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“O c’è Benny o non vado”

Una duplice storia di sconfitta, di quello che c’era di buono in Sicilia.

Il 28 marzo 2009, il Vicequestore della polizia di Stato, Gioacchino Genchi, indagato e sospeso dall’incarico durante importanti indagini condotte contro la criminalità e il malaffare, arriva a sorpresa all’auditorium di Genzano per la sessione pomeridiana della "Giornata della legalità".

Al suo seguito, un cartello di solidarietà con lo slogan “Io sto con Gioacchino Genchi”, usato davanti alla questura di San Vitale a Roma come in altre decine di mobilitazioni sparse in tutta Italia.

Un sabato sotto la bandiera della legalità voluta dai Grilli del Pigneto (VI municipio di Roma), in collaborazione con l’Officina delle Idee, sull’onda della manifestazione nazionale per Luigi Apicella di due mesi prima, assieme a “Le vittime della mafia” di Sonia Alfano ed il movimento “Ammazzatecitutti” di Aldo Pecora.

Tutto il pubblico in piedi applaude la sua entrata. “Non sono un folle. – dice il vicequestore – Da quando il 19 luglio del ’92, ho iniziato ad indagare sulle stragi di Falcone e Borsellino ad oggi, ci sono sempre gli stessi soggetti ad operare, collusi coi servizi segreti, con la politica ed il malaffare. Siamo alla necessaria resa dei conti”.



“La sospensione di Genchi è un attacco infame, è fumo negli occhi nel pieno di un caos. La farsa dei numeri, la bufala delle intercettazioni, sono il ridicolo pretesto con cui il vicequestore è stato sospeso dal servizio” . Lo dice Benny Calasanzio, il giornalista a cui la mafia assassinò il nonno e lo zio, Giuseppe e Paolo Borsellino, anch’essi nel ‘92.

Questa storia di dolore, Benny l’ha condivisa più volte, anche nella sessione mattutina coi ragazzi dei licei. La racconta ovunque da quando il fratello del giudice assassinato nella strage di Via d’Amelio, Salvatore Borsellino lo vuole sempre con sé, “o c’è Benny o non vado”dice.

Una duplice storia di sconfitta, di quello che c’era di buono in Sicilia. Benny la racconta di nuovo: “si può morire in mille modi diversi, per essersi opposti alle richieste di pizzo mafioso, per non essere stati protetti. Da tutto questo si può imparare cos’è la legalità. Io non so descrivere la giustizia, ma avverso i collusi e provo affezione alla giustizia senza averla mai vista, sono felice - conclude - di essere seduto vicino ad un indagato, mi sento un vincitore”.

Per la terza parte, “La Mafia uccide la democrazia”, erano presenti il sindaco di Genzano Enzo Ercolani, Sonia Alfano figlia del giornalista Giuseppe Alfano che lascia la presidenza dell’Associazione Nazionale dei familiari delle vittime di Mafia per un percorso diretto alle Europee, Maria Clementina Forleo magistrato, Emiliano Morrone, giornalista e scrittore, Rosanna Scopelliti, figlia del giudice A. Scopelliti, il prof. Vincenzo Guidotto del Comitato Nazionale Scuola e legalità, Aldo Pecora fondatore di “Ammazzatecitutti”, Salvatore Borsellino e naturalmente Benny Calasanzio per la quarta parte “Resistere, resistere, resistere alla mafia”.

Commenti all'articolo

  • Di gil (---.---.---.233) 7 aprile 2009 20:18

    articolo molto interessante e scritto bene di cronaca che ci racconta di un momento di riflessione su un fenomeno tipicamente italiano, un fenomeno che dobbiamo combattere. Perché se lo Stato non c’è, c’è un altro stato che rovina tutto, che ci allontana sempre di piu’ dall’Europa. 
    mai demordere nel denunciare queste cose.

    • Di hopla (---.---.---.19) 7 aprile 2009 20:30

      ciao Gil, grazie per il tuo commento.I grillini per questo sono speciali, ascoltare Calasanzio è stato conoscere un aspetto della storia che nessun testo riporterà. Quel dramma è stato superato da quello ancora più grave delle stragi, "il vuoto nel nulla" come dice lo stesso giornalista. In sala il plauso era sentito, io da semplice cronista nn mi aspettavo tale intensità. Siamo nuovi partigiani in questa lotta contro le mafie e i poteri collusi. hopla

    • Di gil (---.---.---.233) 7 aprile 2009 23:06

      ciao commentatrice,
      vorrei dire che lo spirito dei partigiani è quella giusta, e dovrebbero essere i giovani a sentirsi maggiormente i promotori per una nuova vita, dovrebbero essere loro a sentirsi i partigiani per una nuova vita, come dopo una guerra. Il problema è che la guerrra civile contro la mafia e i suoi collusi nn è partita. E quindi nn possiamo dire che sia stata vinta. Ma come si fa a sentirsi partigiani se nn si è fatta la guerra, almeno la guerriglia, la lotta. qualcosa, se nn tutto, deve essere distrutto per pensare a qualcosa di nuovo, per creare nuovi ideali, oppure no? qual’è il meccanismo per creare nuovi ideali come avevano i nostri padri che facevano i partigiani? che dopo la guerra credevano in una nuova patria una nuova terra in cui vivere con nuovi ideali

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