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Lo Stato si è fermato a Fondi

Quella che seguirà è una delle storie più semplici a cui si sia mai assistito. Una vicenda molto comune nel nostro paese. Una faccenda simile a tante altre.
In pochi, pochissimi, avranno sentito parlare di questa storia. Sulle dita di una mano si contano coloro che avranno capito qualcosa dalle cronache nazionali.
Una storia resa inutilmente misteriosa e complicata. Inutilmente. Forse.

Tutto ha inizio nel 29 maggio 2006, quando le elezioni nel comune di Fondi, provincia di Latina, vengono vinte da Forza Italia, UDC e liste civiche con il 68% dei voti. Le sinistre all’opposizione racimolano uno scarsissimo 22% dei voti.
Risulta eletto sindaco il forzista Luigi Parisella.

Passano 20 mesi di apparente tranquillità. Poi, la causa scatenante di tutto.
Siamo nel mese di gennaio del 2008. La macchina dell’assessore ai Lavori Pubblici Roberto Izzi viene data alle fiamme. Izzi è terrorizzato e si reca immediatamente dai Carabinieri e, subito dopo, dal Prefetto di Latina.

Ed è in questa occasione che racconta tutto. Il gioco della paura non ha funzionato a dovere per chi l’ha generata. L’immaginabile tentativo di terrorizzare ha prodotto l’effetto contrario.

E così l’assessore confessa al prefetto di essere stato eletto grazie ai voti dei clan mafiosi della zona (i Tripodo) e di aver fatto diversi favori alle famiglie dei Casalesi (dalle residenze alle lottizzazioni). Ma racconta anche dei tanti condizionamenti subiti dal sindaco Parisella e da altri membri della giunta.

Passa appena un mese e la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma dà il via all’operazione "Damasco 1". Finiscono in manette quattro noti imprenditori del luogo: Vincenzo Garruzzo, imprenditore agricolo di 72 anni, Massimo Attanasio Di Fazio Perticone, agente immobiliare di 39, Giuseppe De Carolis, geometra 47enne ed, infine, Domenico Capotosto, commerciate di 37 anni. L’accusa è quella di aver messo in piedi un giro di usura per centinaia di migliaia di euro.

Ma la vicenda non si chiude qui. Il rapporto tra mafia e politica resta aperto. E così, due mesi dopo, nell’aprile 2008, il Prefetto di Latina, Bruno Frattasi, dà il via alla Commissione d’accesso al comune di Fondi.

La Commissione d’accesso è la fase cruciale d’indagine per determinare la necessità o meno dello scioglimento e del commissariamento per un comune su cui aleggiano ombre di mafia.

Un mese dopo il suo insediamento su alcuni quotidiani si fa sempre più consistente l’ipotesi del commissariamento. Sembra oramai inevitabile.

L’8 settembre del 2008, quasi un anno fa, il Prefetto Frattasi invia al Ministro degli Interni Roberto Maroni la richiesta ufficiale di scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa. Un accurato dossier di oltre 500 pagine.

Nel documento del Prefetto è centrale la posizione del clan Tripodo (in particolar modo le figure di Carmelo e Venanzio, figli del defunto boss Domenico), trait-d’union tra le cosche della ’ndrangheta e le famiglie casalesi da un lato e la politica comunale di Fondi dall’altra (sindaco Parisella in primis).

I reati contestati vanno da quelli già resi in confessione da Izzi ad altri di recente scoperta, come l’assegnazione privilegiata di appalti-chiave ai clan della zona e la gestione del mercato ortofrutticolo di Fondi (il più grande d’Italia) in termini di prezzi e license da parte dei Tripodo, con l’occhio compiacente e colluso dell’amministrazione comunale, fino ad arrivare a settori come pulizie, imprese funebri e traslochi.

Si parla di "agevolazione di interessi economici" della mafia locale, di "macchina amministrativa interessata da illegittimità gravissime quanto diffuse in tutte le sue articolazioni" e di "necessità del commissariamento".

E’ passato un anno da allora. E dello scioglimento neanche l’ombra.

Eppure, appena rientrato al Viminale dalle vacanze invernali, l’8 gennaio del 2009 il ministro dell’interno Roberto Maroni firma l’atto ufficiale di scioglimento, da presentare al Consiglio dei Ministri per l’approvazione.


L’atto viene firmato nel mese di gennaio. Eppure fino al mese di luglio il Consiglio dei Ministri non riceve l’ordinanza ministeriale. Non discute la richiesta di scioglimento. Che resta a marcire nel cassetto del ministro Maroni per ben 6 mesi.

Nel frattempo, le Direzioni Antimafia, il Prefetto di Latina e le forze dell’ordine continuano il loro lavoro, abbandonati dalle autorità politiche. Ed il 6 luglio mettono a segno il colpaccio: l’arresto di 17 persone, tra cui i boss del clan Tripodo, l’ex assessore Izzi, il capo e il vice-capo della Polizia Municipale, dirigenti comunali e imprenditori.

Il giorno dopo l’Associazione Nazionale dei Funzionari di Polizia fa pressioni all’esecutivo per ottenere lo scioglimento della giunta comunale di Fondi, richiesta che verrà ribadita il 7 agosto dal Sindacato dei Prefetti.

Richieste rimaste inascoltate. Come spesso accade in questo paese.

Il 26 luglio, in risposta, il senatore Claudio Fazzone, raìs di Fondi, socio della Silo S.r.L. assieme al sindaco Farisella e Luigi Peppe (fratello di Franco, noto agli inquirenti per acclarati rapporti con i Tripodo) e coordinatore provinciale del PDL a Latina, chiede una Commissione d’inchiesta che indaghi sull’operato del Prefetto di Latina e sul comportamento delle opposizioni che appoggiano la richiesta di Frattasi.

Il rovesciamento dei fatti e del buon senso.

Il 15 agosto l’evento clou di tutta la vicenda: il Presidente del Consiglio risponde in conferenza stampa ad una domanda fattagli dal giornalista di Repubblica Alberto Custodero proprio sullo scioglimento di Fondi.

La risposta, dalla grande logica apparente, è la seguente:
"In Consiglio dei Ministri sono intervenuti diversi ministri, hanno fatto notare come nessun componente della giunta e del consiglio comunale sia stato neppure toccato da un avviso di garanzia. Quindi sembrava strano che si dovesse intervenire con un provvedimento estremo come lo scioglimento della giunta".
Il ministro Maroni aggiunge che il Consiglio dei Ministri ha chiesto di attendere l’entrata in vigore del pacchetto sicurezza che tra le sue norme prevede una modifica delle procedure per lo scioglimento dei comuni sotto inchiesta per infiltrazioni mafiose.

Eppure il 24 luglio, 3 settimane prima, nella stessa seduta in cui si chiedeva di attendere la nuova normativa sugli scioglimenti per Fondi, venivano approvate le richieste di scioglimento per altri due comuni: Fabrizia (Vibo Valentia) e Vallelunga Pratameno (Caltanissetta).

Nel primo sotto indagine era finito, prima di essere prosciolto nel giugno 2008, sotto inchiesta per associazione mafiosa il sindaco Giuseppe Mario Aloi (UDC), nel secondo (retto dal sindaco Giuseppe Montesano del PDL) si rilevava la sola condanna avvenuta nel passato a danno di un assessore per turbata libertà degli incanti (reato simile alla turbativa d’asta).

Nessuna indagine o condanna per mafia. Ma si è comunque proceduto allo scioglimento dei comuni. E senza attendere le nuove norme.

Perché? Perché una così palese differenza di trattamento tra tre comuni in condizioni di presenza mafiosa così simili? Inoltre la nuova normativa sullo scioglimento dei comuni non modifica nella sostanza la legge in vigore, e non chiede nessun atto di indagine formale a danno di qualcuno.

La normativa continua a concepire lo scioglimento di un comune come atto del tutto slegato da eventuali avvisi di garanzia o rinvii a giudizio. E’ un azione amministrativo-giudiziaria che pone un termine forzato ad un governo comunale colpevole (coscientemente o incoscientemente) di essersi dimostrato permeabile agli interessi mafiosi.

Una formula di tutela delle istituzioni dello Stato. Di cui Berlusconi (ed assieme a lui secondo le cronache i ministri Meloni e Brunetta) sembra ignorare i principi cardine.

Nell’arco di tutta questa vicenda, numerosi sono stati i sit-in di protesta che si sono tenuti sotto l’ingresso di Palazzo Chigi. I più attivi in questo senso Italia dei Valori e Sinistra e Libertà, in piazza assieme in diverse occasioni per chiedere un immediato scioglimento del Comune di Fondi, richiesta riproposta anche da altre forze come Partito Democratico e Rifondazione Comunista.

L’ultima manifestazione di protesta proprio ieri. Sempre davanti a Palazzo Chigi. Lo stesso giorno in cui, 135 chilometri verso sud, a Fondi, un camion di una non specificata azienda della città veniva fatto saltare in aria con dell’esplosivo.

Nessun allarme, nessuna preoccupazione. La mafia, a Fondi, non esiste.

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