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No Dal Molin: il mio viaggio tra cariche e lacrimogeni

Dopo un lungo viaggio notturno da Roma fatto in solitaria, per evitare i numerosi controlli che la polizia da qualche giorno mette in atto e il rischio di non riuscire a fare parte del corteo pacifico, arrivo in stazione. Colpisce subito la presenza massiccia di forze dell’ordine. Le prime parole che scambio con amici, sono a riguardo dei numerosi controlli ingiustificati degli ultimi giorni in città. Gli amici mi raccontano di una città che si prepara con migliaia di forze dell’ordine dispiegate per la manifestazione del pomeriggio.

Partiamo per raggiungere Rettorgole e utilizziamo i mezzi pubblici messi a disposizione dal comitato No Dal Molin (anche se consigliavano la bicicletta, molto meno inquinante!). Al concentramento siamo in coda al corteo, ma eccetto i due elicotteri che sorvolano a bassa quota i manifestanti, di forze dell’ordine non se ne vedono. In testa al corteo si trovano le donne del Comitato con la Basilica Palladiana tra le mani, alle loro spalle ragazzi con uno scudo di plexiglass per proteggere le testa del corteo, visto che dalla questura arrivano segnali di tolleranza zero. In coda alcuni rappresentanti della sinistra extra-parlamentare e davanti a loro un gruppo di anarchici. Poco più avanti incrociamo Lisa Clark e le bandiere della pace simbolo del suo agire politico. Dopo una ventina di minuti di corteo sulla destra si apre un’apertura tra le villette medio-borghesi delle campagna vicentina. Da lì si può accedere al Dal Molin e infatti è blindato, camionette e poliziotti-robot che faticano a stare in piedi con 35° e l’afa veneta. Il corteo prosegue ancora per qualche centinaio di metri. Si raggiunge il presidio permanente No Dal Molin e il corteo si blocca. Doveva girare a destra e proseguire lungo il perimetro dell’aeroporto, prima civile ora militare. Dal palchetto del presidio, Cinzia Bottene (consigliere comunale della lista no dal molin) e le donne del Comitato chiedono ai manifestanti di stare tranquilli e avere pazienza, ma la questura, senza ragione e senza autorizzazione, ha bloccato l’accesso al ponte: il percorso prestabilito viene improvvisamente modificato. Sul ponte non viene schierato un corpo qualunque dei Carabinieri, ma il Tuscania. Due ali, in mezzo un piccolo passaggio a detta della questura per fare passare una alla volta 20.000 manifestanti.

il corteo è stato bloccato subito dopo la partenza


Un atto di forza, e i rapporti di forza tra movimento e forze dell’ordine torna indietro ai tempi del G8 di Genova, mentre quello de L’Aquila si avvicina. Da un lato il disprezzo per la legge e la libertà d’espressione del Governo e delle forze dell’ordine, dall’altro un corteo pacifico con in testa donne. Consci però dell’esperienza genovese e le violenze subite da ragazze, donne e padri di famiglia, gli organizzatori predispongono la possibilità di difendersi con scudi di plexiglas e caschi. Un centinaio di ragazzi, che si mettono davanti per cercare di proseguire compatti per il percorso prestabilito e deciso con la Questura. I ragazzi non hanno sassi, né spranghe, né bombe incendiarie, hanno uno scudo e un casco con maschere per proteggersi dalle manganellate e dai gas urticanti che potrebbero essere usati dai carabinieri. Mentre si discute, due spari. I carabinieri hanno caricato. Sul ponte, si vedono alzarsi lo scudo di plexiglass e i manganelli della polizia. Vengono lanciati lacrimogeni e gas urticanti, non solo sulla testa del corteo ma anche sull’argine del fiume dove sono fermi molte persone di media età con bicicletta al seguito, loro non indossano caschi e maschere, sono pacifici. Gli scontri durano una decina di minuti nei quali si viene a sapere che hanno lanciato lacrimogeni anche in coda al corteo, all’apertura che abbiamo visto prima. Due fronti uno in testa e uno in coda, in mezzo migliaia di persone pacifiche. Durante gli scontri, arrivano due camion dei vigili del fuoco, che guarda caso sono alle spalle dei manifestanti. La questura predispone un poliziotto ogni 5metri ma non ha mezzi di soccorso alle sue spalle. Strano. Dopo gli scontri il corteo rimane bloccato per due ore al Presidio, e cominciano le trattative. L’organizzazione della manifestazione chiede alla testa del corteo di indietreggiare, di non cadere nelle provocazioni della questura con lo schieramento del Tuscania. A mio avviso, durante le manifestazioni quando si mettono in bella vista le forze dell’ordine è per una chiara volontà di tenere la tensione alta. Predisporre le forze dell’ordine in modo meno plateale, aiuta a tenere più basso il livello di scontro e lascia meno spazio di azione alle teste più calde. Ad Atene, dove hanno fatto l’abitudine agli scontri con i movimenti anarchici, durante i cortei schierano la polizia sulle vie laterali per ridurre le provocazioni. Lo scambio di buone pratiche tra gli stati europei non riguarda questi aspetti.



Nel tardo pomeriggio, dopo un’ora e mezza di assemblea con interventi di madri, nonni, scienziati, giovani, esponenti politici locali, si riparte per concludere il percorso prestabilito, improvvisamente bloccato in precedenza dai carabinieri. Si cammina lungo il perimetro, per il numero di poliziotti presenti all’interno della futura base americana, l’ennesima, si può dire che ce ne sia uno ogni 5metri. Migliaia di poliziotti-robot che eseguono ordini di un generale e di un ‘Re Nano’. Migliaia di poliziotti a cui spesso non vengono pagati gli straordinari per stare in piedi al caldo ore e ore a difendere nemmeno il territorio italiano, ma quello statunitense, chissà il loro spirito nazionalista come verrà messo in crisi. Soldi pubblici spesi per la difesa del territorio americano, ma difenderlo da cosa? Ah Sì, due anni fa il comitato aveva piantato degli alberi all’interno della base, oddio delle armi terribili per il pianeta, riducono la CO2 e proteggono la più grande falda acquifera (nel territorio del Dal Molin) del NordEst. Quest’anno gli “arcieri” del Comitato vogliono piantare delle pericolose bandiere della “PACE”. Queste due armi meritano lo schieramento di migliaia di cittadini italiani, in divisa robotica, devono difendere l’Italia, anzi gli USA, dalle donne e dai manifestanti pacifici. Il lungo corteo prosegue pacifico, tra cartelli simpatici (“dal Molin solo farina!” ), slogan e la musica dei carri. Nessuna pietra, nessuna spranga, anche i caschi sono spariti. L’ottima gestione del Comitato per la situazione ad altissima tensione che s’è venuta a creare, permette al corteo di finire pacificamente la sua protesta democratica e rispettosa delle leggi contro il sopruso ambientale, territoriale e civile che sta avvenendo a Vicenza. Un protesta civile dove trovano posto anche movimenti come la Liga Fronte Veneto, non certo vicina agli ambienti della sinistra. Una manifestazione civile anche con la presenza di ragazzi con caschi e con uno scudo di plexiglass, perchè vorrei ricordare che quei ragazzi non erano li per provocare ma per difendere il corteo dai soprusi della polizia. Quei ragazzi indossavano magliette bianche, non nere, con la faccia del presidente americano Obama, al quale per tutta la durata del corteo s’è chiesto di fermare la costruzione della Base.

Non hanno rovinato lo spirito della manifestazione, se così fosse stato le 20.000 persone che formavano il corteo all’inizio se ne sarebbero andate per dimostrare il loro dissenso, invece sono rimaste lì ad aspettare ad intervenire all’assemblea. E nessuno durante il corteo finale ha criticato quei ragazzi, con la consapevolezza che avevano semplicemente difeso tutti da chi fa uno uso dispotico della legge.
Il noto filosofo sloveno Slavoj Zizek (1) afferma ”…che lo stato democratico può richiedere la resistenza democratica anzichè la fedeltà per non diventare la morte della democrazia”.La popolazione vicentina spesso troppo fedele al ‘Re Nano’, sta oggi resistendo alla lenta morte della democrazia italiana a colpi di gossip, appalti e false promesse.

(1) Slavoj Zizek, In difesa delle casue perse. Materiali per la rivoluzione globale. Saggi Ponte alle Grazie 2008.

 

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