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Persio Flacco

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  • Di Persio Flacco (---.---.---.99) 4 settembre 2013 19:59

    A chi giova una guerra contro la Siria? Lei dice che giova alle élite parlamentari e ai capi dei governi per aumentare il loro prestigio e giova alle imprese belliche, ai costruttori d’armi e di nuove tecnologie di distruzione di massa. Io non sono convinto di questo, non stavolta almeno.

    Le guerre in Afganistan e Iraq non hanno giovato affatto a Bush e alla sua corte: le guerre costano molto e gli USA si sono dissanguati per inseguire il sogno di potenza neocon di proiettare gli Stati Uniti nel Centro Asia per mettere una spina nel fianco a Russia e Cina. 

    Naturalmente do per scontato che non si presti credito alle bufale raccontate per giustificare quelle guerre di aggressione. Oggi Obama e il Congresso rischiano forse ancora di più, scatenando una guerra che i cittadini americani non vogliono, e che potrebbe richiedere molte più risorse di quante essi abbiano il coraggio di confessare.

    Se la guerra non fosse quella marcia vittoriosa che viene implicitamente data per certa; se vi fossero vittime americane e/o danni ingenti agli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati; se oltre a scavare buchi in terra le bombe e i missili scavassero vistosi buchi nel deficit pubblico, la credibilità e il consenso di Obama e del Congresso ne uscirebbero distrutti. 

    Ma anche se l’azione militare avesse successo e raggiungesse, al solo costo delle bombe, il suo vero scopo: il regime change in Siria, e prendesse il potere quell’assortimento di tagliagole che forma l’insurrezione, che prestigio mai acquisirebbero Presidente e Congresso agli occhi dei loro cittadini, costretti ad assistere alle sanguinose conseguenze dell’impresa? Nessuno, credo.

    Quanto ai vantaggi per l’industria bellica anche qui il beneficio è dubbio. Di fatto lo sforzo fatto nelle due precedenti guerre per la (ah ah ah!) "libertà" e "democrazia" hanno portato alla contrazione della spesa militare e alla riduzione delle commesse per l’industria bellica. Quella che si prospetta non è una guerra redditizia per i produttori di armi se non nel brevissimo termine.
    In più, la tendenza generale degli USA in questa fase storica è di spostare risorse verso l’area Asia - Pacifico per contenere la Cina. La malavoglia di Obama di impegnarsi nuovamente in M.O., soprattutto in tempi di risorse limitate, è da palese da tempo. 

    No, secondo me stavolta gli interessi prevalenti sono di altri: delle petromonarchie arabe, per le loro mire egemoniche; della Turchia neo ottomana, che spera di estendere la sua influenza sull’area e che, al tempo stesso, acquista crediti presso la NATO (cioé gli USA) schierandosi contro un suo "nemico"; del regime israeliano, che deve preparare il terreno per un attacco all’Iran (sempre che non riesca a coinvolgerlo nel conflitto) e che spera di liberarsi in un colpo di due avversari: Assad e Hezbollah, che contrastano il suo espansionismo e che offrono una sponda ai palestinesi.

    Tutti questi soggetti preferiscono un Medio Oriente frantumato in fazioni in lotta piuttosto che forti soggetti unitari e autonomi rispetto alle loro strategie.

    A chi non giova è presto detto: non giova alle popolazioni arabe, stritolate tra le fazioni, e non giova all’Europa, che ha il M.O. dietro l’angolo.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.109) 31 agosto 2013 14:55

    Vedo che rilancia, facendomi passare da amico dei massacratori, e se rilancia significa che vuol continuare la partita. Bene.

    Bashar al-Assad è un massacratore solo nel Truman Show nel quale Potere e Lobby tentano di far restare l’opinione pubblica.
    Fuori dal Truman Show, nella realtà, Assad non è un personaggio monodimensionale: il massacratore appunto, ha molte altre dimensioni. 
    La prima da aggiungere che mi viene in mente è: torturatore per conto della CIA. 

    Se le ricorda le Extraordinary Rendition, vero? Ricorda cosa dichiarò l’ex funzionario dell’Agenzia Bob Baer? "If you want a serious interrogation, you send a prisoner to Jordan. If you want them to be tortured, you send them to Syria. If you want someone to disappear—never to see them again—you send them to Egypt.".
    Abbiamo aggiunto un’altra dimensione al personaggio: sicuramente non positiva ma certamente al tempo ritenuta utile da quelli che ora lo rappresentano in modo, diciamo, "semplificato".

    Forse il padre di Bashar: Hafez, si presta meglio ad essere descritto in modo semplice come massacratore, visto che nell’82 represse nel sangue un tentativo insurrezionale con centro ad Hama.
    Tuttavia, considerato che la sollevazione fu preceduta da una serie di attentati dinamitardi ad opera della Fratellanza Musulmana e che l’ultimo ha mancato di un soffio dal fargli la pelle, ecco che anche la figura di Hafez inizia ad acquistare qualche altro lato. Ma c’è dell’altro: a quanto pare la violenta reazione di marca sunnita originava dallo scandalo suscitato dalla proposta di Hafez di emendare la costituzione togliendo l’obbligo per il presidente di essere di fede musulmana.
    All’epoca gli insorti non disponevano di consulenti occidentali per le pubbliche relazioni, dunque non pensarono di definire come lotta per la democrazia e la libertà quella che era una trucida insurrezione di marca confessionale contro gli infedeli, e questo diluisce ulteriormente la figura di massacratore cucita addosso al padre dell’attuale presidente. Come vede solo nel Truman Show si trovano personaggi monodimensionali.

    Ma torniamo al massacratore attuale, alle prese con una insurrezione che è iniziata, come l’altra, sotto le insegne del sunnismo integralista... mi correggo: sotto le insegne della libertà e della democrazia, almeno nel Truman Show, e che, nel corso tel tempo, si è arricchita di tutte le sfumature disponibili nell’ambito dell’estremismo islamico mondiale.

    Vediamo di capire meglio. L’insurrezione stabilisce un prima e un dopo: prima Bashar al-Assad non era un massacratore (al più lo si sarebbe potuto definire un torturatore a contratto per la CIA: ma torturava i cattivi, no?) e la Siria, a detta dei più affidabili commentatori, era un paese tranquillo nel quale alle minoranze religiose veniva garantita la libertà di culto, con un buon tenore di vita e di welfare per i cittadini. Nei suoi 13 anni di "regno" Bashar non ha mostrato particolari tendenze al massacro, al contrario: si è dimostrato piuttosto tollerante e ragionevole, almeno per gli standard dell’area. Certo, non lo era per noi alfieri della democrazia e della libertà, che quando vogliamo giudicare un regime che ci sta antipatico usiamo, che so: la Francia, come pietra di paragone, ottenendo la rappresentazione semplificata che ci è più utile per rintuzzare gli argomenti dei perfidi relativisti.

    Bene, dunque Bashar non è sempre stato un massacratore che uccide il suo stesso popolo (secondo un meme che va per la maggiore sui nostri mass media) è stato anche un buon capo di Stato, seppure con un ruolo autoritario, e questo aggiunge una ulteriore dimensione alla sua figura. Mi spiace dover continuare a strappare le quinte del suo Truman Show, non la prenda per scortesia, ma la dentro mi ci ritrovo un po’ sacrificato.

    E passiamo al dopo insurrezione, a quando Bashar si è trasformato in massacratore. Premettiamo innanzitutto che la Siria, come altri paesi del M.O., ha confini tracciati col righello dagli inglesi in base alle loro particolari considerazioni geopolitiche, e che è uscita dalla dominazione coloniale: prima ottomana e poi occidentale, solo nel ’46. Un paese quindi al cui interno sono rimaste forti divisioni religiose ed etniche, ciascuna con molte connessioni ad interessi e riferimenti esterni, e con una coscienza nazionale che si potrebbe definire un po’ fiacca, comprensibilmente aggiungo io.

    Qualcuno dice che allo scoppio dell’insurrezione abbiano concorso forze esterne, che agenti dell’intelligence turca, francese, inglese, statunitense e pure israeliana, abbiano organizzato i primi nuclei di manifestanti perseguendo una strategia di destabilizzazione del Paese. Nulla di più facile in un paese con profonde tensioni latenti come la Siria nel quale per accendere la miccia della guerra civile bastano davvero pochi mezzi.

    Sicuramente vi sono stati episodi iniziali che hanno visto l’uso eccessivo e improprio delle armi da parte delle forze di sicurezza siriane che hanno aiutato il corso degli eventi a dirigersi nella direzione che hanno poi imboccato, anche se certe azioni vanno giudicate nel loro contesto

    Ebbene questa ipotesi diventa più che credibile osservando la straordinaria somiglianza con l’altra insurrezione: quella libica. Gli schemi sono talmente simili, compreso il tentativo iniziale di far proclamare dal Consiglio di Sicurezza ONU una no fly zone, perfino i nomi delle organizzazioni di sostegno ai ribelli si somigliano, tanto da far pensare ad un vero e proprio "format", come quelli televisivi, posto in essere dai soliti USA, UK, Francia, con l’ausilio delle petromonarchie mediorientali.

    Ma ciò che fa diventare certezza i sospetti è l’atteggiamento tenuto dal fronte occidentale nei confronti delle forze in campo in Siria.
    Ragioniamo: lo scopo dichiarato del fronte occidentale (dubito sia anche quello dei suoi alleati mediorientali, ma tant’è) è innanzitutto la salvaguardia della popolazione civile in Siria.

    Se questo fosse lo scopo il mezzo migliore per perseguirlo sarebbe di interporsi tra i contendenti, di usare imparzialmente il proprio peso e la propria influenza per dissuadere entrambi dal continuare uno scontro nel mezzo del quale la popolazione civile si trova stritolata, uccisa, impoverita, costretta alla fuga. Questo è almeno quello che ci si aspetterebbe da chi segua i principi del diritto internazionale e sia animato dal solo interesse umanitario.

    Invece, e questo è un fatto, il fronte occidentale si è immediatamente schierato a favore di una delle parti in conflitto, fornendo copertura politica, mezzi, armi, logistica.
    Turchia (paese NATO) e Giordania (alleato USA) hanno reso permeabili le loro frontiere alle forze ribelli offrendo protezione, strutture per l’addestramento, linee di rifornimento di armi, passaggio per combattenti provenienti da mezzo mondo, basi per i comandi militari. Arabia Saudita, Qatar, Emirati, Kuwait, da parte loro hanno provveduto alle risorse finanziarie e al reperimento di armamenti adeguati.
    Questo dimostra al di là di ogni dubbio la falsità dello scopo dichiarato dal fronte occidentale.

    Per tentare di tappare questa enorme falla di credibilità ai ribelli sono state attribuite motivazioni condivisibili: combattono contro un dittatore sanguinario (qui aiuta il personaggio monodimensionale che impersona Assad nel Truman Show) per la democrazia e la libertà, per questo siamo dalla loro parte, dicono.

    A chi conosce un poco quelli che animano la rivolta una tale definizione suona ridicola, ma si conta sul fatto che pochi ne abbiano conoscenza, e tra quei pochi quelli che osano obiettare è facile zittirli accusandoli di essere amici del massacratore.

    Purtroppo per i sedicenti Amici della Siria, avendo fallito nell’ottenere dall’ONU il permesso di liquidare subito il regime con bombardamenti umanitari, è diventata sempre più diffusa nell’opinione pubblica la coscienza che i cosiddetti ribelli tutto sono fuorché democratici e libertari, e i veri scopi dell’impresa: del tutto diversi da quelli dichiarati, sono venuti alla luce.

    Da qui la disperazione per il fallimento e l’estremo maldestro tentativo di usare il presunto superamento della "linea rossa" sull’impiego di armi chimiche per sconvolgere l’opinione pubblica e indurla ad appoggiare il bombardamento, senza troppo successo. L’opinione pubblica non crede più alle fregnacce che lobby e Potere cercano di spacciarle: il Truman Show è rotto.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.128) 30 agosto 2013 19:59

    Grazie per le risposte.
    Le nostre rispettive posizioni sono inconciliabili, dunque preferisco chiudere qui questo confronto.
    Tuttavia mi lasci concludere con un’affermazione che nelle intenzioni vuole essere di stimolo ad approfondire l’argomento ma che a lei apparirà senz’altro espressione di arroganza intellettuale: temo che lei non abbia ben compreso cosa è il sionismo oggi.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 30 agosto 2013 16:02

    Non ho alcuna intenzione di darmi una calmata: ne ho abbastanza di massacratori umanitari e democratici che dicono di agire in mio nome. E ne ho abbastanza di lobby che coltivano un filo diretto col potere dirigendolo verso i loro fini particolaristici umiliando in tal modo la democrazia.

    USA, UK, Francia non avrebbero alcun vantaggio dalla dissoluzione della Siria, come non ne hanno avuti dalla distruzione della Libia: ne avrebbero solo svantaggi, costi, rischi e guerre ulteriori. Né tantomeno ne avrebbe vantaggi la popolazione della Siria, che sarebbe condannata a vivere il suo futuro nel caos sanguinoso determinato dalla lotta tra fazioni.

    Se i governanti di quei Paesi agiscono contro gli interessi e il parere dei loro popoli, usando il travisamento della verità per tentare di ingannarlo, può esserci un solo motivo: agiscono o volontariamente o forzatamente nell’interesse di qualche lobby. Di una lobby in particolare.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.178) 29 agosto 2013 20:39

    Lei scrive: "Ma chi si oppone, onestamente, all’impossibile pacificazione forzata, memore di altre operazioni drammaticamente simili, non ha da proporre altro che parole scontate oltre l’impotenza di stare a guardare una strage che ha raggiunto la terribile soglia delle 100mila vittime, combattenti e civili, uomini, donne e bambini."
    Tra il 2011 e il 2012 il regime di Bashar al-Assad ha avviato il processo di revisione costituzionale che ha portato all’ attuale ordinamento: multipartitismo, tutela delle minoranze, carica presidenziale elettiva. Dopo la promulgazione con referendum della nuova costituzione sono state indette le elezioni politiche per il rinnovo del parlamento che si sono svolte nonostante il conflitto.
    Ricorda cosa risposero quelli che ora si mostrano orripilati per le conseguenze di un conflitto che sembra irrisolvibile? Risposero: "Le elezioni sono una farsa". E si affrettarono a riconoscere come "legittimo rappresentante del popolo siriano" la Coalizione Nazionale Siriana: un gruppo di ribelli selezionato dal gruppo di "volenterosi" nel quale figurano democratici del calibro dei Saud.
    Nulla di sorprendente: si tratta degli stessi che formano il gruppo di Stati "Amici della Siria" e che ieri formavano il gruppo "Amici della Libia".

    Ricorda come vennero accolte le proposte di chi, come Chavez e altri, proponevano una soluzione politica del conflitto in Libia, che favorisse la transizione ordinata del potere ed evitare la distruzione completa dello Stato? I ribelli da salotto nominati dai volenterosi risposero con un diniego e gli esportatori di democrazia con i bombardamenti "umanitari". Ma di cosa stiamo parlando?

    Scrive poi: "Perché dunque la sinistra, che per questi motivi dimostra solitamente - e pubblicamente - la sua contrarietà, non si è mossa?"

    Forse perché muoversi nella direzione da lei indicata l’avrebbe fatta sentire complice del regime change mascherato da intervento umanitario? Forse perché si sarebbe dovuta schierare con Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Emirati Arabi Uniti ecc?
    Si è chiesto perché i comunisti siriani sono schierati con Assad?
    Legga cosa dichiara un deputato comunista siriano:

    "Nessun passo indietro da parte del presidente eletto Bashar Al Assad: la via maestra per uscire dal massacro siriano passa in primo luogo per uno stop agli aiuti all’opposizione armata ’’da parte di Paesi reazionari e imperialisti’’. E’ la linea del Partito comunista siriano del segretario e deputato Ammar Bagdache, oggi a Roma per un incontro pubblico organizzato fra gli altri dalla Rete No War. Una volta che gli aiuti esterni saranno fermati, ha detto Bagdache, ’’si potranno fermare tutte le operazioni militari’’ anche da parte del governo siriano, ’’e far ripartire un processo democratico con elezioni parlamentari e riforme politiche, che certo in questa fase di lotta armata non si possono fare’’. Ma ’’noi continuamo a sostenere Assad - ha aggiunto - che rappresenta l’unica garanzia di fronte alle cospirazioni imperialiste contro la sovranità della Siria’’ da parte degli Usa e di altre potenze straniere. ’’Assad non deve fare passi indietro’’ per favorire una soluzione della crisi, ha risposto l’esponente comunista, perchè ’’l’esperienza ci insegna che, che se ne fa uno, poi se ne devono fare altri’’, e il futuro del presidente si deciderà nelle elezioni presidenziali del 2014."

    I comunisti siriani sono compagni che sbagliano? Non sanno di cosa parlano mentre noi, "di sinistra" ma col culo al caldo, lo sappiamo? Di nuovo: ma di cosa stiamo parlando?

    Lei dice che sotto una soluzione che preveda l’esilio di Assad "Israele ci potrebbe forse mettere la firma subito". Beh, non è questo che chiede Israele (il suo regime sionista), risulta invece che tra raid su installazioni militari (ovviamente si tratta di armi destinate a Hezbollah) e fornitura di addestramento e dispositivi vari ai ribelli siriani, sembra interessato ad altro.

    Non è nemmeno l’obiettivo della Lobby sionista in USA, che invece ha premuto fortemente affinché Obama accettasse di stabilire una "linea rossa" (mi ricorda qualcosa a proposito di Iran...) superata avrebbe dovuto impegnarsi a condurre un attacco militare contro il regime.

    Un recente sondaggio dice che l’86% degli israeliani è contrario al coinvolgimento di Israele nel conflitto in Siria. Ma alla lobby questo non interessa, a quanto pare. Ha una sua agenda nella quale ha scritto bello grosso "Delenda Teheran", ma prima "Delenda Damasco" sennò non si può fare.
    Si dovrebbe evitare di trattare con leggerezza situazioni in cui decine di migliaia di persone sono messe a rischio della vita.

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