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La polemica su Grass e alcune strane ambiguità

Sulla scia delle numerose e controverse polemiche sulla “poesia” antiisraeliana di Günter Grass ho già scritto. Ho però ritenuto di inviare anche una e-mail al Corriere confidando in una risposta dell’ambasciatore Sergio Romano che su quel quotidiano tiene una rubrica aperta ai più vari problemi storiografici e particolarmente incentrata sui rapporti internazionali.

E la sua risposta ha aperto nuovi interrogativi.

Andiamo con ordine: anche in questo caso, come già altre volte, ho avuto risposta trovandomi in questo caso affiancato ad una gentile signora milanese Liliana Segre che, se non incorro in un errore di omonimia, è una superstite della persecuzione nazista in cui ha perso molti parenti stretti, è sopravvissuta - marchiata dal numero di matricola - al campo di Auschwitz e alla cosiddetta “marcia della morte” cui i prigionieri ebrei furono costretti all’avvicinarsi delle truppe russe.

Questa è la sua lettera.

Non è esatto che sia stato sostenuto che Günter Grass, in quanto fu da giovane volontario nelle SS, non avrebbe diritto di criticare lo Stato di Israele. È stato invece osservato che nella sua «poesia» si opera una trasformazione di Israele da aggredito (dalle reiterate minacce iraniane di cancellarlo dalla carta geografica) ad aggressore, ponendosi in impressionante continuità con la propaganda nazista che dipingeva gli Ebrei come un pericolo mortale per il popolo tedesco, così gettando le basi per il genocidio. Il «passato che non passa», insomma, vive nelle falsità affermate da Günter Grass, non nelle parole di coloro che gliele rinfacciano.

Capite bene che la critica allo scrittore tedesco qui si fa drammaticamente incisiva. Liliana Segre accusa Grass di ricreare esattamente l’atmosfera antisemita del periodo prebellico, quando i nazisti dipingevano "gli Ebrei come un pericolo mortale per il popolo tedesco" preparando il terreno al loro sterminio.

La risposta si può leggere per intero, ma mi preme sottolineare che anche Romano ravvede quello che definisce un "pericoloso errore" all'inizio della (pessima) "poesia" dello scrittore tedesco: "Grass ha usato un’espressione (Erstschlag) che corrisponde all’inglese first strike e all’italiano primo colpo: parole con cui tradizionalmente viene definito l’attacco nucleare di un paese che colpisce prima di essere colpito (...) Anche chi è contrario a un’operazione preventiva contro i reattori iraniani (io sono fra questi) non ha ragione di pensare che il governo israeliano abbia preso in considerazione una tale eventualità".

Questa invece era la mia lettera, in cui volutamente non entro nel merito delle accuse a Israele (alla fine che ognuno la pensi come vuole), ma che ricalca grossomodo quello che avevo già scritto qui :

Credo che chiunque abbia un passato da fascista, da nazista o da stalinista abbia tutto il diritto di cambiare idea e di elaborare una propria personale separazione da quel suo passato. Lo stesso vale per gli Stati sempreché il ripensamento sia reale e approfondito (non ad esempio, girando «l'armadio della vergogna» verso il muro). Detto questo resta il fatto che chi, come Grass, si è arruolato volontario in una unità combattente delle SS, partecipando agli ultimi tre anni di guerra e rimanendo ferito, farebbe bene a non dare lezioni di etica agli ebrei; se non altro per un minimo di rispetto verso quel popolo che da quelle stesse SS ha subìto violenze, torture e persecuzione fino allo sterminio. Lasci ai molti altri che già lo fanno le critiche ad Israele e lui pensi ad altro. Non mancano le ingiustizie di cui occuparsi in questo mondo.

La risposta di Romano:

Sul passato nazista di Grass, caro Della Pergola, ho opinioni diverse. Quando fu volontario nella Wehrmacht aveva quindici anni. Quando chiese di passare alle SS e fu inquadrato nella SS Panzer Division Frundsberg (era il 10 novembre 1944) ne aveva 17 e di lì a sei mesi, dopo essere stato ferito, sarebbe caduto nelle mani degli Alleati. Non mi è difficile immaginare i sentimenti confusi ma sinceri di un giovane che assiste alla distruzione del suo Paese e decide di combattere. Ho conosciuto in quegli anni molti casi in cui il patriottismo, anche se male inteso, ha avuto il sopravvento su ogni altra riflessione e considerazione.

E fa l’esempio di uno storico, arruolatosi dapprima nelle file repubblichine e diventato dopo la guerra un apprezzato storico liberale. Ma nell’incipit dice anche:

Cari lettori, le vostre lettere dimostrano che sul diritto di Günther Grass a criticare Israele esistono inevitabilmente, anche nel mondo ebraico, posizioni diverse.

Da tutto ciò a me sembra di ricavare una considerazione politica e una malignità.

La malignità è questa. Dice “sul diritto di Grass...anche nel mondo ebraico etc.”. Si dà il caso che io, pur avendo un cognome ebraico, non faccia affatto parte del mondo ebraico (cui sarei onorato di appartenere, tanto per chiarire). Perché dunque sono stato ritenuto ebreo? Per il cognome, evidentemente. Potrebbe essere sorprendente scoprire che, sotto sotto, si pensa che chi ha avuto un padre o un nonno o un trisavolo ebreo è un ebreo anche lui anche se non sa niente di religione o cultura ebraica. Allora l'ebraismo si trasmette con il patrimonio genetico? Si riparla di razza ebraica? Insomma: non è che striscia ancora, nel sottofondo del pensiero contemporaneo, anche nella testa di rispettabilissimi maître à penser della buona borghesia e del mondo liberale, una qualche idea del buon vecchio razzismo d’una volta?

Passiamo alle cose serie. Dice ancora Romano che il Günther aveva solo 15 anni quando si è arruolato nell’esercito e 17 quando ha fatto domanda di essere trasferito nelle SS.

La sua divisione, la SS Panzer Division Frundsberg, era un’unità combattente di prima linea, attiva prima sul fronte russo e poi su quello di Normandia dopo lo sbarco alleato.

Durante un periodo di riposo nelle retrovie fu rinforzata con nuovi effettivi, fra cui il nostro Günther, ma “nonostante gran parte della propria forza fosse ora costituita da giovani soldati privi di esperienza del fronte, i soldati della 'Frundsberg' continuarono a dimostrare lo stesso spirito combattivo dei precedenti anni di guerra”. Continuarono a combattere i russi, poi si ritirarono fino a che, distrutti i propri carri residui, i superstiti della divisione si rivolsero al fronte ovest per arrendersi agli americani. E fra questi, di nuovo, il nostro Günther.

 Veri duri questi giovani delle SS che, secondo Romano, combattevano con i sentimenti confusi ma sinceri di un giovane che assiste alla distruzione del suo Paese. È da comprendere un giovane tedesco che si arruola volontario nelle SS. Immagino che pensi la stessa cosa dei repubblichini di Salò, visto l’esempio di cui ho detto sopra. Magari senza dimenticare che erano quasi tutti giovani questi nazi-fascisti in combattimento, ma che questo non li assolve certamente dalle atrocità commesse.

Ovviamente, per deduzione logica, chi - al contrario - non combatté per la patria in pericolo, ma rifiutò e combatté contro quei due regimi - hitleriano e mussoliniano - che avevano precipitato il mondo in una guerra disastrosa, immagino non fosse altro, anche lui, che un individuo dai “sinceri sentimenti” magari confusi (e di sicuro contrapposti).

Essere SS e repubblichini o viceversa partigiani antinazisti e antifascisti era, alla fine, solo questione di buoni sentimenti...diversi. Partigiani e SS erano tutti bravi ragazzi, animati da un pathos sincero, solo un po’ opposto. Tra le vittime ed i massacratori non si vede una differenza etica, ma “sentimenti confusi” o “patriottismo mal inteso”.

Alla faccia della sincerità. Almeno quei "bravi" vecchi ragazzi, nostalgici di Salò, tipo Gasparri o Alemanno (e questa vuole essere anche un’esplicita critica a quegli ebrei romani che con Alemanno cinguettano spesso e volentieri) dicono le cose che pensano. A quando il 25 aprile vestito di nero? A quando un bel monumento alle SS vittime della guerra? A quando l'agognata equiparazione fra ex nazifascisti e partigiani, entrambi combattenti - alla pari - per i rispettivi, propri ideali?

Bene, la differenza la fanno le vittime: gli ebrei, i rom e tutti gli altri finiti nei campi di sterminio. La fanno le popolazioni falcidiate dalle rappresaglie di quei giovani combattenti in divisa da SS. La fanno le Fosse Ardeatine. La fanno i resistenti tedeschi, socialisti, comunisti e i pochi cristiani antinazisti, falcidiati ben prima dell'inizio della guerra; quelli dell'Orchestra Rossa o quelli della Rosa Bianca, alcuni dei quali avevano combattuto in Russia, ma disgustati dalle atrocità avevano costituito un piccolo gruppo di opposizione. Quello che il buon Günther non ha fatto, tacendo sul suo passato per oltre sessant'anni.

Io resto della mia idea. Chiunque ha tutti, ma proprio tutti, i diritti di criticare Israele e le politiche che pratica, tranne chi, come Grass ha vestito volontariamente quella divisa.

Quelli si occupino d’altro e non diano lezioni di etica a degli ebrei, tanto lo fa già tanta gente. Non è il caso che ci si aggiunga anche un ex-SS.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.107) 21 aprile 2012 11:15

    Aggiungo una piccola ’perla’ di cui non mi ero accorto.

    Nella mia lettera al Corriere io scrivo che Grass "farebbe bene a non dare lezioni di etica a degli ebrei". Nella pubblicazione la stessa frase è diventata "farebbe bene a non dare lezioni di etica agli ebrei".

    Il significato non è lo stesso. In questa unica, curiosa, piccola deformazione che è stata fatta diventa implicita una totale identificazione fra ebrei ed israeliani: criticando Israele Grass criticherebbe "gli" ebrei, non "degli" ebrei, ma questa identificazione non c’è nel mio originale.

    Piccoli artifici che sottilmente deformano la percezione di un pensiero che diventa così quello che "si vuole" che sia.

    FDP

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