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Una mafia che apparentemente non spara

"Non si dimostra l’impegno dell’antimafia perché si tiene Gomorra di Saviano sul comodino", sotto scorta dal 2003, Raffaele Cantone magistrato e PM alla Direzione Distrettuale antimafia di Napoli sino al 2007, al Borgonuovo di Ferrara. (DZ@)

Sotto scorta ma libero di passeggiare in Piazza Savonarola il magistrato Raffaele Cantone si è trattenuto ancora sabato sera in centro città, al termine dell’incontro “Lotta alla mafia” organizzato dal PD estense nella sala del Borgonuovo.

Assieme a Enzo Ciconte, criminologo e consulente per la regione Emilia Romagna, al consigliere regionale Roberto Montanari, i segretari comunali e provinciali del Partito Democratico Rita Reali, Paolo Calvano e il direttore della Nuova Ferrara Paolo Boldrini. Relatori e coordinatore quest’ultimo del tavolo di discussione su di una criminalità organizzata che non riguarda più solo il sud d’Italia ma investe e cerca il suo “consenso” anche nelle regioni del Nord. “Un problema di priorità sociale che mette a rischio e indebolisce la democrazia”, spiega il segretario provinciale che introduce il tema e per il quale il PD ha approvato un programma di interventi di prevenzione per contrastarne l’espansione, di un Protocollo Antimafia per le Province e di una Stazione Unica Appaltante. “Un buon governo non lo si definisce tale perché presenta solo episodi di infiltrazioni mafiose – dice Montanari – la mafia è un fenomeno strutturale che riguarda anche l’Emilia e il vero contrasto, oltre le decisioni politiche e le leggi, è soprattutto la diffusione di una cultura della legalità e della trasparenza”.

“Questo perché – spiega Cantone - la criminalità organizzata non ha bisogno di armi per mantenere il suo stato, a prescindere dall’utilizzo immediato della violenza è piuttosto divenuto un organismo economico e garanzia di servizi. I contratti che offre – e cita il mandato in esclusiva di rivendita del latte della Parmalat ad una società del clan di Zagaria a Caserta - godono della protezione dei clan potenti, non si avvalgono né di tribunali né di sindacati". Una sorta di procedura snella “che non colpisce di pistola come mafia militare ma con il denaro, infiltrandosi nel tessuto politico ed economico”.
 
“Di fronte al problema della criminalità organizzata permane lo smarrimento di vedere cosa accade al nord ma non c’è bisogno di aspettare l’inchiesta giudiziaria – avvisa il criminologo Ciconte – il problema va affrontato dal politico e non tanto per ridurre il danno quanto per distruggerne l’interazione con la politica stessa”. Non si dimostra l’impegno dell’antimafia perché si tiene "Gomorra" di Saviano sul comodino – continua il magistrato – la mafia crea continui rapporti basati sul consenso sociale, si fa ammirare nei luoghi dove i cittadini non arrivano, è il caso dei trofei esibiti nel mondo del Calcio, diviene strumento di affari nell’ambito di appalti pubblici”. “Abbiamo investito un milione di euro senza togliere nulla ai bilanci del sociale, delle politiche ambientali e della sostenibilità - rilancia il consigliere regionale – per l’allestimento delle due leggi e gli strumenti necessari a contrastare il fenomeno della illegalità, non abbiamo tralasciato nulla e a Luglio fuori tutto”.
 
Non sappiamo se Savonarola oggi tra le ragioni di un prossimo flagello ascriverebbe tra le efferatezze degli uomini anche la mafia. Certo la “libera” passeggiata del Magistrato Cantone rilascia sulla città il senso di sfida e non di meno di una prima battaglia alle mafie che vorrebbero insidiarsi nell’ombra del Castello.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.217) 21 giugno 2011 12:25

    Sarebbe bello se ci conoscessero solo per la pizza e gli spaghetti, il Colosseo e la moda. Purtroppo non è così. Il giorno in cui al direItalia, lo straniero non ti risponderà “oh, mamma mia, mafia, berlusconi”, sarà il giorno in cui gli italiani avranno riscostruito un Paese e riconquistato i propri diritti di cittadini.

  • Di Ugo Di Girolamo (---.---.---.193) 21 giugno 2011 20:01

    Ciconte ha ragione, il cuore della questione mafiosa è il rapporto tra gruppi criminali organizzati e politica, per sconfiggere le mafie occorre spezzare questo rapporto. Gli strumenti legislativi oggi esistenti deputati a interrompere questo legame sono essenzialmente 2: la legge 221/91 per lo scioglimento degli enti locali infiltrati e il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Cantone si è fatto potavoce da un paio di anni, insieme a Forgione, della stazione unica appaltante. Di questi tre strumenti il primo è stato annullato con il cosiddetto decreto sicurezza dell’estate 2009, il secondo non è mai riuscito ad impensierire i politici, in quanto reato di difficile dimostrazione, il terzo che - al momento - è solo una proposta a mio avviso finirebbe per aggravare la situazione senza ottenere i risultati sperati. Ci sarebbe un’altra strada da percorrere per spezzare questo antico legame e su questa ipotesi all’incirca un mese fa ho inviato un articolo da me preparato alla redazione di agoravox. A distanza di un mese e più non so questo articolo che fine ha fatto, se si è perso nei meandri del web o se molto più probabilmente la redazione lo ha ritenuto - al pari di Narcomafie - inopportuno.

  • Di HOPLA’ (---.---.---.232) 22 giugno 2011 01:25
    HOPLA'

    Buonasera Ugo di Girolamo a sentire il consigliere Montanari l’investimento economico della regione Emilia Romagna nella lotta alle mafie compresa la Stazione Unica Appaltante presupporrebbe un ragguardevole obiettivo ben oltre la semplice proposta.In "Mafia romana" anche l’eccellenza del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti si è espressa favorevole alla istituzione della S.U.A. Non capisco perchè secondo lei le azioni messe in campo da regioni e province  aggraverebbero la situazione rispetto a quelle abilmente eluse dal governo. Come non capisco perchè agoravox non le avrebbe dovuto pubblicare due articoli "inopportuni". Ha provato a parlarne con la redazione? Mi èpiacerebbe leggerli, buonasera.

    • Di Ugo Di Girolamo (---.---.---.173) 22 giugno 2011 11:37

      L’articolo è stato comunque pubblicato su Strozzateci tutti e si intitola "Il ruolo della corruzione nel fenomeno mafioso".
       Lasciamo perdere le iniziative volontaristiche e parliamo di una istituzionalizzazione a livello provinciale di un simile organo. Le obiezioni principali alla Stazione unica appaltante sono essenzialmente due:
      1 - Da chi dovrebbe dipendere la STA ? da un organo politico come la Provincia? oppure dalla prefettura? nel primo caso non vedo cosa cambierebbe rispetto alla situazione corrente attuale, nel secondo si finirebbe per assegnare al ministero degli interni (nel caso di affidamento alle prefetture) un controllo sulla spesa degli enti locali. Nella situazione odierna il signor Maroni potrebbe mettere lingua negli appalti del comune di Milano o Napoli. Non mi sembra cosa buona rispetto al precedente impianto istituzionale.

      2 - Come pensa che reagirebbero le organizzazioni mafiose? direbbero "caspita siamo fregati non possiamo più controllare gli appaliti" oppure proverebbero a penetrare anche nella STA?
      Le prefetture hanno gestito da anni il rilascio dei certificati antimafia e la storia ha dimostrato che il sistema non era a prova di infiltrazioni. Inoltre, proviamo a immaginare come reagirebbero i clan. Un singolo clan probabilmente non avrebbe la possibilità di condizionare la STA, ne forse ce l’avrebbe il clan insediato nel capoluogo di provincia, la conseguenza più ovvia è che i diversi gruppi criminali di una provincia finirebbero per consorziarsi. A tutt’oggi solo le province siciliane e quella di Reggio C. sono dotate di strutture organizzative unitarie, gerarchizzate, di controllo dell’intero territorio provinciale. In provincia di Caserta all’inizio del 2008 si era giunti in una situazione prossima all’unificazione provinciale dei clan, le vicende successive hanno impedito questo cammino. Il solo rischio di spingere i clan a unificarsi provincia per provincia sull’intero territorio nazionale dovrebbe sconsigliare questa strada.

       Se poi ci mettiamo a discutere delle possibilità per i clan di controllare "indirettamente" le gare di appalto, allora è meglio cambiare strada.

       La verità è che la sinistra italiana (tutta) non ha alcuna strategia per sradicare il fenomeno mafioso dall’Italia e allora è dall’inizio degli anni 90 che tira a campare, aggrappandosi a provvedimenti che di volta in volta si sono dimostrati inadatti e che tali erano se solo ci si fosse pensato un po meglio prima. La verità è che l’intero ceto politico italiano nel rifiutare pervicacemente un sistema di controlli di legalità sul proprio operato apre spazi immensi - attraverso al corruzione - alla penetrazione dei clan negli apparati dello Stato. 

  • Di (---.---.---.154) 5 gennaio 2012 13:26
    ...al momento dell’arresto  ’’primula rossa’’ del clan dei Casalesi Michele Zagaria (7 dicembre 2011 ) secondo fonti giornalistiche, sul comodino della camera da letto questi aveva proprio "Gomorra" di Saviano e una delle pubblicazioni di Cantone ....

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