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Ultimi sviluppi del caso Parmaliana

I lettori più attenti ricorderanno quell’eclatante caso di malagiustizia, che ha portato il prof. Parmaliana a compiere un gesto estremo il 2 ottobre 2008.

Adolfo Parmaliana era professore ordinario di chimica industriale presso la Facoltà di Scienze dell’Ateneo peloritano. Era anche animato da grande passione politica, che lo vedeva protagonista delle vicende di Terme Vigliatore, paesino di circa 6.500 abitanti in provincia di Messina, posto a metà tra il Capo di Milazzo e quello di Tindari, dinanzi alle isole Eolie.
 

La località di Terme Vigliatore è stata da sempre al centro di fenomeni malavitosi, ad esempio la truffa in danno della C.E.E. nel settore degli agrumi (era proprio nel suo territorio localizzata una delle aziende che trattava gli agrumi destinati a quello che gli uomini d’onore della truffa all’AIMA, chiamavano lo “schiaccio”). E’ stata la stessa terra a dare i natali a Pino Chiofalo, detto Pinu u’ scecchu (l’asino) per i suoi modi rudi e poco ortodossi, personaggio assai carismatico, coinvolto in tanti casi giudiziari. Pare che fosse localizzato sempre nel suo territorio, persino uno dei laboratori di trasformazione delle sostanze stupefacenti, gestito dal crimine organizzato.
 
L’intervento dello Stato è culminato nello scioglimento del Consiglio Municipale da parte del Presidente della Repubblica per via delle infiltrazioni mafiose, salutato dal prof. Parmaliana con un volantino politico di giubilo.
 
A causa di questo volantino il professore è stato rinviato a giudizio per calunnia dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto. La sua reazione è stato un volo da un viadotto dell’autostrada Messina-Palermo, dopo aver lasciato una lettera in cui spiegava le ragioni del suo gesto.
 
Oggi il sito www.illume.it/ , nato ad opera sua e la cui attività è proseguita dopo il luttuoso evento, pubblica un Comunicato, da cui si apprende che “fra il 1995 e 1998 Adolfo Parmaliana propose numerose denunce contro l’amministrazione comunale di Terme Vigliatore rubricate ai nn. Rg nr 9/95, 53/95, 476/96, 178/97, 1086/97, 299/98, 644/98, della Procura di Barcellona P.G." ed assegnate dall’allora capo Rocco Sisci al Sostituto Procuratore Canali Olindo.
 
Non avendo risposte Adolfo Parmaliana si rivolse alla Procura Generale per l’avocazione dei procedimenti. Dal 1998 il Sostituto Procuratore Generale Dr. Marcello Minasi chiese costantemente notizie di questi procedimenti, e nel 2002 non potè che avocare le indagini e così scrisse il 2 ottobre del 2002 nella richiesta di archiviazione (che dovette formulare essendo ormai scaduti i termini di prescrizione, richiesta dovutamente accolta dal GIP che non potè che rilevare l’intervenuta prescrizione).

Insomma dinanzi alle denunce del prof. Parmaliana, l’inerzia della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, sino alla prescrizione dei reati per scadenza dei termini. Non adotta un linguaggio ambiguo il Sostituto Procuratore Generale dottor Marcello Minasi, autentico Giudice a Berlino: "Risulta dagli esposti del Parmaliana, un impressionante spaccato di malcostume, cattiva amministrazione, inefficienza, manipolazione dei pubblici poteri per interesse personale, impudente confusione tra la funzione pubblica ed il privilegio personale e familiare che certamente non hanno trovato un’adeguata risposta né negli organi giurisdizionali né da quelli di controllo amministrativo e contabile (…). In conclusione dalla miriade degli atti irregolari, illegittimi ed illeciti, resta l’accorata ed inascoltata denunzia del Parmaliana sì che non appare eccessiva la descrizione del comportamento degli organi preposti al controllo di legittimità ed efficienza ed alla repressione degli illeciti come silenzio dello Stato”.
 
Il Procuratore Generale di Messina ha inviato gli atti alla Procura di Reggio Calabria, che ha avviato un procedimento penale a carico del magistrato Olindo Canali per il reato di abuso d’ufficio, archiviato dopo due anni.
 
In appresso il rinvio a giudizio del prof. Parmaliana da parte della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto ed il triste epilogo. Oggi Olindo Canali, coinvolto nella strana vicenda della pubblicazione di un suo memoriale affidato ad un giornalista del quotidiano locale, è stato sottoposto a nuova indagine da parte del C.S.M. e ne ha preceduto le decisioni sulla sua compatibilità ambientale chiedendo di essere trasferito.
 
Questa vicenda, soprattutto nei suoi ultimi sviluppi, dovrebbe spingere il Governo ad agire con efficacia nella riforma del sistema giudiziario penale, che spesso e volentieri riesce a mettere i cittadini in così gravi condizioni di violazione della dignità della loro persona: per la riforma della Giustizia non è più il tempo dei “pannicelli caldi”.
 
Dovrebbe essere d’esempio l’operato del Ministero del Welfare, che ha prodotto un Libro Bianco adottando come “primo valore la centralità della persona”: anche l’amministrazione della Giustizia dovrebbe porre al centro, l’attenzione all’umanità dei cittadini.
 
Inutile dire cosa appare come assolutamente necessario: consentire la partecipazione alla fase inquirente nel modo corretto sia della parte lesa sia dell’imputato, abbandonando il dogma del segreto istruttorio fine a se stesso. E perseguire anche per l’attività giudiziaria la massima trasparenza. Aspettiamo alla prova il Ministro Angelino Alfano.

Commenti all'articolo

  • Di angela (---.---.---.211) 12 maggio 2009 21:52

    B I U
    Chi ha scritto questo testo non sa evidentemen te che Il Minasi Marcello è sotto processo per alcuni reati, Ed ha grandissima capacità di gettare nella angoscia e malessere una persona, studiando ogni mossa :furto e lesioni, ingiuria, minacce.

    • Di Aiello Bernardo (---.---.---.82) 15 maggio 2009 10:30
      Rispondo alla signora Di Angela (è corretto ?).
      Il tono ed il contenuto del suo intervento confermano i generali timori di una mancanza di serenità nell’Amministrazione della Giustizia. Dispiace dirlo, ma talora questa è in pericolo di tracimare in una sorta di “guerra per bande”, dinanzi alla quale il cittadino resta basito. La conseguenza è che il ricorso alla Giustizia è diventato nella considerazione dei più un’estrema ratio, da attuare comunque incrociando le dita perché, come i cioccolatini di Forrest Gump, non si sa mai quello che ti capita (ed il caso Parmaliana docet). Di questo sono certamente consapevoli sia i vertici istituzionali sia i rappresentanti più autorevoli delle due parti politiche. La speranza è che, senza litigarsi, riescano a porvi rimedio al più presto (magari riformando composizione e funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura). Anche su questa tematica è grande l’attesa per l’iniziativa riformatrice del Ministro della Giustizia.
      Bernardo Aiello

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