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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 1 dicembre 2016 19:19

    Che vi sia il preciso intento di rendere il Governo l’organo supremo lo si capisce anche da altri contenuti della riforma. Ad esempio:


    art.72 comma 7
    [...] il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione.[...]

    Chi ha scritto questo articolo non ha ben chiaro, o volutamente ignora, un principio fondamentale della democrazia: Sovrano è il Popolo. E all’organo che rappresenta il Sovrano, cioè al Parlamento, il Governo non può e non deve dettare i tempi per svolgere le sue funzioni.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 1 dicembre 2016 18:04

    La limitazione delle competenze del Senato personalmente non mi appare come una scelta negativa in sé. E’ una scelta con luci ed ombre. Con più luci che ombre se l’altro ramo del Parlamento fosse effettivamente rappresentativo del Paese, dunque non viziata da sbarramenti troppo alti e premi di maggioranza eccessivi; se la formazione delle liste elettorali rispecchiasse effettivamente le tendenze del corpo elettorale e non fosse troppo soggetta al potere dei partiti; se i rappresentanti del Popolo fossero effettivamente liberi da vincoli di mandato, servitori unicamente della propria coscienza e non soggetti alla disciplina di partito; se fosse realmente indipendente dal Governo e non ridotto a mettere un timbro sui provvedimenti governativi; se sfornasse meno leggi ma di qualità migliore. Di tutto questo la riforma non si cura affatto, al contrario: accentua queste ombre.

    Ma c’è un altro aspetto da considerare, un aspetto che è una vera trave nell’occhio di chi sostiene questa riforma.
    Salvo i cinque nominati dal Presidente e gli ex presidenti della Repubblica, il Senato verrebbe composto da AMMINISTRATORI LOCALI, da persone selezionate e votate in base alle loro capacità di amministrare un territorio. Mansione questa assai diversa da quella che dovrebbe esplicare un senatore della Repubblica e che, si presume, richiede qualità differenti.
    Non solo: la permanenza in carica del senatore viene legata alla sua permanenza in carica come amministratore locale, e questo rende la composizione del senato dipendente da manovre e alchimie che si svolgono nei consigli regionali e perfino in quelli comunali. Peggio ancora: i senatori sarebbero come palloncini il cui filo è nelle mani delle forze politiche periferiche, le quali possono tagliarlo a loro piacimento. Assolutamente ricattabili quindi. E sappiamo, in genere dalle cronache giudiziarie, quali e quanti giochi si svolgono a livello locale, no?
    Ma perché poi i senatori dovrebbero essere scelti tramite una elezione indiretta e non, come ora, da una elezione diretta a livello regionale?
    Nella riforma si sarebbe potuta inserire la restrizione dei compiti del senato e però lasciare ai cittadini il compito di eleggerli. Davvero si è fatto questo pastrocchio solo per risparmiare qualche decina di milioni di euro? Non credo proprio.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 30 novembre 2016 21:06

    Grazie. In realtà mi sembra incompleto: avrei dovuto ampliare il discorso.

    Ad esempio avrei dovuto precisare che l’anomalia italiana proviene dalla situazione creatasi nell’immediato dopoguerra, quando i due partiti maggiori: DC e PCI, vennero strutturati come garanti, il primo del blocco occidentale e il secondo di quello orientale. Foraggiati e protetti ciascuno dal suo referente internazionale assunsero la forma di organizzazioni di potere più che quella di promotori di partecipazione democratica. La DC, in particolare, usò il potere istituzionale garantitogli dagli USA per costruire un onnipresente e pervasivo sistema di clientele per la cattura del consenso e per mantenersi saldamente in sella.
    Dopo la caduta del Muro, venuta meno l’esigenza di garantire la fedeltà atlantica dell’Italia, tutto è cambiato molto rapidamente: i vecchi partiti si sono dissolti, ma non è sostanzialmente cambiato invece l’approccio della politica verso il Potere.
    Il buon D’alema ha tentato di ristrutturare l’assetto politico italiano proponendo la classica architettura bipartitica, ma gli è andata male.
    La riforma Renzi-Boschi, a mio avviso, serve a garantire continuità alla partitocrazia italiana e ai suoi referenti internazionali, spaventati dall’anomalia di quel quarto di italiani che hanno votato "fuori sistema" il M5S. Vedremo come andrà a finire, ma se vince il no non escludo iniziative eclatanti.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 29 novembre 2016 20:36

    Bell’articolo. Onesto e pragmatico come si conviene.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.195) 25 novembre 2016 20:41

    Ricambio cordialmente gli attestati di stima. 


    Spero di non dover intervenire nuovamente sui suoi articoli: possibilità che, le ricordo, Agoravox offre a tutti, come del resto molti altri siti che considerano il confronto di idee un valore in sé positivo.

    Gli autori che non gradiscono il contraddittorio, invece di abbandonarsi agli insulti per far desistere l’interlocutore, farebbero bene a dirlo chiaramente con un telegrafico: "NON MI INTERESSA LA SUA OPINIONE" invece di fingere ipocritamente di accettare il confronto.
    Si conservi.

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