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Senato, Regioni e Conferenza Stato Regioni: quel pasticciaccio brutto che Renzi vuole risolvere

La costituzione del Senato in "Senato delle autonomie", fortemente voluta dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, riporta in primo piano un problema affrontato - e sinora purtroppo non risolto - sin dalla Costituente, ma di intrecci e complessità notevoli su quasi tutti i piani: politico, economico, socioculturale e storico. L'istituzione del Senato quale "Camera delle Regioni", o delle autonomie, come dir si voglia, era stato infatti tentata già proprio dalla Costituente ma da questo tentativo era sortita solo la dicitura che "il Senato della Repubblica è eletto a base regionale" e quindi una seconda Camera di fatto del tutto analoga e parallela alla prima. Nella stessa sede si erano costituite le Regioni, ma la loro attuazione dovrà attendere la legge 281 del 1970.

Le neoistituite Regioni posero subito dei problemi di autonomia e competenza sia con lo Stato che con le due Camere cui si tentò di ovviare con la legge 382 del 1975 e con la successiva legge 59 del 1997 che istituisce il principio di sussidiarietà per tutti i livelli istituzionali, e infine l'entrata in vigore l'8 novembre 2001 della riforma del Titolo V della Costituzione ha costituzionalizzato il decentramento amministrativo e la ripartizione della Repubblica in stato, regioni, province, città metropolitane e comuni, tutti con pari dignità istituzionale.

"Er vero pasticciaccio brutto" è stato fatto con il DPCM, 12 ottobre 1983, e ratificato con la legge 400 del 1988. Con questi provvedimenti legislativi si è proceduto, anziché alla messa in atto del Senato quale Camera delle Regioni e quindi del raccordo tra le autonomie e lo Stato - come dall'originario disegno della Costituente - all'istituzione di un nuovo organo: la Conferenza Stato Regioni.

La stessa Corte Costituzionale ne ha sottolineato il ruolo con le sentenze 204/1993 e 116/1994. Se mai ce ne fosse stato bisogno, la legge 281 del 1997, con l'istituzione della Conferenza unificata (Conferenza Stato Regioni + Conferena Stato Città) ha istituito il passaggio definitivo di quei compiti e quelle funzioni che avrebbero dovuto essere originariamente propri del Senato. In proposito sono importanti due osservazioni: la prima è che in questo modo il Senato è stato relegato a semplice duplicato della Camera con grande aggravio sia per quanto concerne i tempi dell'iter legislativo a causa della navetta, sia per i costi economici; la seconda, a sostegno del nuovo progetto renziano - segnatamente per quanto concerne i componenti delle Conferenze - riguarda la non elegibbilità degli stessi, ovvero il fatto che siano dei "nominati", ma all'epoca da nessuno schieramento politico (dalla destra, al centro, alla sinistra) furono mosse obbiezioni a ciò.

Lo status quo per quanto concerne il Senato impone dunque due scelte alternative:

1) abolire in toto la seconda Camera, in quanto le sue funzioni sono ormai relegate ad altri organi;

2) portare a compimento l'originario progetto della Costituente e perciò unificare il Senato con i nuovi organi successivamente istituiti.

È in questo secondo senso che giustamente ha ritenuto d'agire il Presidente Renzi. La Conferenza Stato Regioni che si è riunita in seduta straordinaria per la disamina del progetto renziano lo ha sostanzialmente condiviso, essendosi arenate le obbiezioni in pratica ad un solo punto alquanto risolvibile: quello dei 21 nominati direttamente dal Capo dello Stato. 

 
 
Foto: Wikipedia
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