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Tutto questo è Capitalismo

Certo tutto questo è capitalismo! E lo sfruttamento assume forme e dimensioni a seconda della lotta di classe. La fase attuale sta modificando profondamente la struttura stessa della composizione della classe e del vivere quotidiano dei singoli individui, un'evoluzione sia in quantità che in qualità dei consumi individuali e delle famiglie. Le modificazioni attuali, in progress e quelle che verranno non hanno uguali nella storia moderna sia in termini relativi quantitativi che di progressività qualitativa.

Tutto questo si può evincere leggendo i dati del rapporto 2013 BES - benessere equo e sostenibile - dell'ISTAT, che certo si può dire asettico o obiettivo, ma sicuramente non dal punto di vista della classe degli sfruttati. I dati dimostrano l'accelerazione all'impoverimento e alla riduzione nei consumi cosi detti di prima necessità, viveri e abbigliamento, ma sopratutto l'allargamento, la proletarizzazione in termini marxisti, dei ceti ex medi e medio bassi. Il diffferenziale fra famiglie agiate e quelle impoverite aumenta in maniera vertiginosa, allargato ai secondi con una diminuzione in termini numerici e di affollamento per i primi.

Tutto questo è capitalismo? Sì, certo! Ma una nuova e diversa faccia del capitalismo! Una nuova fase con la finanziarizzazione del capitalismo produttivo, e con l'inversione e capovolgimento alla guida del capitalismo. La nuova fase vede la finanza e gli istituti finanziari che dettano legge, tempi, modi nello sfruttamento delle risorse sia in termini umani che della natura e il capitalismo produttivo a ruota, cinghia di trasmissione con lo spostamento del plusvalore dai secondi prodotto e trasferito in termini di rendita finanziaria. Una lotta prima di tutto fra capitalisti che vede la classe degli sfruttati come merce e terreno di scontro. E in questo scontro la voce politica e di classe è del tutto scomparsa tutta sussunta ai bisogni e agli interessi del capitale in qualunque forma essi si presentano. Tutto passa dal politico al naturale, alla inevitabilità dei sacrifici, e dell'impoverimento.

E in questo ci sta tutto anche l'altro dato. Mai come nell'anno 2012 l'export italiano per 1000 prodotti è il quarto in termini mondiali, dopo Cina, USA, Germania (non in quest'ordine). I prodotti vanno dall’abbigliamento (27%), all’informatica (24%), il grocery (18%), il turismo (13%), le assicurazioni (12%), l’editoria (4%),il Mobile( +160%), macchine utensili, (1,3%), ecc. Un dato questo che dovrebbe far riflette su come siano "naturali ed inevitabili" gli strumenti economici e tecnici messi in opera per fronteggiare la crisi. Di fronte ad un mercato interno asfittico, con aziende che chiudono per mancanza di consumi, quelle esportatrici aumentano il loro fatturato.

Cioè la diminuzione in termini relativi e assoluti di salario e condizioni di vita è utilizzata non per sanare il debito pubblico (sventolato come causa di tutti i mali che infatti non diminuisce ma anzi va sempre piu aumentando), ma per favorire in termini economici l'esportazione e impedire che i nostri partner possano esportare nel nostro paese (meno salario meno possibilità di consumi sia per le nostre aziende, ma sopratutto per quelle straniere). E l'aumento di export non si traduce anche volendo in minima parte con un aumento salariale per i lavoratori impiegati in quei settori, ma tutto in profitto o meglio in rendita finanziaria per quelle banche e istituti di credito che hanno finanziato quelle imprese. In altri termini il plusvalore prodotto passa fra le mani dei capitalisti produttivi per finire sotto forma di rendita negli istituti di credito.

È questa la nuova fase del nuovo capitalismo. Certo tutto questo è capitalismo, ma una faccia nuova del capitalismo. Capire la fase - si diceva una volta - è metà dell'opera per contrastarlo, ammesso che vi siano soggettivamente le condizioni per una organizzazione di classe.

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