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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.183) 14 dicembre 2014 01:01

    39 il 13 dicembre 12:06 ha scritto: "Ma soprattutto, se [l’immigrato] viene qui, non deve dire a me quello che devo fare"

    Nel caso in discussione la diatriba non è nata a causa dell’iniziativa di qualche immigrato bensì a causa della presa di posizione del preside della scuola: un talebano laicista che ha proibito il presepe in nome di una balzana interpretazione della laicità dello stato.
    Secondo il preside lo stato appartiene ad un astratto cittadino privo di identità culturale: un autoritario signor nessuno che si arroga il diritto di tenere fuori dai luoghi pubblici i cittadini reali, che invece una loro identità culturale e/o religiosa la hanno.

    Io non ho notizia di musulmani o di buddisti o di ebrei o altro che hanno protestato per qualche processione al santo patrono in qualche paese d’Italia. A creare problemi sono quelli come quel preside, che in nome di un malinteso laicismo o, peggio ancora, di un melenso e ipocrita senso del politicamente corretto, attribuiscono alle minoranze culturali o religiose un fastidio che esse non hanno, o che comunque non manifestano.
    Ed è normale che sia così. Chi manifesta fastidio per le diversità altrui: sia che appartenga alla maggioranza sia che appartenga a qualche minoranza, è un intollerante che farebbe bene a stare al suo posto.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.183) 10 dicembre 2014 17:30

    In astratto il preside sembra avere ragione: la scuola, come qualsiasi luogo che rappresenta lo Stato, deve mantenersi imparziale rispetto ai particolarismi identitari, come sono quelli religiosi. 

    Questo perché lo Stato, che da noi è laico per esplicita dichiarazione, deve essere di tutti i cittadini, a prescindere dai particolarismi identitari che esistono nella società.

    Tuttavia in questo caso compare uno spiacevole odore di integralismo. E l’integralismo, anche quello laico, è sempre foriero di conflitti distruttivi.

    L’approccio integralista del preside consiste nel proibire ogni possibile manifestazione di particolarismo nel luogo pubblico.
    Ma se lo Stato è di tutti i suoi cittadini lo è anche rispetto a tutte le specificità di cui essi sono portatori. Questa dichiarazione di principio, costitutiva dello Stato laico, afferma la laicità come volontà di inclusione imparziale di ogni diversità, non di imparziale esclusione di ogni identità.

    D’altra parte i luoghi pubblici non sono soltanto le scuole o gli uffici, lo sono anche le strade, gli autobus e ogni altro luogo aperto a tutti. Secondo i talebani del laicismo si dovrebbe proibire l’esibizione di specificità identitarie anche in questi luoghi? Si dovrebbero abbattere le chiese, le moschee, le sinagoghe e ogni altro segno urbano di particolarismo perché questo contraddirebbe la laicità dello Stato? Si dovrebbero chiudere i mercati dove si vendono cibi che alcuni ritengono impuri? Si dovrebbero arrestare le persone che in un luogo pubblico ostentano simboli religiosi o di altro genere perché offendono la sensibilità di altri che amano altri simboli e detestano quelli?

    Portando alle estreme conseguenze questo approccio, è ovvio che questo tipo di Stato, in nome di una interpretazione autoritaria della laicità, per coerenza dovrebbe proibire ai cittadini ogni manifestazione di identità religiosa o culturale in ogni luogo. Palesemente sarebbe uno Stato intollerante e autoritario nel quale la polizia acquisterebbe un ruolo preponderante nella vita pubblica. Un incubo.

    Del resto esperimenti di questo genere sono stati fatti, e alcuni sono ancora in corso, ma non credo si possano definire come esperimenti di successo, perfino riguardo ai loro stessi enunciati. In ogni caso non corrispondono al modello di Stato laico e liberale nel quale viviamo.

    In uno Stato laico e liberale, il preside di una scuola dovrebbe limitarsi a valutare le richieste di inclusione di altre manifestazioni religiose, se vi sono, e risolverle arbitrando il confronto dialettico tra gruppi religiosi diversi piuttosto che proibire il presepe. In ogni caso dovrebbe rifiutare di assumere il ruolo di rappresentante dell’intolleranza, sia che venga dall’integralismo laicista sia, e tanto meno, dall’integralismo religioso.

    Se qualcuno di quelli che la frequentano è disturbato dalla presenza del presepe a scuola si faccia avanti e dica le sue ragioni. Se chiedesse che la scuola ospiti anche il suo equivalente del presepe lo farebbe a buon diritto; se chiedesse la rimozione del presepe perché la sua sola vista lo offende, beh: si dovrebbe spiegarli certi principi di convivenza civile in uno stato laico e liberale.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 13 novembre 2014 09:51

    << Lei è quello che NON considera un atto "antisemita" aggredire fisicamente i luoghi di culto ebraici (non israeliani) o le comunità ebraiche (non israeliane). Chiunque porti una kippà nel mondo, quindi, secondo lei potrebbe essere aggredito e quella aggressione non dovrebbe essere codificata come "atto di antisemitismo".>>

    Ma mi faccia il piacere. Impari a leggere PER INTERO un periodo o un testo prima di sputare giudizi oltraggiosi.
    La tecnica di ritagliare le parole per costruire falsità o cambiare il senso di un discorso è degna di un calunniatore.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 12 novembre 2014 18:38

    Poiché in politica internazionale le questioni ideali o etiche generalmente suni usate come becchime per i polli da spargere tramite i mass media, sarebbe anche interessante fare qualche riflessione sul bilancio costi/benefici per l’Europa dell’avventura iniziata con il colpo di stato a Kiev.

    Al presente la UE si trova a dover contribuire al pagamento delle bollette del gas consumato in Ucraina negli anni passati per poter garantire almeno le forniture invernali. Nessuno avrebbe voluto lasciare al freddo milioni di persone, ma è comunque un costo per la UE.
    Quanto alle prospettive economiche future dell’Ucraina non credo ci sia nessuno che le valuti positivamente. Non lo erano già prima che scoppiasse la guerra civile, a Paese ancora integro, figuriamoci ora. Dunque è facile prevedere che l’Ucraina avrà bisogno di ulteriori e sostanziosi aiuti da parte della UE nel prossimo futuro.

    Le elezioni politiche hanno sancito la vittoria delle formazioni favorevoli all’integrazione con la UE, e la cosa non stupisce dal momento che le regioni dell’est, tipicamente pro russe, sono state escluse dalla consultazione. Dunque la situazione attualmente è questa: la UE vuole fortemente l’Ucraina; l’Ucraina vuole fortemente la UE. Ergo, la UE dovrà pagare i conti dell’Ucraina.

    Tra sanzioni, contro sanzioni, crisi indotte dalle sanzioni, l’interscambio Russia-UE è diminuito e, poiché non si vede una soluzione a breve termine dello scontro militare tra Kiev e indipendentisti, è probabilmente destinato ad aggravarsi.
    Per la UE già in difficoltà questo è un costo ulteriore da mettere tra le passività derivanti dalla crisi ucraina.

    Dopo il golpe di Kiev si è tornati a risentire echi di guerra in Europa. Si fanno esercitazioni, ci si chiama a raccolta ognuno nel suo campo, si ragiona sull’incremento delle spese militari. Qualcuno parla del ritorno alla guerra fredda e qualcun altro buttà lì come possibilità che Europa e Russia possano un giorno confrontarsi armi in pugno. Questa non è solo una passività economico finanziaria, è peggio.

    Allargare ulteriormente la UE, mantenendo inalterate le attuali strutture comunitarie, comporta l’evidente ulteriore scadimento della capacità di governo delle medesime.

    Allo stato attuale l’associazione di nuovi paesi membri equivale ad indebolire l’Unione, non a rafforzarla. Il percorso per una eventuale rifondazione dell’Unione Europea in senso federalista è già oggi assai difficile per la ovvia difficoltà ad ottenere l’unanimità di 28 paesi diversi su materie delicate come la cessione di sovranità nazionale in materia di politica estera e difesa. Maggiore è il numero dei paesi membri maggiore diventa la difficoltà di perseguire questo scopo.

    Dopo avere elencato le passività ho riflettuto a lungo su cosa mettere alle poste attive. Ne ho trovata una sola: manodopera a basso costo da immettere nel mercato del lavoro comunitario, ma non so se questa sia effettivamente una posta attiva.

    In conclusione, il fortissimo interesse manifestato dall’Unione Europea nei riguardi dell’Ucraina ha un costo non lieve per i cittadini europei e per il futuro della stessa Unione.
    In realtà è improprio intestare questo interesse all’intera Unione: ai cittadini europei, ad esempio, dell’Ucraina credo interessi assai poco, ma nessuno ha chiesto il loro parere. Un certo numero di decisori piazzati ai vertici dell’Unione ha deciso anche per loro e a prescindere dal loro parere che l’Ucraina valga qualsiasi sacrificio.

    Ecco, questa la si potrebbe definire una posta attiva: aver reso platealmente evidente ai cittadini europei che le istituzioni comunitarie se ne impippano del loro parere ma tengono invece in grandissimo conto l’opinione del dipartimento di stato USA, quello che ha organizzato il golpe di Kiev.

    E’ una scoperta utile perché aiuta i cittadini europei a prendere una decisione: buttare a mare questa UE o provare a cambiarla?

    Il nuovo presidente della commissione, Juncker, sembra essere consapevole di questa situazione. Tanto che una delle sue prime dichiarazioni è stata che nei prossimi cinque anni non vi saranno ulteriori allargamenti della UE.
    La risposta non si è fatta attendere: una campagna stampa contro di lui basata sul fatto arcinoto che Juncker è stato capo del governo del Lussemburgo e che il Lussemburgo ha una disciplina fiscale opaca e favorevole all’elusione fiscale delle grandi aziende. Su una non-notizia insomma.

    Sulle prime pagine dei giornali (fatto più unico che raro) è comparsa la notizia "cane morde uomo", il che testimonia che chi l’ha lanciata ha il potere di mandare sulle prime pagine qualsiasi notizia, o non-notizia.

    La partita è appena iniziata, e di certo trascende di molto l’Ucraina: riguarda piuttosto il futuro dell’Unione Europea come entità sovrana e indipendente.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.102) 12 novembre 2014 12:44

    La sua puntigliosa e ampia elencazione è già una risposta alla domanda finale, che dunque va considerata come retorica.

    La risposta è che l’attenzione censoria nei confronti dello stato ebraico non ha uguali in nessun altro contesto. 

    E’ vero: da nessun altro Paese, fuorché da Israele, si pretende con altrettanta insistenza e decisione che riconosca la sovranità di un gruppo etnico posto sotto il suo controllo. E questo rivela una attenzione particolare non spiegabile altrimenti se non con l’esistenza di un sentimento inespresso di ostilità nei confronti dello Stato ebraico, quindi degli ebrei in generale.

    In sintesi: lei ha dimostrato che in merito alla questione palestinese esiste un ingiustificato accanimento nei confronti di Israele che nasconde sentimenti e propositi antisemiti.

    E poiché la pretesa che Israele riconosca la sovranità palestinese non proviene da una sola parte bensì un po’ da tutti i Paesi del mondo, la sua indagine dimostra che praticamente tutti i non ebrei sono antisemiti, in particolare chi ha già riconosciuto ufficialmente lo Stato palestinese.

    Bene, rimane però da spiegare una contraddizione: come mai molti Paesi attribuiscono grande importanza al sostegno politico, militare, economico e alla salvaguardia di Israele?

    Ad esempio: come si concilia la forte pressione esercitata dagli USA su Israele (memorabile lo scontro Obama-Netanyahu) affinché concluda accordi di pace definitivi con i palestinesi basati sul principio due stati per due popoli (che secondo la sua ricerca è indice di malevolenza antiebraica) col fatto che gli stessi USA forniscono ad Israele finanziamenti per circa 3,5 mld di dollari/anno, tecnologia e assistenza militare, appoggio politico ed economico in tutti i contesti, ed altro ancora?

    Ma non solo gli USA appoggiano e sostengono Israele, anche tutti i Paesi europei e molti altri non europei lo fanno. Come si spiega?

    Io vedo solo tre possibili ipotesi:

    1. gli antisemiti sono schizofrenici: una loro personalità odia Israele e un’altra lo ama;

    2. molti ebrei sono paranoici: interpretano come odio nei loro confronti un po’ tutti i comportamenti dei non ebrei;

    3. un certo numero di influenti ebrei sono ultranazionalisti paraculi: usano spargere paranoia per portare verso la loro ideologia il maggior numero di ebrei possibile.

    Altre ipotesi?

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