo bagagliaio di voti) hanno bloccato la già precaria economia di un'isola.
La politica non parla, i mass media neppure ed i motivi sono facilmente intuibili: la prima, da tempo immemore ignora l'isola, ricordandosene unicamente quando è necessario saccheggiare le malconce tasche dei contribuenti o in tempo di elezioni. I mass media nascondono le proprie responsabilità, facendosi scudo di un relitto arenatosi sugli scogli dell'arcipelago toscano: il focolaio siciliano potrebbe divampare in un incendio di proporzioni nazionali.
Diffondere la notizia significa dar voce ad un movimento scomodo che deve essere messo a tacere. All'uopo vengono diffuse informazioni su presunte collusioni mafiose delle organizzazioni che si celano dietro ai "Forconi" (talvolta denominati "Forza d'Urto").
Per evitare che il consenso al movimento possa allargarsi a dismisura, si vocifera che siano vicini a Forza Nuova. Mancano soltanto gli alieni ed Elvis Presley: poi potremo dire davvero tutto ed il contrario di tutto sul gruppo di manifestanti che ha messo in ginocchio una Regione già afflitta da mafia ed abusivismo, violentata da inesistenti piani sul commercio che permettono il proliferare dei centri commerciali (solo nell'hinterland catanese ne sono sorti 9 negli ultimi 10 anni).
Le ragioni del movimento sono al limite del demagogico-populista: riduzioni sui prezzi (specialmente dei carburanti), applicazione dell'ampia autonomia concessa dallo statuto siciliano del 1946, la necessità di una nuova classe politica.
I detrattori del movimento paventano infiltrazioni mafiose e fasciste, tra gli ispiratori del movimento, nonché la scarsa informazione che i manifestanti avrebbero riguardo ai motivi che hanno motivato una scelta estrema come quella del blocco stradale: una perfetta riedizione della massa platonica inconsapevole, guidata da burattinai inesperti.
L'inesperienza è probabilmente l'unica vera protagonista di uno sciopero che non ha sortito gli effetti desiderati, eccetto la diffusione virale del malcontento lungo lo stivale: inesperienza degli improvvisati capipopolo, impreparati al dibattito politico. Un muro troppo basso da scalare per le vecchie volpi dell'affare made in Sicily che hanno arginato la protesta ascrivendola a Forza Nuova e alla sempre presente Mafia.
Le smentite da parte dei leader del movimento, in merito alle paventate collusioni, hanno messo in evidenza tre elementi che non devono sfuggire all'elettore siciliano: la totale e colpevole assenza delle istituzioni nella gestione della protesta, il totale disinteresse mostrato dai partiti politici (specialmente da quelli storicamente vicini alle rivendicazioni dei lavoratori) ed l'intollerabile silenzio dei media, preoccupati di difendere le prerogative di una classe dirigente ormai senza scusanti.
La percezione di un tentativo di insabbiamento da parte dei media nazionali ha fatto comprendere quanto grande sia la paura di una sommossa che scuota le coscienze dello stivale. Adesso che la protesta ha mietuto la prima vittima (un manifestante travolto accidentalmente da un TIR condotto da una cittadina tedesca, nei pressi di Asti), c'è maggiore interesse sulla vicenda: il Viminale "vigila", assicura la Cancellieri dall'alto del suo Ministero, garantendo un intervento tempestivo in caso di disordini che mettano in discussione la regolarità dei servizi.
Intanto, la situazione nell'isola dimenticata, tarda a tornare alla normalità: in molti distributori il prezzo del carburante è salito ben oltre l'euro e 85 centesimi ma gli atti di sciacallaggio, riferiti da alcuni cittadini, raccontano di benzina venduta intorno ai 3 euro al litro.
Il celebre motto "divide et impera" rivela ancora oggi, dopo due millenni, la propria immortalità: è bastato agitare davanti al popolo il fantasma della mafia infiltrata nelle fila degli autotrasportatori, assimilarli a sigle dell'estrema destra, per ridurre la protesta ad un fuoco di paglia. Difficile pronosticare uno scenario futuro per tutta un'Italia scossa dal salasso Monti e da un ventennio di malgoverno berlusconiano.
Di certo il movimento non dovrebbe arenare la propria lotta, aspirando a diventare interprete di quel malcontento che ispira i tanti link a sfondo tragicomico sui social network, le battute di Crozza, le vignette di Vauro. Un popolo unito può costringere il meno legittimo dei governi repubblicani a sintonizzare le frequenze sulle grida di un popolo che, con onore e fierezza, manifesta contro un malgoverno (locale e nazionale) che da troppi anni si ricorda della nostra terra solo in occasione delle tornate elettorali.
Nella foto, un analogo blocco attuato con trattori e mezzi pesanti in Slovenia.
Commenti all'articolo
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox