Referendum: scegliere è libertà
In un tempo in cui tutto corre veloce e l’attenzione dura pochi secondi, può sembrare fuori moda parlare di democrazia, partecipazione, urne. Eppure ci sono momenti in cui fermarsi è doveroso. Giugno sarà uno di questi. Gli italiani saranno chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari, ma come spesso accade, la reale posta in gioco rischia di passare inosservata.
Tante persone, di fronte a una chiamata alle urne, scelgono il silenzio. “Non mi riguarda”, “non serve a nulla”, “tanto decidono tutto loro”. Ma rinunciare al diritto di voto non è solo un’occasione persa. È anche un cedimento. A volte inconsapevole, ma profondo. Perché ogni volta che rinunciamo a dire la nostra, qualcun altro parlerà anche per noi.
In molte parti del mondo le persone lottano ancora oggi per ottenere ciò che a noi sembra scontato: il diritto di scegliere. In Iran, in Afghanistan, nella Palestina sotto occupazione, in Sudan o in Russia, votare può costare la vita. E anche in paesi formalmente democratici, le elezioni sono spesso svuotate di significato, manipolate o ridotte a formalità. Ecco perché, in Italia, ogni volta che siamo chiamati alle urne, dovremmo sentire il peso e la bellezza di un gesto che, altrove, è ancora un sogno.
Per chi desidera arrivare preparato, ecco in sintesi le cinque domande su cui saremo chiamati a votare:
- Volete ripristinare il diritto al reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo?
- Volete eliminare il tetto massimo dell’indennizzo (sei mensilità) per i lavoratori delle piccole imprese licenziati senza giusta causa?
- Volete limitare l’uso dei contratti a termine, impedendone il prolungamento oltre 12 mesi senza giustificazione?
- Volete rendere il committente responsabile degli infortuni sul lavoro nei casi di appalti e subappalti?
- Volete ridurre da 10 a 5 anni il tempo necessario per gli stranieri extracomunitari per ottenere la cittadinanza italiana?
È importante sapere che si tratta di referendum abrogativi: votare SÌ significa voler cambiare la norma attuale, mentre votare NO significa volerla lasciare com’è. Per questo è fondamentale comprendere il contenuto di ogni quesito e votare con consapevolezza, indipendentemente dalla propria posizione.
Non è necessario schierarsi. Ma è necessario sapere, conoscere, scegliere. Perché chi vota non ha solo il diritto di esprimersi, ha anche il potere di cambiare. Non sempre tutto, certo. Ma qualcosa, sì. E quando le cose non vanno come vorremmo, se abbiamo taciuto, non possiamo dire di non essere parte del problema.
Esercitare il nostro voto, come il nostro pensiero, è l’unica vera forma di libertà che ci resta. Il resto è delega, abitudine, rinuncia. E a forza di rinunciare, ci si accorge troppo tardi che la libertà si può anche perdere.
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