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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 12 novembre 2016 15:14
    Temo che tu basi il tuo giudizio su Trump sulla sua campagna elettorale, come fanno tutti del resto.
    Tuttavia rifletti su questa domanda: Trump avrebbe vinto la competizione per la Casa Bianca se avesse usato toni e parole d’ordine differenti da quelle usate nelle primarie e in campagna elettorale? Sarebbe riuscito a rimontare lo svantaggio iniziale col quale ha affrontato le primarie dovuto al fatto di essere un emerito signor nessuno di fronte a competitori repubblicani ben più noti e supportati di lui?
    Avrebbe potuto superare l’aperto ostracismo del GOP, dei mass media, dell’intero establishment politico, economico, culturale, con dichiarazioni di diplomatici, di funzionari di intelligence, di quasi tutto lo star system, di notissime multinazionali e di noti e influenti maestri di pensiero, se non avesse usato la strategia comunicativa che ha usato?
    E avrebbe avuto la meglio su una candidata predestinata alla vittoria come Hillary Clinton: supportatissima dalla elite politica tanto da essere una candidata bipartisan, finanziatissima, eletta a simbolo delle donne e di quella cultura egemone, egemone e diffusa al punto da aver imposto la qualifica di "politicamente corretto" a qualunque espressione o idea ad essa conforme, fatta di ideologia gender, multiculturalismo, liberismo, diritti umani ecc.? Tendo ad escluderlo, probabilmente sarebbe stato del tutto ignorato. Di certo non avrebbe tenuto il centro della scena come ha fatto, non avrebbe dettato le regole del confronto, non avrebbe bucato teleschermi, conquistato le prime pagine, fatto parlare di sé ossessivamente per tutta la campagna per le primarie prima e per le elezioni poi. Infine non avrebbe potuto pescare in quella zona dell’elettorato ignorata dagli altri candidati, salvo che da Sanders, che però era destinato a non emergere più di tanto.
    Allora diciamo che la vittoria elettorale di Trump è stata dovuta ad una strategia comunicativa che sotto l’apparente rozzezza e superficialità è stata di straordinaria raffinatezza ed efficacia.
    E ora passiamo a farci qualche domanda riguardo alla sostanza. Si può pensare che la personalità politica, ideologica, umana, di Trump corrisponda all’immagine che la sua strategia comunicativa ha disegnato?
    Direi di no, tendo a credere che l’immagine pubblica di sé che ha voluto imporre sia stata solo il mezzo, lo strumento, per vincere la competizione ma che non corrisponde al vero Donald Trump.
    Lo dico perché altri candidati del GOP sono non meno estremisti del Trump pubblico negli stessi campi, eppure tutti si sono attenuti a canoni comunicativi molto ma molto meno estremi ed espliciti di quelli trumpiani. Ed è stata una scelta ovvia, lo è da sempre. Tutti, anche i fascisti repubblicani sapevano che per emergere bisogna evitare di suscitare la forte e automatica reazione contraria a certi toni e alla dichiarazione esplicita di certe idee. Trump ha fatto una scelta contraria: ha accentuato i toni e spinto le affermazioni scandalose oltre ogni decenza. Ed ha vinto.
    Questo mi fa pensare due cose: la prima è che chi ha elaborato la strategia comunicativa di Trump è un genio; la seconda è che tra l’immagine pubblica e quella reale di Trump c’è una grande distanza.
    Rimane da capire allora quale sia il vero Trump. Dal punto di vista politico di lui si sa che è stato un finanziatore del partito democratico prima di avvicinarsi al GOP, e basta. Non mi risulta che abbia mai fatto politica prima di queste elezioni. Dunque questo, per ora, rimane un punto interrogativo. Ma dalle prime dichiarazioni rese dopo la vittoria sembra che stia vistosamente correggendo la sua immagine pubblica in senso più moderato. La mia ipotesi, tutta da verificare, è che Trump cercherà di restituire l’America agli americani dopo decenni di dominio di una ideologia politica e sociale funzionale a certi forti interessi lobbistici. Mi riferisco in particolare, ma non solo, a quella ideologia neocon che ha dettato l’agenda degli Stati Uniti in diversi campi, in primis nel campo della Finanza globalizzata e della politica estera. Staremo a vedere. Nel frattempo, fossi nei tuoi panni, mi asterrei dal masticare pensiero precotto, sempre ricco di additivi, e cercherei di cucinarmi da me il mio pensiero.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 10 novembre 2016 20:29

    Non esageriamo. Nonostante abbiano cercato di farlo passare come un imprevedibile alieno, di Trump si conosce tutto nei minimi dettagli. Infatti, in una campagna piena di colpi sotto la cintura come quella trascorsa tutto quello che i suoi avversari sono riusciti a trovare passando al setaccio fitto la sua vita sono poche cose. Una battuta da caserma (o da spogliatoio) sulle donne, da sbrasone macho (e vorrei sapere quanti maschi non ne hanno mai pronunciate di simili); tasse pagate poco grazie alla normativa vigente, sulla quale anche Warren Buffett (53 mld USD di patrimonio, mica un Trump qualsiasi) ha avuto da ridire, dichiarando che non vuole continuare a pagare meno tasse della sua segretaria; la moglie che è stata clandestina negli USA; la solita accusa di molestie sessuali da parte di alcune donne, da credere sulla parola, ovviamente; le dichiarazioni politicamente scorrette sugli immigrati e sui neri, che in un paese in cui del politicamente corretto se ne ha fin sopra i capelli sono suonate liberatorie come un bel rutto a fine pasto; e che altro? Boh, non mi viene altro.

    Certo, sarebbe stato preferibile un altro al suo posto, ma l’establishment politico statunitense non ha trovato di meglio che riproporre la decrepita (in tutti i sensi) Hillary Clinton, già scartata dagli elettori otto anni fa a favore dell’outsider Obama; un candidato civetta come Sanders, che avendo rischiato di vincere le primarie contro la Clinton è stato silurato dal suo stesso partito, quello democratico; una rassegna di personaggi scialbi, privi di spessore e poco credibili, da parte repubblicana. Messi alle strette agli elettori non è rimasto che votare per Trump: l’unico che prometteva di spezzare una condizione che per molti era diventata pesante proponendo un’alternativa.
    Più che prendersela con Trump, che non ha fatto altro che intercettare una richiesta di cambiamento lasciata inevasa, si dovrebbe chiedere conto alla elite politica statunitense della sua arrogante autoreferenzialità.
    Avendo a favore l’intero establishment, pensava stavolta di poter imporre Hillary Clinton, che in larga misura è un personaggio bipartisan, essendo molto vicina agli ambienti neocon. Ha fatto male i suoi conti, e giustamente sono stati puniti dai cittadini.
    E ora cosa farà Trump? E’ un imprenditore, dunque un pragmatico, un organizzatore pignolo, alieno alle ideologie, un uomo positivo. Può darsi che sia un presidente migliore di quanto si pensi. Ovviamente ne parlo da europeo che ha in mente le sorti del suo Paese e del suo continente.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 4 novembre 2016 21:47

    Di Rella, o lei è cascato in pieno nella trappola retorica della "governabilità" oppure non me la conta giusta. Tutti i Paesi di consolidata tradizione democratica e liberale poggiano su alcuni principi che o si condividono oppure si rigettano. E in questo secondo caso definirsi democratici sarebbe una menzogna.

    In democrazia SOVRANO E’ IL POPOLO. L’ho scritto in maiuscolo per evidenziare meglio il concetto. Nelle democrazie rappresentative IL PARLAMENTO RAPPRESENTA IL POPOLO, cioè il Sovrano. Ne discende che quanto più il Parlamento rappresenta il Popolo in ogni sua articolazione ideale o pragmatica tanto più è aderente al principio di cui sopra. 
    Pertanto ogni espediente teso AD ESCLUDERE posizioni politiche, visioni ideologiche, interessi individuali o collettivi esistenti tra i cittadini dalla rappresentanza parlamentare rappresenta un vulnus per la democrazia.
    L’architettura istituzionale delle moderne democrazie liberali poggia sulla DIVISIONE DEI POTERI: Legislativo, Esecutivo, Giudiziario. Poteri che sono tra loro indipendenti, che si bilanciano tra loro in modo che nessuno prevalga sugli altri. E questo è una garanzia per la democrazia e per i cittadini.
    Questo significa che l’Esecutivo, una volta insediato, è nella pienezza dei suoi poteri di governo fino al termine del suo mandato A PRESCINDERE DALLE MAGGIORANZE PARLAMENTARI.
    Il Governo è tenuto a dimettersi solo a seguito di una apposita mozione di sfiducia votata dal Parlamento secondo le procedure previste dall’art. 94 cost.
    Quella che lei chiama VETOCRAZIA discende dallo STRAVOLGIMENTO dei principi sopra detti, dalla degenerazione partitocratica dell’ordine costituzionale e dei fondamenti delle moderne democrazie liberali.
    Se la permanenza in carica del Governo viene fatta dipendere dalla maggioranza parlamentare è ovvio che il governo designato da una coalizione di partiti è soggetto al capriccio della sua più piccola componente, che può ricattare le altre minacciando di ritirarsi dalla maggioranza. Ma questo può avvenire solo perché è stata disattesa la lettera e la sostanza della Costituzione.
    E’ questo il trave nell’occhio che lei non vuole vedere. La riforma non intacca minimamente questo abominio, anzi: lo rafforza. 

  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 27 ottobre 2016 12:47

    Indubbiamente i fatti di Goro e Gorino sono stati un brutto spettacolo, e l’esiguo numero di migranti assegnati ai due paesi, se rapportato alla esagerata e irrazionale violenza del rifiuto, rivela che nella pancia di quei bravi cittadini covava un rancore inespresso al quale quel pugno di stranieri ha fatto da detonatore. Sono dinamiche che vanno comprese, che non basta condannare, se si vuole essere una sinistra diversa da quella confusa che non trova di meglio dell’accodarsi ai sermoni di Papa Francesco.

    Soprattutto quell’episodio va inserito nel contesto più ampio del crescente e sempre più diffuso malessere dei cittadini europei di fronte ad un fenomeno che sta acquistando dimensioni epocali: quello delle ondate migratorie verso l’Europa.
    Un fenomeno che sta alimentando l’avversione verso l’Unione Europea facendo crescere un po’ in tutto il Vecchio Continente movimenti il cui programma politico è spesso smaccatamente razzista, sciovinista, di destra. Che è stata una delle cause dell’uscita dell’UK dalla UE, che sta facendo scricchiolare la stessa struttura comunitaria.
    Allora, forse, è il caso di analizzare le cause del fenomeno, che minaccia di riportare indietro di un secolo l’Europa e di vanificare decenni di esperienza comunitaria.
    Ebbene le cause sono semplici da identificare: il caos sparso a piene mani in medio oriente e in Africa dalle imprese statunitensi ed europee. Milioni di persone si sono messe in movimento fuggendo da guerre e carestie, a determinare le quali c’è anche la responsabilità dell’establishment europeo a rimorchio di quello americano.
    Questo è del tutto evidente, e non serve nemmeno elencare le azioni poste in essere dai decisori occidentali per prenderne atto.
    Dunque esiste una sola conclusione possibile: i governi europei sono la causa degli attuali mali d’Europa. E sarebbe bene non lasciarsi fuorviare da uno dei mille episodi di intolleranza che è possibile enumerare riguardando le cronache di questi ultimi anni, dedicandosi invece a rispondere alla domanda principale: cosa sta succedendo ai rapporti tra leadership e cittadinanza in Europa?
  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 27 ottobre 2016 11:40

    Caro Di Rella, è evidente che con un uomo solo al comando l’azione legislativa e di governo diverrebbero molto più veloci ed efficaci. Lo abbiamo già sperimentato: i treni arrivano in orario, i giovani fanno sport, il popolo, anarchicamente diviso, diviene un compatto come un fascio... Peccato che questo genere di efficienza abbia anche sgradevoli effetti collaterali.

    Lei dice che con la riforma verrà meno l’esigenza di ricorrere continuamente alla fiducia e alla decretazione d’urgenza. Per forza: una volta tolto di mezzo il Senato elettivo, che a causa della modalità di elezione su base regionale genera maggioranze non troppo sicure per i partiti maggiori, rimarrà solo da controllare i deputati, che sono già ben inquadrati dalla disciplina di partito. Ubbidienti soldatini agli ordini del Segretario ai quali basterà ordinare di votare secondo le indicazioni per evitare di porre la fiducia. Manipoli partitocratici che hanno già trasformato il Parlamento in un’aula sorda e grigia.
    E di provvedimenti tesi a evitare questo abominio nella cosiddetta riforma non c’è traccia, ce ne sono invece di segno contrario.
    Quello che mi stupisce è quanto poco si tenga in conto il valore della democrazia in questo Paese, tanto da svenderla in cambio di una molto presunta maggiore efficienza. La democrazia ha i suoi difetti, le sue lentezze, le sue contraddizioni. Ma è l’unico modo conosciuto per attribuire effettivamente il potere sovrano al popolo.
    Non sarebbe molto più onesto intellettualmente dire che si preferisce che il potere sovrano venga esercitato dalle elites invece di ricorrere a mille raggiri?
    Ci dobbiamo ridurre a riconoscere come più onesto un tiranno palese, che almeno si fa riconoscere e che quindi si può più agevolmente contrastare, piuttosto che un tiranno travestito da democratico?

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Tribuna Libera Mondo

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