Strage di via Fani e il comunicato n° 1 delle Br
Il 16 marzo del ’78 il presidente della Dc, Aldo Moro, veniva sequestrato da un gruppo di uomini armati e gli agenti di scorta uccisi. Un’azione da commando scelto, addestrato e militarmente organizzato compiva la strage di via Fani con l’eccidio di cinque servitori dello Stato: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi.
Poche ore dopo l’agguato le telefonate alle agenzie di stampa in cui degli anonimi telefonisti rivendicavano l’azione a nome delle Br. Dopo due giorni, il 18 marzo, in seguito ad una telefonata al “Messaggero”, le Br facevano recapitare il “Comunicato n° 1” all’interno di una busta rossa contenente anche una foto polaroid in bianco e nero di Aldo Moro.
Altre telefonate anonime pervenivano alle redazioni del “Tg1”, di “Radio Onda Rossa”, all’agenzia “Adn Kronos” e del quotidiano “Vita”.
Nella foto il Presidente era ritratto seduto dietro un drappo con la stella a cinque punte: era la prova che Aldo Moro era ancora in vita. Nel comunicato i brigatisti rivendicavano la paternità dell’azione, informavano che il Presidente era stato catturato e rinchiuso in un “carcere del popolo” e che sarebbe stato sottoposto ad un processo innanzi ad un Tribunale del popolo dove “tutto sarà trattato pubblicamente”.
All’inizio del comunicato si legge: ”Giovedì 16 marzo un nucleo armato delle Brigate Rosse ha catturato e rinchiuso in un carcere del popolo Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. La sua scorta armata, composta di cinque agenti dei famigerati Corpi Speciali, è stata completamente annientata. Chi è Aldo Moro è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino ad oggi il gerarca più autorevole, il “teorico” e lo “stratega” indiscusso di quel regime democristiano che fa trent’anni opprime il popolo italiano. Ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la DC è stata artefice nel nostro paese, dalle politiche sanguinarie degli anni ’50, alla svolta del “centro-sinistra” fino ai giorni nostri con “l’accordo a sei”, ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l’esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste.”.
Le Br scrivono di “Corpi Speciali”, riferendosi ai cinque agenti di scorta massacrati, in realtà erano due carabinieri e tre poliziotti, poi scrivono dell’”Accordo a sei”, riferendosi alla nuova maggioranza di governo, ma per essere a sei la maggioranza avrebbe dovuto includere il Partito Liberale, che invece ai primi di marzo aveva deciso di passare all’opposizione. Una rivendicazione che sembra essere stata preparata in anticipo.
Il sequestro Moro accadeva alla vigilia del voto di fiducia al IV governo Andreotti con l’appoggio politico del Partito comunista. Si trattava del “compromesso storico”, tra il segretario del Partito Comunista Berlinguer e Moro presidente della Democrazia Cristiana. Un accordo che vedeva l’opposizione sia interna ai due partiti, dovute alle diverse correnti, che esterna al quadro politico italiano.
Salvatore Falzone
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