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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.159) 13 gennaio 2014 22:57

    Immagino che si aspetti un mio commento, ebbene non voglio deluderla.
    Ma più che un commento quello che vado a scrivere è più propriamente una ipotesi alternativa alla sua, una ipotesi frutto di una lunga osservazione.

    Quando Sharon decise di evacuare i coloni da Gaza era mediaticamente e politicamente molto forte in Israele e nella diaspora un progetto politico per la risoluzione del decennale conflitto con gli arabi riassumibile nello slogan "Terra in cambio di pace". Alla cupola "sionista" si poneva il problema di impedire che il travolgente movimento di opinione si concretizzasse in atti di governo e impegni internazionali difficilmente revocabili.

    La soluzione escogitata si articolava su due assi principali:

    1. dimostrare che concedere terra non porta alla pace, che gli arabi non vogliono la pace, vogliono distruggere Isrtaele;
    2. indebolire il fronte palestinese spezzandolo in due e mantenere una adeguata quota di conflittualità con gli arabi.

    Riassumo i passaggi:

    - nel settembre 2005 lo sgombero dei circa 9.000 coloni israeliani da Gaza è completato;

    - a gennaio 2006 si svolgono le elezioni legislative palestinesi, consentite da Israele e garantite dalla presenza di osservatori internazionali, che sanciscono la vittoria di Hamas. Ismail Hanyeh si insedia come capo di un governo che comprende anche personalità indipendenti ma al quale Fatah rifiuta di partecipare;

    - subito dopo Israele scatena una campagna di arresti contro esponenti del nuovo governo e parlamentari neoletti con la motivazione che Hamas è una organizzazione terroristica. Su 132 parlamentari, 50 vengono arrestati. L’offerta di una lunga tregua fatta da Hamas a Israele viene ignorata;

    - a dicembre 2006 Abbas indice nuove elezioni, scelta contestata da Hamas che definisce il tentativo un colpo di stato;

    - l’amministrazione statunitense, con l’ovvio consenso di Israele, rifornisce di armi la guardia presidenziale di Abbas. Lo scontro tra il governo eletto di Hanyeh e la presidenza dell’ANP culmina col tentativo di Dahlan, notoriamente uomo della CIA, di riprendere il controllo di Gaza. Tentativo fallito, come probabilmente era preventivato, e si conclude con la fuga di Dahlan in Egitto e l’espulsione di Fatah da Gaza;

    - Israele blinda i confini; il regime egiziano di Mubarak, legato a filo doppio agli USA, fa la sua parte e chiude la sua parte di confine. Circa 2.400.000 palestinesi vengono chiusi in un recinto che diventa una specie di lager a cielo aperto in cui gli abitanti dipendono per la loro sopravvivenza da ciò che Israele consente di far entrare e uscire. E sono ancora chiusi li, nonostante tutto, in condizioni disumane;
    - da Gaza, come è ovvio, partono proclami, tentativi di sortita e razzi artigianali; dall’altra parte si risponde con alta tecnologia militare e altrettanti proclami e accuse.

    Lo scopo desiderato dalla cupola "sionista" è ottenuto: è "dimostrato" che concedere terra in cambio di pace non funziona, è pericoloso, mette in pericolo Israele e allontana la pace.
    La minaccia politica e mediatica rappresentata dal movimento di opinione che chiedeva di risolvere il conflitto attraverso il ritiro di Israele dai territori occupati è sventata per lungo tempo. I soldati "sionisti" della Rete hanno in mano un’arma formidabile per controbattere ai loro avversari pacifisti, e la usano al meglio.

    Tenga presente che molte delle cose che vengono fatte da quelle parti hanno soprattutto uno scopo mediatico. Si tratta di operazioni di vera e propria guerra psicologica che hanno come obiettivo in primo luogo l’opinione pubblica israeliana e in secondo luogo quella mondiale. Serve ad alimentare il circo mediatico e a dare armi alla diplomazia e alla propaganda.

    La "dimostrazione" che non si può concedere agli arabi un territorio autonomo senza mettere in pericolo l’esistenza di Israele, ottenuta nel modo descritto, è tra quelle più usate per controbattere a chi continua a chiedere la fine del conflitto per mezzo della creazione di uno stato palestinese.

    Le lascio da leggere due documenti. Il primo è una straordinaria intervista di Oriana Fallaci a Sharon: interessante soprattutto per come egli mischia sincerità e menzogna con assoluta naturalezza, tanto da sembrare schizofrenico; il secondo è il racconto di un grande reporter che riporta con assoluta concretezza i risultati di una delle opere di Sharon.

    http://www.oriana-fallaci.com/sharo...
    http://www.globalist.it/Detail_News...

    Gli ampi onori tributati a Sharon in Israele e quelli tributati dai vassali europei degli Stati Uniti (dunque della lobby "sionista") ci dicono che infine la sua ideologia ha vinto, e che Israele ha perso.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.84) 7 gennaio 2014 19:27

    La mia ipotesi è che all’Italia sia stato assegnato il ruolo di ascaro degli USA. Come a UK e Francia del resto.

    Gli Stati Uniti, in difficoltà economica e politica dopo il sostanziale default del paese causato dalle costosissime guerre neocon, hanno messo a punto una nuova strategia, ben sintetizzata da Obama col suo "guidare da dietro". L’italia deve armarsi per fungere da portaerei USA nel Mediterraneo, come Francia e UK deve agire a sue spese per attuare gli indirizzi politico militari di Washington in Medio Oriente, Nord Africa, possibilmente anche altrove. Naturalmente si è trattato in passato, e si tratterà in futuro, di interventi "umanitari", di "missioni di pace", alle quali i cittadini non potrebbero opporsi senza sentirsi dei cinici insensibili. Naturalmente vi saranno autorevoli opinionisti e politici che chiameranno questi impegni "obblighi derivanti da alleanze internazionali", come se uno Stato sovrano possa avere obblighi e alleanze che non desidera, dalle quali non può ritirarsi o dalle cui scelte non possa dissociarsi.

    La questione che poni con l’articolo, che condivido nella sostanza, non è solo economica, in gioco non ci sono risorse che sarebbero preziose in tempo di crisi se dirette verso altri impieghi, in gioco c’è la democrazia stessa.

    Quello che denunci tutti lo vedono, è fatto alla luce del sole, eppure nessuno ne trae le conseguenze: nè i mass media, che anzi supportano certe scelte contrarie agli interessi dei cittadini italiani, né il mondo politico, che pure dovrebbe essere diviso tra visioni divergenti riguardo a certi temi. I cittadini italiani, quelli che discutono tra loro in famiglia o in autobus o al bar possono essere perfettamente consapevoli dell’assurdità di certe scelte, ma nessuno li rappresenta, nessuno raccoglie né le loro critiche né le loro aspettative.

    E’ questo il segreto per aggirare lo scoglio della volontà popolare: negare rappresentanza ai cittadini coprendone o deformandone la voce, o restringendo la loro possibilità di delega politica estromettendo le posizioni indesiderate.

    Nell’era della democrazia evoluta i colpi di stato non si fanno più occupando militarmente le istituzioni e le stazioni televisive: non serve. Esistono modi assai più discreti e difficili da individuare e contrastare.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.84) 7 gennaio 2014 18:42

    I parlamentari 5 Stelle non possono far nulla per scelta del duo Grillo - Casaleggio. La grottesca (e pretestuosa) scelta strategica del duo è stata di imporre il dictat "o tutto o niente": o la maggioranza assoluta del Parlamento e l’intero governo oppure opposizione e rifiuto di ogni alleanza governativa.

    E poiché "tutto" era, ed è, palesemente impossibile ciò che rimane è "niente". Di conseguenza i parlamentari M5S sono "inutili" nel vero senso del termine, quali che siano le loro intenzioni, e i voti che sono stati convogliati su di loro dai cittadini esasperati dallo status quo sono stati messi su un binario morto, resi inoffensivi.

    Di questa operazione di fattivo puntello al sistema politico imperante, prima o poi, Grillo e Casaleggio dovranno rendere conto di fronte agli italiani.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.141) 4 gennaio 2014 13:12

    << Aggiungo che l’idea che la crisi italiana dipenda solamente da dinamiche estere è molto discutibile.>> Non dipende sempre e solo da dinamiche estere, questo è ovvio, tuttavia certi fenomeni, come la crisi economica attuale, dipendono quasi esclusivamente da cause esogene. E onestà intellettuale vorrebbe che lo si dicesse.

    Vede, io non alcuna intenzione di affermare una visione nazionalista e/o revanscista, tantomeno ho intenzione di difendere l’avventura fascista, della quale noi italiani possiamo solo vergognarci, a me interessa il futuro. E poiché il mio futuro, quello dei miei figli, delle persone a me care, delle mie radici culturali, dipendono da come viene condotto questo Paese, che peraltro amo per se stesso, io da cittadino italiano pretendo coerenza e onestà in chi lo rappresenta e lo governa.

    Pretendo che chi rappresenta il popolo italiano non rappresenti interessi di altri popoli o interessi privati; che quelli che governano in nome del popolo italiano non agiscano contro il popolo italiano e in nome di interessi diversi dai suoi; che quelli che producono informazione, che è un elemento fondamentale affinché vi sia vera democrazia, non mentano e non ingannino per favorire interessi estranei a quelli del popolo italiano.
    In sintesi pretendo che questo Paese non sia rappresentato, governato, informato, da traditori del popolo italiano.

    Se il termine "traditori" le sembra troppo forte la invito a considerare la definizione letterale di Tradimento: << L’atto e il fatto di venire meno a un dovere o a un impegno morale o giuridico di fedeltà e di lealtà>>.

    Lei dice che la Libia era un "paese terrorista", sottindendo evidentemente che ora non lo è più.
    A me risulta esattamente il contrario: prima in Libia l’estremismo islamico non aveva né basi né spazio politico; ora ha entrambi.
    Ma lasciamo da parte i risultati della "liberazione" dal lato libico e prendiamo in esame quelli dal lato italiano. L’Italia è un paese proteso nel mediterraneo geograficamente, culturalmente, politicamente. Aver stracciato a distanza di soli due anni il solenne trattato di amicizia italo libica, non solo mettendo a disposizione le basi militari per l’attacco anglo francese ma partecipando alle missioni di guerra, quale immagine del nostro Paese ha presentato alle genti dell’altra parte del Mediterraneo? 
    Suvvia, non ci vuole un grosso sforzo di immaginazione per capire che ancora una volta ci siamo presentati con la maschera di Pulcinella. E chi vorrà in futuro dar peso agli accordi o stipulare impegni con Pulcinella?

    Non solo: in Libia l’Italia aveva, ed ha, fortissimi interessi economici, in primo luogo rappresentati dall’ENI. In che modo ora sono garantiti tali interessi in un paese spaccato in due enclave etnicamente distinte e preda dell’anarchia tribale, politica, ideologica?

    E a quale scopo i nostri governanti hanno fatto pagare al Paese questo pesantissimo prezzo?
    Per tutelare gli interessi italiani? No, ovviamente. Gli interessi europei? Nemmeno: l’Europa non ha guadagnato nulla dal regime change in Libia, piuttosto ha perso una quota di stabilità ai suoi confini meridionali.

    Lo scopo è stato di accondiscendere alle direttive giunte da Washington (che guidava da dietro, secondo la felice espressione obamiana), raccolte e rappresentate in Europa dai governi di Londra e Parigi. E da Roma, purtroppo.

    Ora, lei come definisce l’azione di chi ha assunto l’impegno di rappresentare il popolo italiano e invece agisce contro i suoi interessi e in rappresentanza di interessi esterni?

    Il mio discorso è semplice: come possiamo avere fiducia nel futuro se non possiamo avere fiducia in quelli che ci guidano?

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