Napolitano non incanta, gli italiani disertano il discorso
Gli italiani spengono la tv, il discorso presidenziale non catalizza l'interesse di un popolo ormai poco avvezzo alle parole che promanano dai politicanti. Di cui Napolitano è espressione...
Immaginate un popolo: immaginatelo disoccupato, sull'orlo del disordine sociale, tartassato da una classe di politicanti fiera dei propri privilegi, e poco disposta ad amministrare con onestà e rettitudine la "res publica".
Immaginate un'usanza ben consolidata, mantenuta viva da quella figura di garanzia e controllo prevista dai padri costituenti. Immaginate la pipa di Pertini, le improbabili montature degli occhiali di Gronchi e Leone, la fronte alta e i capelli latitanti di Scalfaro. La luce blu di arboriana memoria, brillava in ogni casa, come diceva il celebre showman di "Quelli della Notte".
Nessun cacao e nessun meravigliao, sono sempre meno gli italiani che, al banchetto dell'ultimo dell'anno, decidono di invitare un ospite televisivo ritenuto una volta di gran prestigio: il discorso del presidente della repubblica esce dal menù del cenone di San Silvestro.
Sulle motivazioni, che possono incidere su una scelta del genere, potremmo lanciarci nelle ipotesi più disparate. Anacronismo, mancanza di autorità della figura da cui il messaggio promana, deficienza del sentimento d'unità nazionale.
Diciamolo pure: a poco son valse le barricate mediatiche, costruite dalla stampa di regime a difesa di un feticcio del potere, quale è ormai da considerarsi il messaggio di fine anno del capo dello stato (il minuscolo non è un refuso). La caratura politica di Re Giorgio Napolitano ha perso di credibilità, agli occhi di un popolo vessato quotidianamente, in nome di interessi particolari che non coincidono con quelli della collettività.
Napolitano non parla ad una nazione, ma ad una ristretta cerchia di lobbysti, interessati a mantenere lo status quo di un paese alla deriva, consegnato in mano a banchieri e faccendieri paneuropei. L'Auditel sbandiera cifre, Repubblica parla di ascolti in crescita, così come il Corsera, il Messaggero parla di "flop del boicottaggio": un vero e proprio quadrato, attorno al peggior inquilino che abbia mai occupato il Quirinale.
Il circus mediatico è diretto unicamente a contenere il (presunto) successo del principale antagonista del sistema politico italiano, quel Beppe Grillo che tanta paura suscita nei vecchi attori della politica nazionale. Non importa quanti accessi abbia fatto il blog di Beppe Grillo, né quanti cittadini abbiano ascoltato il messaggio del comico genovese. Piuttosto, è interessante analizzare i dati di questo presunto "messaggio presidenziale".
I siti che diffondono i dati d'ascolto parlano di uno share complessivo che non arriva al 50%, da suddividere tra cinque reti nazionali. Il fatto che il messaggio venga trasmesso dopo i telegiornali inoltre, inficia non poco la validità di questa statistica. La dimensione dell'insuccesso è già esplicata in questo dettaglio, di non poco momento. E' facile comprendere come il numero di telespettatori sia dipeso principalmente da due fattori: il primo, di ordine sociologico, è l'abitudine di tenere il televisore sintonizzato, mentre si svolgono le consuete attività domestiche; il secondo, ed è forse il più importante, è che difficilmente una trasmissione trasmessa a reti unificate (su cinque canali che occupano le prime dieci posizioni del telecomando) può riuscire ad ottenere meno del 50% di share, anche Jersey Shore e il Grande Fratello ci sarebbero riusciti.
Quel che più preoccupa è la sordida manovra delle testate giornalistiche che sostengono l'operato di un governo non legittimato dal voto popolare, investito dalla volontà politica di una figura istituzionale. La gara di ascolti tra Grillo e Napolitano, voluta unicamente per degradare il discutibile ma innegabile successo del M5S, è come un paragone tra il programma di Gordon Ramsey e un documentario di Piero Angela: natura delle trasmissioni profondamente diversa, caratura dei personaggi non assimilabile, obiettivi del rispettivo programma completamente differente. Secondo le proiezioni Auditel, e l'annessa affidabilità delle stesse, sarebbero stati poco meno di dieci milioni i telespettatori che si son sorbiti i discorsi di un novantenne che parlava di giovani, di un ricco che parlava di poveri, di un complice che parlava di solidarietà.
Possono 279.000 presunti ascoltatori in più, lasciar parlare di un successo di pubblico? Può, un sistema di rilevamento statistico come Auditel, decretare il gradimento di una trasmissione anacronistica come il messaggio del presidente della repubblica?
Le ragioni per dubitarne sono molteplici, e sotto gli occhi di tutti. Solo chi ha valide ragioni per pensarla diversamente potrà prendersi la responsabilità delle proprie azioni, ed è un peccato che tra questi ci siano i giornali più importanti del paese.
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