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“L’invenzione del colpevole”, un documentario sulla Pasqua del 1475, la ricerca del “capro espiatorio”

Trento, 1475, vigilia della Domenica della resurrezione, la Pasqua cristiana, e della Pesach, la Pasqua ebraica. Simone, un bambino di due anni e mezzo, scompare nel nulla. Tre giorni dopo viene trovato morto.

Del delitto sono accusati gli ebrei della comunità locale, arrestati e messi sotto processo. Gli imputati sostengono la propria innocenza ma poi, sotto tortura, confessano un crimine che non hanno commesso. Si parla di “omicidio rituale”, un’accusa che si va consolidando. Il processo si conclude con lo sterminio dell’intera comunità ebraica di Trento.

Il bambino conquista la devozione popolare, grazie a una pervasiva opera di promozione del culto messa in atto dal vescovo di Trento Johannes Hinderbach, che utilizza abilmente i nuovi mezzi di propaganda, in particolare la stampa a caratteri mobili di recente invenzione. Simone diventa un “martire”, compie miracoli. Il vescovo punta a farne un “santo”, nonostante le perplessità del papa. S’impone il suo culto, che la Chiesa accetta nel 1588 e che sarà abolito solo nel 1965.

A partire da questa storia, che contribuisce a consolidare pregiudizi sedimentati già da tempo, come quello che vede gli ebrei usare il sangue dei bambini per impastare le azime, l’antigiudaismo si trasforma in antisemitismo. Dalla morte di Simone ad Auschwitz, fino agli attuali discorsi d’odio antisemita, non c’è soluzione di continuità.

Di ciò parla il documentario “L’invenzione del colpevole” di Luca Criscenti, patrocinato da Amnesty International, che sarà presentato a Roma il 22 aprile (cinema Barberini, alle 19).

L’estrema attualità di quest’opera sta anche nella ricerca del colpevole a tutti i costi, attraverso procedimenti giudiziari basati su confessioni estorte sotto tortura usate come uniche prove contro gli indiziati e sull’aggiramento dei meccanismi di monitoraggio e di revisione delle sentenze. A distanza di oltre mezzo millennio, sono persino analoghe le tecniche di tortura e la decapitazione come metodo di esecuzione delle condanne a morte.

Non da ultimo, va sottolineato il fatto che inventare un colpevole comporta la rinuncia alla ricerca del vero colpevole.

Un caso contemporaneo tra i tanti: Hakamada Iwao ha trascorso quasi 50 anni in un braccio della morte del Giappone, accusato di un quadruplice omicidio. È stato dichiarato ufficialmente innocente nel novembre 2024. I discendenti delle quattro vittime sono rimasti senza giustizia.

Il messaggio universale de “L’invenzione del colpevole” è che la giustizia può diventare strumento di società chiuse, che definiscono la propria identità attraverso la costruzione di un nemico, rifiutando gli stranieri, i “diversi”, gli appartenenti ad altre comunità. Il modello di Trento del 1475 ha tante repliche tristi e tragiche ancora ai nostri giorni.

Oggi, in voluta coincidenza con quanto accadde esattamente 550 anni fa, il documentario verrà proiettato a Trento.

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