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 Home page > Attualità > Politica > Trattativa Stato-Mafia: gli aiuti di Napolitano a Mancino

Trattativa Stato-Mafia: gli aiuti di Napolitano a Mancino

Accadono cose grosse, in questi giorni, che riguardano cose ancora più grosse, che sono accadute vent’anni fa: cose vecchie che però sono nuove e forse neanche nuove e forse sono niente, perché una notizia che non circola è “niente”.

A parte il giornale Il Fatto Quotidiano, i media non hanno dato importanza a questa notizia, oppure l’hanno riportata soltanto per negarne la validità: “Una ingiustificata e infondata polemica contro il Colle”, cioè contro il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Su AgoraVox, ad esempio, almeno fin’ora, l’argomento non è stato neanche sfiorato.

Risulta da intercettazioni e da documenti, che un dis-onorevole indagato, tale Nicola Mancino, si è rivolto “in amicizia” al Presidente della Repubblica e, direttamente o indirettamente, ad alcuni magistrati perché interferissero fermando o avocando le indagini su di lui.

L’arresto o l’avocazione delle indagini non sono andati in porto, ma emergono prove del fatto che entrambe sono state tentate dal Presidente della Repubblica attraverso suoi fiduciari (D’Ambrosio e Marra) e che due diversi procuratori generali della cassazione (prima Vitaliano Esposito e poi Gianfranco Ciani) invece di respingere contatti diretti o indiretti con l’indagato Mancino, si siano attivati in suo favore.

Addirittura, l’Esposito, conversava amabilmente con l’indagato Mancino dichiarandosi “a sua disposizione” e facendosi amichevolmente chiamare da lui “guagliò”. Il Ciani poi avrebbe chiesto al Procuratore Nazionale Antimafia Grasso di avocare lui l’indagine a carico del Mancino. Ciani si è guardato bene dal lasciare traccia documentale della sua illegittima richiesta, per cui Grasso risponde scrivendo che lui “non ha registrato violazioni tali da poter fondare un intervento di avocazione”. E’ chiaramente sottinteso che l’intervento di avocazione gli è stato chiesto da Ciani (altrimenti la risposta sarebbe insensata), ma Ciani non ci ha lasciato prova di ciò che ha illegittimamente fatto come pg Cassazione.

Brutta storia! Ma fino a qui non ci sarebbe una grande novità: purtroppo non è certo la prima volta che alte cariche dello stato, che dovrebbero tutelare la legalità, si muovono invece per tutelare un intoccabile della loro casta. Questo malcostume istituzionale è stato già così violentemente sbattuto in faccia agli italiani con le leggi ad personam Berlusconi, dell’Utri e Previti, con gli indecenti salvataggi dagli arresti di “compromettenti” inquisiti, che fa sì gran brutta notizia, ma certo non gran nuova notizia.

Già, ma fin qui abbiamo soltanto detto che Mancino è indagato. Vogliamo vedere su cosa è indagato Mancino?

Vent’anni fa fu ucciso Salvo Lima, il fiduciario di Andreotti in Sicilia. Il vignettista Forattini sintetizzò la faccenda con un’immagine rimasta famosa: Andreotti con una lima piantata nella schiena. Il significato fu chiaro a tutti: i mafiosi intendevano vendicarsi con i loro politici che non li avevano protetti quanto dovevano nel maxiprocesso voluto da Falcone e Borsellino. Il Presidente del Consiglio era allora Giulio Andreotti, ministro degli interni Vincenzo Scotti e della giustizia Claudio Martelli.

Il cambiamento fu immediato: Presidente del Consiglio divenne Giuliano Amato, ministro degli interni Nicola Mancino e (nel febbraio 1993) ministro della giustizia Giovanni Conso. Chi probabilmente ha avuto notizia della “trattativa stato-mafia” ed era intenzionato ad opporsi è stato fatto saltare in aria (Falcone e poi Borsellino), l’agenda rossa su cui Borsellino aveva scritto di quanto man mano scopriva e del suo incontro con Mancino (e che lui invece nega) è stata sottratta dopo la sua uccisione, il 41bis revocato a tanti mafiosi dal ministro Conso, e anche dopo (l’ultimo, Antonino Troia: un uomo chiave della strage Falcone).

La mafia ha poi rinunciato a costruire il suo partito tipo “lega del Sud” mentre Dell’Utri ha costruito con Berlusconi “Forza Italia” che ha fatto il pieno di voti, soprattutto nelle zone in cui i voti sono controllati dalla mafia. Questi sarebbero stati i risultati della “trattativa” che, se è avvenuta come presunto, avrebbe condizionato la storia d’Italia degli ultimi vent’anni. Ma nessuno – o quasi nessuno- lo dice…

Commenti all'articolo

  • Di GAETANO EMANUELE (---.---.---.3) 22 giugno 2012 11:13
    GAETANO EMANUELE

     le verità nascoste fanno parte del dna politico, credo sia meglio sostituire il termine trattativa con ASSOCIAZIONE STATO-MAFIA, d’altronde è inutile negare l’evidenza dei mandanti delle strag e dei loro interessii. Hai scritto la verità complimenti.

  • Di (---.---.---.110) 22 giugno 2012 20:50

    Dici solo sciocchezze, costruite forzando mezze verità. Napolitano non ha mai fatto quello che tu gli attribuisci. I guidici di Palermo hanno dichiarato di non aver subito alcuna interferenza.

  • Di (---.---.---.110) 22 giugno 2012 20:52

    Se poi vuoi discutere del rapporto mafie/politica sin da prima dell’unità nazionale sono a tua disposizione.

  • Di (---.---.---.38) 22 giugno 2012 21:37

    Grazie per le “sciocchezze”, caro anonimo xxx10, sarebbe simpatico però se tu ci spiegassi perché sarebbero tali e come farei a discutere con un anonimo.

    Sappi che non sei solo: ieri su Corsera, Michele Ainis sosteneva le tue stesse tesi con un articolo intitolato “L’illecito che non c’è. La storia da scrivere” e ci ricorda che “il Capo dello stato è il più alto giudice italiano, non a caso presiede il CSM…

    Però si dimentica che Napolitano non si è mosso attravero il CSM, ma attraverso interventi diretti e impropri di suoi funzionari su ben due susseguenti pg di Cassazione.

    Per Ainis sarebbe “una bolla di sapone… perfino Ingroia ha affermato che la procura di Palermo non ha subito pressioni”… come dire: una tentata avocazione e una tentata protezione di Mancino non sarebbe proprio niente, un tentato omicidio o altro reato neanche, e conclude che: “la trattativa Stato –mafia riempie una pagina di storia… lasciamolo agli storici il lavoro di ricostruzione storica”.

    I cortigiani poi si fanno forza fra loro autocitandosi: su La Stampa di oggi Antonella Rampino, alla faccia di ogni logica, scrive: “Come hanno ricordato in questi gg giuristi e costituzionalisti, Grosso, Capotosti, Ainis, il Capo dello Stato è anche Capo della magistratura in quanto Presidente del CSM. E dunque (!!)  non ha operato alcuna interferenza.

    Casini invece non cerca raggiri illogici, usa la sua indiscutibile autorità: “L’attacco a Napolitano è vergognoso”.

    Perché mai vergognoso? Perché sbagliato? Perché non supportato dai fatti?

    Inutile dirlo.  Però è importante proibire la pubblicazione delle intercettazioni.

    Giusto, altrimenti la gente viene a sapere cosa fanno i loro governanti e le loro autorità.

     

  • Di Geri Steve (---.---.---.238) 22 giugno 2012 21:57

    Grazie per le “sciocchezze”, caro anonimo xxx10, sarebbe simpatico però se tu ci spiegassi perché sarebbero tali e come farei a discutere con un anonimo.

    Sappi che non sei solo: ieri su Corsera, Michele Ainis sosteneva le tue stesse tesi con un articolo intitolato “L’illecito che non c’è. La storia da scrivere” e ci ricorda che “il Capo dello stato è il più alto giudice italiano, non a caso presiede il CSM…

    Però si dimentica che Napolitano non si è mosso attravero il CSM, ma attraverso interventi diretti e impropri di suoi funzionari su ben due susseguenti pg di Cassazione.

    Per Ainis sarebbe “una bolla di sapone… perfino Ingroia ha affermato che la procura di Palermo non ha subito pressioni”… come dire: una tentata avocazione e una tentata protezione di Mancino non sarebbe proprio niente, un tentato omicidio o altro reato neanche, e conclude che: “la trattativa Stato –mafia riempie una pagina di storia… lasciamolo agli storici il lavoro di ricostruzione storica”.

    I cortigiani poi si fanno forza fra loro autocitandosi: su La Stampa di oggi Antonella Rampino, alla faccia di ogni logica, scrive: “Come hanno ricordato in questi gg giuristi e costituzionalisti, Grosso, Capotosti, Ainis, il Capo dello Stato è anche Capo della magistratura in quanto Presidente del CSM. E dunque (!!)  non ha operato alcuna interferenza.

    Casini invece non cerca raggiri illogici, usa la sua indiscutibile autorità: “L’attacco a Napolitano è vergognoso”.

    Perché mai vergognoso? Perché sbagliato? Perché non supportato dai fatti?

    Inutile dirlo.  Però è importante proibire la pubblicazione delle intercettazioni.

    Giusto, altrimenti la gente viene a sapere cosa fanno i loro governanti e le loro autorità.

     

  • Di (---.---.---.14) 27 giugno 2012 05:28

    “… può una norma di rango infimo, che distribuisce pifferi a pifferai, disporre indipendentemente dagli obblighi prescritti dal c.p.p.? ...”

    http://www.grnet.it/lopinione/99-lopinione/3853-ventennale-della-morte-del-giudice-falcone-uno-studio-per-onorarne-la-memoria

    • Di Geri Steve (---.---.---.241) 27 giugno 2012 11:47

       Il riferimento ai pifferi mi era incomprensibile, per cui sono andato di malavoglia a dare una scorsa all’articolo citato: è con sorpresa che l’ho trovato di GRANDE INTERESSE.

      L’articolo è lungo e denso e io non l’ho capito a fondo, tant’è che io non ho identificato i tre gemelli di cui però due siamesi a cui si fa riferimento, sostenendo che Falcone li avrebbe voluti invece separati.

       

      In sostanza l’articolo punta sul fatto che Falcone si era “inventato” la Direzione Investigativa Antimafia composta da poliziotti, carabinieri e finanzieri ma gerarchicamente svincolata da questi tre corpi e tre ministeri e rispondente alla sola magistratura, come -parrebbe- l’FBI.

      L’anonimo autore sottolinea che però la DIA è stata depotenziata e quel principio non rispettato, almeno per i CC: l’art. 237 (DPR 90/2010, che si occupa di pifferi) dal titolo “Obblighi di polizia giudiziaria e doveri connessi con la dipendenza gerarchica”. Il cui primo comma afferma: “Indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale i comandi dell’arma dei carabinieri competenti all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, danno notizia alla scala gerarchica della trasmissione, secondo le modalità stabilite con apposite istruzioni del Comandante generale dell’Arma dei carabinieri”.

       

      L’autore sostiene che questo DPR e le “istruzioni” di fatto superano e annullano la legge e pone giustificati e preoccupanti interrogativi:

      E se la notizia che deve rimanere segreta fosse conosciuta da chi non deve sapere?

      E se l’informativa di reato riguardasse esponenti delle istituzioni, o dei poteri forti in generale?

      Guardiamo la questione da un altro punto di vista.

      Nel caso fosse impartita dall’autorità politica una linea guida (disposizione) non concordata, l’ordinamento militare avrebbe gli anticorpi per contrastarla?

      A parere dello scrivente, la risposta è negativa.

      La legge 382/78, voluta anche dall’allora Presidente Pertini, prevede che un ordine non sia eseguito se illecito, ma il relativo regolamento (DPR 545/86) – che era atteso entro i successivi sei mesi, ma venne emanato a distanza di ben otto anni (cioè dopo dodici mesi che il presidente-partigiano era cessato dal mandato) - ha reso la previsione di difficile attuazione…”

       

      Io qui sto scrivendo una risposta ad un tardo commento che non verrà letta da nessuno tranne -forse- l’autore del commento, mentre questi argomenti sono interessanti e importanti.

      C’è una sola via per uscire da questa inutilità: che il preparatissimo autore scriva lui (direttamente o no) un articolo per AgoraVox e per altri giornali on line in cui spieghi lui come il potere politico ha annullato l’indipendenza della DIA, analogamente a come la chiesa ha annullato l’indipendenza di Dio con la sua gestione delle ordalie.

      Se utile, io sono pronto a collaborare.
      Geri Steve  [email protected]

    • Di Geri Steve (---.---.---.241) 27 giugno 2012 11:53

       

      Il riferimento ai pifferi mi era incomprensibile, per cui sono andato di malavoglia a dare una scorsa all’articolo citato: è con sorpresa che l’ho trovato di GRANDE INTERESSE.

      L’articolo è lungo e denso e io non l’ho capito a fondo, tant’è che io non ho identificato i tre gemelli di cui però due siamesi a cui si fa riferimento, sostenendo che Falcone li avrebbe voluti invece separati.

       

      In sostanza l’articolo punta sul fatto che Falcone si era “inventato” la Direzione Investigativa Antimafia composta da poliziotti, carabinieri e finanzieri ma gerarchicamente svincolata da questi tre corpi e tre ministeri e rispondente alla sola magistratura, come -parrebbe- l’FBI.

      L’anonimo autore sottolinea che però la DIA è stata depotenziata e quel principio non rispettato, almeno per i CC: l’art. 237 (DPR 90/2010, che si occupa di pifferi) dal titolo “Obblighi di polizia giudiziaria e doveri connessi con la dipendenza gerarchica”. Il cui primo comma afferma: “Indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale i comandi dell’arma dei carabinieri competenti all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, danno notizia alla scala gerarchica della trasmissione, secondo le modalità stabilite con apposite istruzioni del Comandante generale dell’Arma dei carabinieri”.

       

      L’autore sostiene che questo DPR e le “istruzioni” di fatto superano e annullano la legge e pone giustificati e preoccupanti interrogativi:

      E se la notizia che deve rimanere segreta fosse conosciuta da chi non deve sapere?

      E se l’informativa di reato riguardasse esponenti delle istituzioni, o dei poteri forti in generale?

      Guardiamo la questione da un altro punto di vista.

      Nel caso fosse impartita dall’autorità politica una linea guida (disposizione) non concordata, l’ordinamento militare avrebbe gli anticorpi per contrastarla?

      A parere dello scrivente, la risposta è negativa.

      La legge 382/78, voluta anche dall’allora Presidente Pertini, prevede che un ordine non sia eseguito se illecito, ma il relativo regolamento (DPR 545/86) – che era atteso entro i successivi sei mesi, ma venne emanato a distanza di ben otto anni (cioè dopo dodici mesi che il presidente-partigiano era cessato dal mandato) - ha reso la previsione di difficile attuazione…”

       

      Io qui sto scrivendo una risposta ad un tardo commento che non verrà letta da nessuno tranne -forse- l’autore del commento, mentre questi argomenti sono interessanti e importanti.

      C’è una sola via per uscire da questa inutilità: che il preparatissimo autore scriva lui (direttamente o no) un articolo per AgoraVox e per altri giornali on line in cui spieghi lui come il potere politico ha annullato l’indipendenza della DIA, analogamente a come la chiesa ha annullato l’indipendenza di Dio con la sua gestione delle ordalie.

      Se utile, sono disposto a collaborare.

      Geri Steve [email protected]

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