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Siria: bombardamenti al Sarin, ma il governo smentisce

Entrare nella guerra civile siriana vuol dire entrare in un rompicapo. Un rompicapo che rivela alcune sorprese inaspettate, specie in tema di armi chimiche. È di oggi la notizia che accusa le forze lealiste di Assad di aver utilizzato nei pressi di Damasco il gas Sarin, unanimemente considerato arma di distruzione di massa. Ma qualcosa non torna.

L'antefatto storico

Molti giornali, presi dalla violenza della guerra siriana, non si sono soffermati molto su chi fosse Bashar al-Assad, un particolare non di poco conto. Assad eredita il potere in Siria dal padre, Hafiz al-Assad. Il contesto nel quale opera il padre è quello dei grandi mutamenti in Medio Oriente, a cavallo tra anni '60 e '70. Sono gli anni in cui Gheddafi sale al potere in Libia, ma si ha anche l'avvento del partito Baath - "socialista" - con Hussein in Iraq e Assad in Siria. Tutto si svolge in un anno, il 1969, ma soprattutto in una specifica direzione, quella che porterà Israele verso l'isolamento, almeno fino alla batosta impartita all'Egitto di Sadat nella guerra dello Yom Kippur del 1973 (per approfondire: Di Nolfo, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici, Laterza).

Spine nel fianco, insomma, per Israele e gli Stati Uniti, arrivate al culmine con la rivoluzione khomeinista in Iran. Tutto fondamentalismo islamico, si dirà. Sbagliato: il partito Baath, e in particolare Hussein fanno del laicismo un vanto e raggruppano a sé quelli che teoricamente sarebbero i moderati islamici, ossia l'ala sunnita del paese. E anzi, se al giorno d'oggi fa notizia parlare di repressione degli sciiti - considerati più violenti perché "più islamisti" - nel 1980 Saddam dichiarava guerra proprio all'Iran (sciita). Cosa che non può che far piacere agli Stati Uniti, umiliati dall'aggressione alla propria ambasciata perpetrata dai khomeinisti nel 1979 (una ferita che sarà alla base dell'avvento di Reagan al potere). Oggi i ribelli - seguiti da Obama - muovono ad Assad quelle accuse che nel 2003 si mossero a Hussein, vicino al presidente siriano non solo per barbarie, ma anche per simpatie (e antipatie) politiche. E allora si vide quanto fondate erano le accuse.

I fatti contestati

Secondo quanto riportato da attivisti alla Reuters e ad Al Arabiya, un numero imprecisato di siriani sarebbe morto in un bombardamento da parte delle truppe lealiste di Assad. Le vittime - che oscillano tra i 200 e i 650 - sarebbero state colpite con armi di distruzione di massa, più precisamente col gas sarin, un agente nervino. A confermarlo sarebbero le immagini pubblicate dagli attivisti, riportate anche dal Corriere della Sera e dal Messaggero.

In entrambi i casi si parla di "presunte vittime", e una ragione c'è. La prima di queste è certamente la tempistica: proprio in questi giorni una commissione Onu sarà sul campo siriano per verificare l'utilizzo di armi chimiche nel conflitto. Mentre si parla di "regime siriano" e di "forze di liberazione" però si sta combattendo uno scontro più sporco e confuso di quanto si pensi. Anche la diplomazia ai tempi della guerra civile tende a rivelarsi molto vicina alla pura improvvisazione, figurarsi quanto possa risultare chiaro ai semplici osservatori.

Già, perché le fonti sono discordanti, e le immagini possono facilmente confondere e distorcere la realtà. Quello che sappiamo con certezza è che il sobborgo di Ghouta nei pressi di Damasco è stato soggetto a bombardamenti tra martedì e mercoledì scorso. È però ad oggi difficile andare oltre la cortina di fumo e di propaganda che già ha fatto degli abitanti dell'area i martiri della rivoluzione (l'area era sotto occupazione dei ribelli). Per questo si parla anche di bambini, non perché contino le loro vite, ma perché sono l'arma prediletta del potere. Tutto questo nonostante le notizie non siano confermate da fonti indipendenti. Ma ormai l'uso di armi di distruzione di massa è passato sotto l'egida della rete, dei tweet, delle fonti non confermate. Gli stessi video possono essere fonti di inesattezze letali se si vuole scoprire la verità. Prima di passare agli effetti del sarin quindi, occorre chiarire alcuni aspetti delle strategie d'intelligence.

False Flag

Il primo punto da prendere in considerazione è quello delle responsabilità, che è poi quello insospettatamente più complesso. Questo video, pur nelle tendenze complottistiche care alla YouTubemania centra il punto in questione. Parla infatti dei rischi che la confusione causata dal conflitto possa coprire tattiche di false flag

Per false flag si intende la tattica offensiva di spionaggio atta a perpetrare un crimine facendo credere, nel contempo, che il responsabile sia il nemico. Il false flag è tanto facile da preparare quanto difficile da scoprire, ed è per questo che va preso in considerazione se non si vogliono seguire specchietti per le allodole (facendo comunque attenzione ai complottismi di maniera).

Le ragioni di una false flag possono essere molteplici, e il fatto che a confermare l'uso di armi chimiche siano fonti d'intelligence israeliane non può certo aiutare. Il nostro amico con la passione dei complotti parla di escalation verso la terza guerra mondiale, e forse se non si fa attenzione neanche si sbaglia più di tanto (dopotutto l'economia mondiale gira attorno al Golfo Persico). Per ora possiamo intanto rimetterci al fatto che gli Stati Uniti pensano ad un intervento massiccio, autorizzando almeno l'ipotesi di una escalation regionale. D'altronde si è provveduto ad abbattere Gheddafi proteggendo gli interessi della dinastia senussita tanto cara agli states (la stessa alla quale si prometteva negli anni venti un grande stato arabo); e si è già provveduto ad assassinare l'altro membro eminente del partito Baath, Saddam. Un bombardamento con armi chimiche atto a far scattare il conflitto non sarebbe certo qualcosa di sconvolgente.

Gli effetti del Sarin

Sempre i video ci danno un senso di quale potrebbe essere la realtà in mezzo a tante menzogne. Il Sarin è un gas dalle qualità particolarmente utili per l'una e l'altra parte. Si tratta infatti di un gas nervino, inodore, incolore e volatile. Il che lo rende estremamente funzionale per chi volesse farlo esplodere in una nube tossica senza poi lasciare troppe tracce. L'effetto del gas nervino infatti non si segnala per le ustioni e ferite orrende tipiche dei gas urticanti (iprite, agente arancio, etc.), e può quindi detonare in mezzo a semplici esplosivi, lasciando nulla più di una vittima agonizzante, con il sistema nervoso in collasso e conati di vomito. Il gas è utile però anche per chi volesse simularne l'uso da parte del nemico, proprio per lo stesso motivo. Dopo tutto è incolore, inodore e lascia segni per cui non servono molti effetti speciali. Peccato - come segnalato dall'amico complottista - che il Sarin abbatta una capra in 2 minuti, mentre i video mostrano uomini in preda a spasmi nei letti di ospedale, presumibilmente dopo almeno 15-20 minuti. Qualcosa non torna, a meno che non si tratti di agenti diversi dal Sarin, con effetti letali non altrettanto rapidi. Antidoti esistono certo, ma il dubbio rimane.

Le armi di Assad

Per documentarsi in ambito militare un sito può rivelarsi una vera manna dal cielo (almeno per chi voglia perdere un po' di sonno). Si tratta di Global Security, e permette di visualizzare informazioni aggiornate sui contingenti, anche in ambito di WMD (armi di distruzione di massa). La pagina dedicata alle armi chimiche in dotazione dell'esercito siriano è piuttosto interessante, che si sostenga l'una o l'altra teoria. Lo studio è radicato in tempi non sospetti, almeno per quanto riguarda il conflitto siriano.

Riporta fonti che già nel 2001 parlavano del rischio di armi chimiche a Damasco: "La Siria ha cercato precursori per armi chimiche ed esperti dall'estero durante il periodo analizzato. Damasco ha già una scorta di agente nervino Sarin, e sembra che la Siria stia cercando di sviluppare altri agenti nervini tossici e persistenti. La Siria rimane dipendente da fonti straniere per gli elementi chiave del suo programma per le armi chimiche, inclusi precursori ed equipaggiamento chiave per la produzione. È altamente probabile che la Siria stia sviluppando anche una struttura offensiva di armi biologiche."

L'approccio è chiaro e mette anche in evidenza il fattore base di ogni guerra civile: senza armi non si vince. Chi non ne ha deve procurarsene, e troverà sempre una potenza ben gentile e pronta a dare via al massacro. Chi siano i volenterosi aiutanti di Assad rimane oscuro, ma un problema non irrilevante di questa citazione - e dell'intero documento di GS - rimane degno di considerazione. La fonte è infatti la CIA, e la Cia (almeno tendenzialmente) mente. Fatto sta però che siamo arrivati al punto: le armi - almeno secondo americani e israeliani - dovrebbero esserci.

Cui prodest? Al solito dietro le bellissime parole, la considerazione su chi ci guadagna andrebbe presa molto seriamente. La realtà potrebbe essere meno romantica di quanto le groupie dei diritti umani vorrebbero far pensare. Di nuovo tocca guardare ad Israele e ad una bizzara notizia apparsa su Haaretz il 14 novembre 2011. L'importante giornale israeliano riporta le entusiatiche dichiarazioni di una casa farmaceutica nazionale, la Protalix BioTherapeutics: il farmaco PRX-105 da essa sviluppato potrebbe curare anche il morbo di Parkinson.

Sviluppato nel 2010, il PRX-105 è un farmaco anti-nervino prodotto all'interno di un programma di biodifesa: con un asset da 78,73 milioni, la Protalix avrebbe molto da guadagnare se si spingesse sulla psicosi da armi chimiche già avviata con l'operazione in Iraq. Tant'è che nel 2009 si avvicinava alla Pfizer (americana, 185 miliardi di asset) per commercializzare il suo taliglucerase alfa.

D'altronde il settore più colpito in Siria rimane quello della produzione farmaceutica, a quanto riporta Arabpress. Chissà cosa verrebbe da pensare se si venisse a sapere che John Kerry, mostrando spirito di pace, ha subito chiarito: "Subito 60 milioni di dollari in aiuti ai ribelli: ma niente armi, solo cibo e medicinali". Probabilmente - ma qui scendiamo nelle teorie da malpensanti - verrebbe da chiedersi quanti di questi medicinali siano stati sperimentati...

 

Foto: Freedom House/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di pint74 (---.---.---.227) 21 agosto 2013 18:20
    pint74

    Servono scuse per giustificare gli interventi armati nato o la vendità di armi ai ribelli.Le guerre in IRaq e Libia insegnano...Se l’opinione pubblica crede alle notizie passate ai mass media e si indigna ,allora le lobby della guerra avranno una buona giustificazione per organizzare l’ennesima carneficina a spese della popolazione civile,che al potere ci sia un dittatore o no,poco importa,quel che conta è il businness della guerra e l’accaparrarsi,con la scusa della democrazia,le materie prime.

  • Di (---.---.---.36) 21 agosto 2013 18:27

    Evidentemente,nessuno ha spiegato a questi"figuranti" che il Sarin assieme al Tabun,i quali sono gas nervini,non solo si trasmettono x via respiratoria,ma anche x via cutanea,cioé attraverso la pelle,x cui NON basterebbe la sola maschera antigas x la protezione ma occorrerebbe anche una tuta completa x la difesa NBC(nucleare,biologica e chimica)cosa che nessuno di loro possiede,non hanno nemmeno una semplice maschera,figurarsi la tuta completa NBC!

    Pertanto,se fossero veramente stati esposti ad un attacco chimico con sarin,sarebbero TUTTI,ripeto,TUTTI morti in almeno 2/3 minuti,dall’esposizione al gas,come si vede nel filmato con la capra cavia,credo di origine USA:
    ps
    quando ero militare ci fecero fare un corso di difesa NBC(del quale ho conservato un piccolo manuale x ricordo)ebbene sempre ci dicevano che x difendersi dai gas nervini,non bastava la semplice maschera,ma occorreva una combinazione completa anti NBC,conposta da maschera,cappuccio,tuta,guanti e sovrascarpe,altrimenti saremmo tutti morti nel giro di pochi minuti,NON parliamo poi della decontaminazione degli oggetti e veicoli,irrorati dal gas,se qualunque cosa contaminata fosse appena,appena toccata da una persona,senza la protezione della tuta quest’ultima sarebbe morta in pochi minuti,tra atroci sofferenze.
    Alexfaro
  • Di Persio Flacco (---.---.---.128) 21 agosto 2013 21:19

    Un elemento assai poco considerato, direi anzi sistematicamente ignorato, nelle gran parte delle analisi sulla crisi siriana è la relazione tra questa e l’eventuale guerra contro l’Iran.
    Nel 2008 Siria e Iran, rivedendo un precedente accordo del 2006, hanno siglato un “Patto di mutuo supporto a difesa dell’indipendenza e dell’integrità territoriale di Iran e Siria”: un vero e proprio impegno reciproco ad intervenire militarmente l’uno in difesa dell’altro in caso di conflitto.

    Poniamo che qualcuno stia pensando seriamente ad uno strike contro gli impianti nucleari iraniani, e poniamo che a lavorare per predisporre in tal senso le condizioni che garantiscano la migliore riuscita dell’attacco siano i governanti sionisti israeliani: basta osservare una mappa dell’area per capire che la situazione immediatamente successiva all’attacco potrebbe vedere Israele stretto in una tenaglia tra Iran e Siria, senza contare Hezbollah in Libano e i suoi attacchi missilistici a saturazione che ha già sperimentato con efficacia nel 2006.
    Un rischio terribile, percepibile anche da chi pensa di avere la mano di dio sulla testa.

    La tremenda crisi che si è abbattuta sulla Siria potrebbe togliere da questo scenario un attore assai scomodo: se il regime di Bashar al-Assad cadesse, anche se il suo posto venisse preso da un coacervo di gruppi estremistici il risultato sarebbe raggiunto e la strada di un attacco all’Iran sarebbe aperta.

    Tanto più che probabilmente la caduta dell’attuale regime sarebbe seguita da una fase caotica di gruppi in lotta tra loro incapaci per lungo tempo di esprimere una qualsiasi univocità di intenti.
    Inoltre, caduto Assad per mano della variegata galassia sunnita, anche il movimento sciita di Hezbollah perderebbe uno dei suoi più importanti supporti regionali, e da questo uscirebbe certamente indebolita e ridimensionata nelle sue potenzialità militari.

    Se ciò avvenisse, considerata la distanza che lo separa da Israele, è probabile che l’Iran non avrebbe grandi possibilità offensive nel portare la sua eventuale rappresaglia su Israele. 
    La V flotta USA nel Golfo Persico e le basi militari in Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar, probabilmente riuscirebbero a stendere un ombrello di protezione che si suppone possa essere abbastanza efficace. La formula dubitativa è d’obbligo: è difficile sapere esattamente di quali mezzi di offesa disponga l’Iran. Di certo si sta preparando alla guerra da molti anni.

    Vista in questa prospettiva la ostentata indifferenza di Israele per quello che accade in Siria risulta sospetta, e i raid aerei portati in territorio siriano dai suoi jet acquistano il senso di un aiuto portato ai ribelli in difficoltà. Come pure è indicativa l’uniformità di pessimi giudizi contro il regime siriano e l’indulgenza verso i ribelli che le grancasse sioniste in occidente hanno suonato ininterrottamente dall’inizio della crisi.

    Normalmente, quando si nota nel panorama mediatico la sistematica omissione di un elemento importante per la comprensione degli eventi in atto, è bene sospettare che si tratta di qualcosa di importante, che si tratta di un elemento che cambierebbe il senso di molte delle analisi che vengono proposte.

    Ma nel contesto di un possibile scenario di guerra con l’Iran c’è anche un altro elemento che viene sistematicamente ignorato dai mass media e dalle pensose analisi che li percorrono, forse ancor meglio nascosto dell’altro.

    Si tratta di questo. Ipotizzando che l’Iran reagisca con tutte le sue potenzialità militari all’eventuale attacco contro le sue installazioni nucleari e che decida di iniziare una guerra senza quartiere contro le forze USA e contro Israele, la domanda è: in che modo il conflitto potrebbe arrivare ad una conclusione?

    In genere un conflitto ha termine quando vi è la resa di uno dei contendenti, ma se uno dei contendenti fosse fortemente risoluto a portare lo scontro alle ultime conseguenze, se fosse motivato da ragioni fortemente ideologiche e/o religiose, se disponesse di una popolazione giovane e numerosa, di un territorio vasto e in gran parte montuoso, di buoni dispositivi di resistenza, sarebbe arduo indurlo alla resa. 

    Meglio: sarebbe arduo se fosse possibile condurre una invasione di terra con truppe numerose, ben appoggiate da mezzi meccanizzati, servite da linee di rifornimento efficienti in grado di reggere un lungo conflitto; sarebbe impossibile se non si potesse procedere ad una invasione di terra. In tal caso la resa potrebbe essere la soluzione più economica per l’attaccante, sempre che l’attaccato voglia accettarla. Una volta iniziato un conflitto di questo tipo non ci si può sfilare senza pagare un alto prezzo.

    Ebbene lo scenario seguente ad uno strike condotto da forze aeree israeliane potrebbe diventare questo:
    l’Iran risponde attaccando a sua volta Israele;
    se la risposta iraniana si dimostrasse abbastanza efficace da raggiungere con armi convenzionali e non convenzionali le città israeliane, le basi militari USA, gli interessi americani nell’area, nonostante l’ombrello americano gli USA, pressati dalle lobby nel Congresso, dovrebbero intervenire attivamente contro l’Iran; è probabile che dopo un certo tempo l’attacco dall’aria si dimostrerebbe del tutto inadeguato a piegare l’Iran, ma l’invasione di terra per le capacità statunitensi è irrealizzabile; le FFAA statunitensi si trovano impelagate in un conflitto costosissimo che non possono vincere ma che nemmeno possono perdere volendo mantenere la loro presa sul MO.

    A questo punto la soluzione più probabile per avere ragione militarmente dell’Iran sarebbe l’impiego delle armi nucleari. L’effetto di una tale scelta: è facile prevederlo, sarebbe terribile per tutti gli attori coinvolti e aprirebbe scenari potenzialmente da terza guerra mondiale.

    Questo scenario, che io ritengo probabile in caso Israele decidesse di lanciare il suo strike, e che è ovviamente da evitare ad ogni costo per il bene di tutti, è quello più accuratamente ignorato dai mass media. Il motivo è evidente.

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.99) 22 agosto 2013 10:20
      Francesco Finucci

      Beh, basterebbe prendere in considerazione un fatto. Degli stati canaglia indicati da Reagan prima e Bush poi, l’Iraq è stato distrutto, l’Afghanistan pure, manca la Corea del Nord e l’Iran. E ora la Siria è in atto di defenestrazione. C’è un effetto domino che è preoccupante e che si affianca a quello relativo alla Primavera Araba, che non va sottovalutato. Tempo fa pensavamo con un collega al casino che avrebbe potuto creare un’instabilità nel MO che di fatto è militare, non solo economico-diplomatica come quella del 1973. E questo effetto è uno scenario da WW3, onestamente.

      Tempo fa scrivevo questa cosa, al riguardo, se ti va dagli un’occhiata: http://mensantithetica.wordpress.co.... Comunque direi che il rischio escalation è reale, e le ragioni chiare. Il punto è vedere dove arriveranno. Credo il punto sarà come e fino a che punto Israele vorrà utilizzare il proprio esercito di terra, che è l’unico probabilmente in grado di competere con quello iraniano per numero, qualità e conoscenza del campo (cosa che manca agli Usa).

    • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 22 agosto 2013 14:20

      << Beh, basterebbe prendere in considerazione un fatto. Degli stati canaglia indicati da Reagan prima e Bush poi, l’Iraq è stato distrutto, l’Afghanistan pure, manca la Corea del Nord e l’Iran. E ora la Siria è in atto di defenestrazione.
      C’è un effetto domino che è preoccupante e che si affianca a quello relativo alla Primavera Araba, che non va sottovalutato. >>

      Già. Gli USA di Bush sono usciti con le ossa rotte da due guerre contemporanee (Afghanistan e Iraq, oltre a varie altre bagattelle in Africa) e i sogni di grandezza dei neocon per un nuovo secolo americano si sono infranti contro la dura realtà dei costi della guerra. Costi anche umani: in una certa fase mancava anche il personale per il turnover sul campo in Iraq. Ammazzare all’ingrosso è costoso e faticoso, e gli USA hanno scoperto di non avere risorse infinite.

      Si sperava in Obama: l’outsider imposto dai cittadini statunitensi agli apparati di partito, chiamato a gestire il disastro lasciato dal predecessore e dalla banda di malfattori che aveva intorno e a far cambiare strada al paese. "Sono qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto. E sulla verità: America e Islam non devono essere in competizione.[...]" 

      Una buona volontà obbligata quella di Obama, sicuramente dovuta alle risorse diventate scarse, ma anche un approccio originale del meno yankee tra i presidenti americani (e mi riferisco al modo di pensare non al colore della pelle). 

      Purtroppo mancò ciò che avrebbe dovuto garantire la concreta buonafede di quell’impegno: la pace tra Israele e arabi palestinesi.

      La disattivazione di quel potente catalizzatore di ogni tensione antioccidentale e anti israeliana nel mondo arabo islamico, il conflitto israelo palestinese, non ha avuto la forza di realizzarla. 

      Il Congresso, colonizzato trasversalmente dalle lobby e con la presenza di un partito repubblicano mutato geneticamente dal contagio neocon, si è messo di traverso.
      Ricordo che nel 2010, nel vivo delle pressioni di Obama sui contendenti per indurli a concretizzare un accordo definitivo, una folta delegazione di congressisti guidata dal senatore sionista Joe Lieberman (formalmente democratico) affiancato dal repubblicano John McCain si recò in Israele per rassicurare i governanti israeliani. Lieberman dichiarò che "Any attempt to pressure Israel, to force Israel to the negotiating table by denying Israel support, will not pass the Congress of the United States". Ovviamente le pressioni diplomatiche da sole non bastano se non implicano una qualche forma di danno in caso di diniego.

      L’altra componente dell’impegno obamiano: il ritiro del supporto USA ai regimi autoritari filo occidentali, ha invece avuto qualche attuazione concreta. In Egitto, ad esempio, ha consentito il rovesciamento di Mubarak e il tentativo di istituire un regime democratico.
      Purtroppo senza la risoluzione del conflitto israelo palestinese questo ha avuto il solo effetto di far emergere l’istinto di autoconservazione delle cosiddette petromonarchie, preoccupate di fare la stessa fine. Le lobby vittoriose contro il tentativo obamiano di obbligare israeliani e palestinesi ad un accordo hanno trovato una sponda ricca e potente per condurre la restaurazione dell’ordine precedente.

      <<Tempo fa pensavamo con un collega al casino che avrebbe potuto creare un’instabilità nel MO che di fatto è militare, non solo economico-diplomatica come quella del 1973. E questo effetto è uno scenario da WW3, onestamente.

      Tempo fa scrivevo questa cosa, al riguardo, se ti va dagli un’occhiata: http://mensantithetica.wordpress.co.... Comunque direi che il rischio escalation è reale, e le ragioni chiare. Il punto è vedere dove arriveranno. Credo il punto sarà come e fino a che punto Israele vorrà utilizzare il proprio esercito di terra, che è l’unico probabilmente in grado di competere con quello iraniano per numero, qualità e conoscenza del campo (cosa che manca agli Usa).
      Comunque direi che il rischio escalation è reale, e le ragioni chiare. Il punto è vedere dove arriveranno. Credo il punto sarà come e fino a che punto Israele vorrà utilizzare il proprio esercito di terra, che è l’unico probabilmente in grado di competere con quello iraniano per numero, qualità e conoscenza del campo (cosa che manca agli Usa).>>

      Non penso che sia possibile una invasione di terra dell’Iran, meno che mai da parte di Israele. Sarebbe un suicidio.

      P.S. ho letto l’articolo che hai linkato. Interessante.

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.62) 25 agosto 2013 22:19
      Francesco Finucci

      Intanto scusami il ritardo. Il fatto è che purtroppo - e di questo sono convinto - un presidente democratico è la salvezza dell’america e tendenzialmente un dramma di dimensioni epiche per il resto del mondo. Vedasi la voce Kennedy. Sotto di lui si sono consumati la baia dei porci, la crisi missilistica a cuba, etc. Vedasi la voce Truman, con tanto di crimini contro l’umanità rimasti totalmente impuniti. Roba da far impallidire il vecchio Reagan. Obama è stata una meravigliosa novità quanto - almeno per me - una disastrosa delusione

  • Di (---.---.---.188) 25 agosto 2013 16:37

    Tutti dimenticate sempre,che oltre al trattato fra la Siria e l’Iran,esiste anche quello di alleanza ed amicizia politico-militare,di durata ventennale,stipulato fra l’allora URSS(con Breznev)ed Assad(padre)nel 1980(se ricordo bene)poi rinnovato nel 2000 x altri 20 anni con la federazione Russa(credo addirittura con Eltsin presidente!)tale trattato in una clausola concede l’uso del porto di Tartus,come base navale(unica nel mediterraneo)alla flotta Russa.

    Poi sempre se ben ricordo esista anche,in detto trattato una clausola simile all’art. N°5 del trattato della NATO.
    Il quale dice più o meno(vado a memoria):
    Se una qualsiasi delle parti contraenti subisse una aggressione militare,da parte di una terza parte,tutti i firmatari del presente trattato reagirebbero con tutte le loro forze militari,in aiuto alla parte attaccata in modo da sconfiggere l’aggressore.
    Alexfaro
  • Di (---.---.---.16) 11 febbraio 2015 12:21

    CHE JOHN KERRY, SIA UN EBREO, NON HA NULLA A CHE VEDERE, CON LE IPOTESI DI COMPLOTTO SIONISTA?

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