Venezia - al Teatro la Fenice, Attila

Assente da 9 anni dalle scene veneziane dove vide il suo battesimo il 13 marzo 1846, Attila, dramma lirico di Giuseppe Verdi in un prologo e tre atti su libretto di Temistocle Solera e Francesco Maria Piave, è andato in scena in questi giorni al Teatro La Fenice in un riuscitissimo nuovo allestimento.
La regia è affidata a Leo Muscato che concepisce una messinscena tradizionale nella quale prevale una cupa atmosfera di disfatta. Del team creativo Francesca Parolini cura le scene e “dove passa Attila non cresce più l’erba” è ciò che senz’altro ha avuto in mente per il prologo in cui la scena è dominata dai residui dell’incendio che ha distrutto la città di Aquileia e da lunghi sterpi secchi su un arido suolo spaccato in zolle riarse: sterile, nudo, desolato, infecondo, mentre il terrore proverbiale sparso dal condottiero Unno spinge in fuga le popolazioni aquileiesi spaventate e umiliate, con addosso solo i loro poveri cenci.
La scena è fissa e si trasformerà nel corso dell’opera grazie al cupo e attento disegno luci di Alessandro Verazzi e qualche quinta. I suggestivi costumi di Silvia Aymonino evocano le epoche in cui i profughi di Aquileia fondarono, secondo una leggenda ormai smentita, la città di Venezia. Sebastiano Rolli dirige rispettando ed enfatizzando gli slanci lirici così come gli accenti drammatici e sceglie di sottolineare fortemente i rallentando nei da capo.
Le masse si muovono mestamente, solo la fiera Odabella si ribella all’usurpatore sfoderando l’eroico coraggio che sedurrà il crudele invasore. Ed infatti Anastasia Bartoli, che dà voce e corpo alla virago, sfodera una grinta interpretativa e un’imperiosa potenza vocale davvero ragguardevoli che le valgono applausi a scena aperta e sinceri consensi. Michele Pertusi, vocalità sicura dagli accenti solenni, incarna Attila, ma risulta un Attila provato dalle campagne di conquista e dal tempo che passa.
Vladimir Stoyanov, baritono acclamato in tutto il mondo, ricopre il ruolo di Ezio; il tenore Antonio Poli ha interpretato un giovane appassionato Foresto con voce estesa seppur a tratti fissa nella zona più acuta. A completare autorevolmente la compagnia di canto Francesco Milanese, Leone e Andrea Schifaudo, Uldino. Impeccabile il Coro del Teatro La Fenice istruito dal maestro Alfonso Caiani. Applausi senza riserve e ripetute chiamate alla ribalta.
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