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Se Venezia muore

Nel suo bellissimo libro "Se Venezia muore" Salvatore Settis pubblica la seguente tabella che riguarda la popolazione residente nel centro storico di Venezia:

 

 


 

 

 

Fa notare Settis :

"Come si vede, una volta sola negli ultimi sei secoli Venezia conobbe un calo di popolazione comparabile a quello di oggi: e fu per la peste del 1630, dopo la quale ci volle più di un secolo a tornare al livello di prima.[...]

Chi è dunque il popolo di Venezia? Quale mai è la peste che lo va sterminando?
Mentre la città si svuota calano su di essa i ricchi e famosi, pronti a comperare a costo altissimo una casa -status symbol da usare 5 giorni l'anno.

Questo travaso di popolazione stravolge il mercato, creando un sistema di prezzi che espelle i veneziani dalla loro città e ne fa la capitale degli ectoplasmi della seconda casa, che si materializzano con grande pompa e mondanità, poi spariscono nel nulla per mesi.

Sciamano intanto per la città ogni anno 8 milioni di turisti per 34 milioni di presenze, a fronte di una capacità di carico di 12 milioni: in altri termini per ogni persona che vive stabilmente a Venezia ci sono più o meno 600 visitatori volatili.

Questa devastante proporzione ha l'effetto di una bomba: altera pesantemente la demografia e l'economia.

Domina ormai la città una monocultura del turismo che esilia i nativi e lega la sopravvivenza di chi resta e della città stessa quasi solo alla volontà di servire: di null'altro sembra piu' capace Venezia che di generare bed & Breakfast, ristoranti, alberghi, agenzie immobiliari, vendere prodotti "tipici"( dai vetri alle maschere) allestire carnevali fasulli e darsi, malinconico belletto, un 'aria di perfetta festa paesana.
Rimuovendo dalla coscienza la peste che affligge decimandolo il tessuto sociale della città, la sua coesione e la su a cultura civile."


Tutto vero, non c'è alcuna drammatizzazione dell'esistente in questa descrizione,nessuna coloritura retorica. Le cose stanno come dice Settis. Chi vive a Venezia lo sa.

E adesso più che mai, aggiungo io, occorre capire, quando si andrà a votare per il nuovo sindaco, qual è l'approccio dei candidati sul tema dell'identità della città. Vorrei che i candidati non solo promettessero di combattere il malaffare, cosa ovvia (anche Pietro Gambadilegno, se si candidasse sarebbe costretto, dopo la squallida vicenda del Mose, a impegnarsi in tal senso) ma dicessero anche quale è la loro idea su una questione come questa.

 
Renziani, civatiani, bersaniani...marziani: chi se ne frega dell' appartenenza? L 'unica cosa che conta è l'idea della città che il candidato vuole portare avanti. 

Si vuole una città con sempre meno residenti o si vuole invertire la tendenza? Contano solo le esigenze di albergatori, motoscafisti e ristoratori o c'è interesse ad ascoltare anche le esigenze di chi non vive di turismo? 

E così via. Questo conta. Oltre naturalmente all'onestà del candidato ( era un requisito scontato, una volta, ora tocca evidenziarlo).

 

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