L’Italia di Giorgia Meloni subalterna e incapace di iniziative autonome
C’è un’immagine che è l’emblema del governo Meloni: la premier seduta tra J.D. Vance e Ursula von der Leyen nel ruolo di tramite tra le due anime dell’Occidente intenzionate a mantenere la supremazia mondiale. Una scena che denota un ruolo passivo in cui l’Italia è la Cenerentola di nazioni che ci trattano con superficialità.
A conti fatti, siamo la settima potenza mondiale, ma con questo governo siamo diventati l’ultima ruota del carro. Giorgia Meloni ha smesso di parlare di sovranismo per sottomettersi agli ordini degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Europea, che ci hanno resi responsabili indiretti del conflitto russo-ucraino e del genocidio dei palestinesi. Un Paese che ha smesso di essere ago della bilancia degli equilibri geopolitici per ridursi a porta borse dell’anima atlantista del panorama mondiale.
Giorgia Meloni, la Che Guevara italiana che parlava di “pacchia finita”, di nazionalismo, di patriottismo e di sovranismo, si è ridotta a essere un cagnolino scodinzolante che tenta di riportare gli Stati Uniti al centro della scena internazionale, seguendola nella sua ostilità verso la Russia e la Cina. Due potenze destinate a ridisegnare gli equilibri mondiali e con le quali l’Italia avrebbe tutto da guadagnare allacciando rapporti commerciali anziché rimanere ancorata a una visione del mondo “americanizzato” ormai superato e destinato a mutare nel tempo.
Sembra evidente che Giorgia Meloni non è capace di proiettare l’Italia verso nuove e più promettenti configurazioni geopolitiche e geoeconomiche. Non le interessa sfruttare le nuove opportunità economiche che si profilano all’orizzonte, ripensando a nuove relazioni internazionali che possano permettere al nostro Paese di tornare protagonista, riannodando i rapporti interrotti con Russia e Cina che si preparano a essere padroni del mondo, uguagliando se non scalzando americani ed europei.
Questo non vuol dire tradire gli Stati Uniti e l’Unione Europea, ma bilanciare i vari interessi, mettendo al centro innanzitutto gli interessi italiani e il diritto del Belpaese di negoziare con chi desidera, senza farsi intimidire dal primo che alza la voce. La premier dovrebbe ricordare che l’Italia della Prima Repubblica, pur essendo filo americana, non disdegnava di stringere rapporti amichevoli con il mondo arabo, facendo da sponda tra Occidente e Oriente. Gli italiani non vogliono un Paese rassegnato a una sottomissione perenne agli atlantisti, ma un Paese capace di tornare protagonista nel mondo, sia sotto il profilo politico sia sotto il profilo economico.
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