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La Sicilia e il cambiamento: da Lampedusa a Sciascia

Che grande miniera di spunti di riflessione è sempre Leonardo Sciascia!Rileggo in questi giorni "Cruciverba", una sorta di prezioso zibaldone.

Leggo un passo che riguarda quello che secondo me è il più bel romanzo breve del Novecento, "Don Giovanni in Sicilia" di Vitaliano Brancati..

Il passo di Don Giovanni che Sciascia cita è quello in cui Brancati parla del pensiero delle donne che alberga come un’ossessione nella testa di moltissimi siciliani.

La Sicilia e il cambiamento: da Lampedusa a Sciascia


Il protagonista del romanzo, Giovanni Percolla, parte insieme con alcuni amici per alcuni viaggi di piacere. Le destinazioni sono quasi sempre le spiagge del nord, dove lui e i suoi compagni allupati sperano di incontrare donne più "libere" e disponibili di quelle che potrebbero incontrare a Catania, la città in cui vivono.

Sciascia cita il passo del libro in cui uno degli amici del protagonista, Lucietto Scannapieco, scrive da Abbazia agli amici del suo desiderio di essere sepolto in quella spiaggia, "in modo che mi passino sopra le più belle donne del mondo!".

Tornato a Catania, "riempie tutto un inverno dei suoi sospiri per Abbazia"

Nello stesso capitolo del libro Sciascia cita il Vasari che parlando di Antonello da Messina dice che "se ne andò a Venezia, dove per essere persona molto dedita a’ piaceri e tutta venerea, si risolvè abitar sempre e quivi finire la sua vita, dove aveva trovato un modo di vivere appunto secondoo il suo gusto."

Sciascia accosta i due brani - Vasari e Brancati - per poi concludere:

"E’ curioso come i giudizi sui siciliani e le rappresentazioni dell’uomo siciliano conservino, a distanza di cinque o di dieci o di venti secoli, una loro validità e verità: da Cicerone ("gente acuta e sospettosa, nata per le controversie") a Scipio Di Castro ("la loro natura è composta di due estremi, perchè sono sommamente timidi, sommamente temerari") a Giovanni Maria Cecchi..."

Perché tutti vedono i siciliani allo stesso modo e così uguali a se stessi nei secoli? si domanda Sciascia.

A questa continuità Sciascia non crede.
 


Ecco cosa dice :

"Altro non può essere che apparenza, che illusione una così indeffetibile continuità, una così assoluta refrattarietà alla storia di quella parte della realtà umana che chiamiamo Sicilia, che pure è situata nel crogiuolo della storia".

"Ma il fatto è- conclude Sciascia- che questa apparenza, questa illusione sorge dalla realtà siciliana, dal modo di essere siciliano e dunque ne è parte, intrinsecamente"

 
Insomma, in buona sostanza, ci dice Sciascia, la Sicilia e i siciliani subiscono come tutte le cose di questa terra le modifiche del tempo e della storia.

Ma è tipico del modo di essere dei siciliani pensare a se stessi e alla propria realtà come a qualcosa immutabile.

Vengono in mente, leggendo questo passo, le parole del principe di Salina nel Gattopardo, quando descrive a Chevalley il carattere dei siciliani e la loro ferma volontà di uscire indenni da ogni reale processo di cambiamento:

"I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che si credono perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria"

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