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Rialzati Sanremo! Chi ha vinto veramente?

Mi si è riempito il cuore e il sorriso con le parole di Benigni. Mi si è aperta e deliziata la mente con righe scritte e imbucate da grandi firme, lette in stile beat-generation. Mi si sono riempite le orecchie di musica con la serata di giovedì sera e con la sincerità delle nuove proposte. Mi è venuto spontaneo almeno battere le mani in onore di De Andrè, pensando che fosse il minimo che avrei dovuto fare vedendo la platea in piedi. Mi sono complimentato con il lavoro del signor Bonolis, capace di rivitalizzare il Festival con una formula più moderna, originale e piacevole mai caduta però nella volgarità e nella diseducazione(ormai elementi indispensabili nel tubo catodico).

 Mi è quasi venuto un infarto, essendomi andato di traverso il vino che bevevo, alla notizia che il vincitore del 59° Festival di Sanremo è il famigerato Marco Carta…pensavo fosse uno scherzo...fortunatamente non ho potuto vedere la puntata. Dico fortunatamente perché non escluderei che mi avrebbe pervaso un istinto omicida se avessi seguito in diretta.

Perde la nuova proposta alternativa Afterhours (Che prende, però, il premio della critica). Perdono i monumenti Zanicchi, Albano, Patty Pravo. Perde la sorprendente coppia Alexia-Lavezzi. Perde una delle uniche giovani proposte (se non l’unica) lanciata da Sanremo Dolcenera. Perde il rap serrato dei Gemelli Diversi. Perde il padre riflessivo Fausto Leali. Perde l’accusa sensata di Marco Masini. Perde la solarità della coppia Di Battista-Niki Nicolai. Perde la polemica e la storia di un Povia più che mai cantante. Perdono le opportunità di fratellanza pacifica di Pupo, Paolo Belli, Youssou Ndour. Perde la tecnica di Francesco Renga. Perde la neomelodia D’Alessiana di Sal Da Vinci. Tricarico si perde nel bosco delle fragole…

Vince la moda, la televisione spazzatura, l’audience e lo share, i fans infantilmente adolescenziali, la logica della bella presenza, la faccia pulita di Marco Carta. 

E non chiediamoci più il perché i grandi artisti, i grandi cantanti, quelli veri, a Sanremo non ci vogliono più andare. E non chiediamoci più perché la musica italiana (anche se stereotipata e scontata) non ha più la stessa importanza in ambito internazionale. E non chiediamoci più perché gran parte dei gruppi italiani scrivono e cantano in inglese.

Ma l’importante è che il Festival sia riuscito. L’importante è che Bonolis abbia vinto la sua scommessa. L’importante è che la Rai abbia resuscitato il Festival e che possa vantare uno share da altri tempi, da vincitore. Perché alla fine è solo quello che conta.

Qualcuno c’è stato alla fine che non ha vinto: la signora musica.

Ma sì che ce ne importa. E poi questo non è mica il festival della canzone italiana.

Semmai forse delle canzonette…e quindi non mettiamoci a criticare: sono solo canzonette.

Complimenti, congratulazioni e felicitazioni comunque a Marco Carta…ma…caro Michele Serra, credevo in una tradizione, credevo in un monumento artistico, credevo in grandi canzoni e cantanti; adesso, alla luce di tutto ciò, ti faccio una domanda: questa è cioccolata oppure è merda?

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