L’amletico dubblio
Ricorre in maniera sempre più attuale l'amletico dubbio sulla fedeltà. E lo diviene ancor più considerando che, nell'odierno contesto socioantropologico, esso assuma contorni e sfumature sempre più sfocate, tanto da appalesarsi presso taluni come autentica espressione di libertà e di autorealizzazione, e presso altri come segnale di conformismo e quindi di debolezza.
Il concetto di fedeltà offre a considerare multiformi sfaccettature: può presentarsi come una scelta, come una convinzione, come una comodità o come altro. In ogni caso, esso si conferma come uno tra i più annosi valori del mondo. Il suo significato era prioritario presso i nostri padri, mentre attualmente si relega in un ambito più marginale. Nella società odierna, quello della fedeltà non assume più una valenza universale, ma si relega nell'ambito delle scelte personali. Esso si presenta, in sostanza, come una fra le possibili opzioni disponibili. Ecco perché è necessario capire cosa abbia potuto trasformare degli aspiranti fedeli in traditori.
Quella odierna è una società contrassegnata da repentine trasformazioni e da fragili relazioni interpersonali. Tanto che, parlare di fedeltà in un così precario contesto sociale, appaia sempre più fuori luogo. Anche perché, come viene sempre più convintamente ribadito, è possibile esser liberi e fedeli nel contempo.
In questo contesto socioantropologico, emerge un dato di fatto: oggigiorno, quello della fedeltà non rappresenta più un essenziale valore sociale, ma si relega nell'ambito delle preferenze attuate dal singolo individuo nella sua sfera privata. Non a caso, mentre nel passato non soltanto la fedeltà coniugale, ma anche l'onore e la lealtà tra amici, si affermavano come valori qualificanti nel connotare l'appartenenza del singolo a un determinato raggruppamento sociale, attualmente l'organizzazione collettiva è sempre più adagiata sulle fallaci prelazioni proposte dal sottobosco politicante. Per cui, attualmente, quello della fedeltà costituisce un valore traslato dall'ambito pubblico a quello rigorosamente privato, con il risultato di presentarsi non soltanto sempre più diffuso, ma persino meglio tollerato, alla luce del sempre più invalso assunto di non tradire prioritariamente sé stessi e la propria individualità.
La società odierna risulta regolata dal ricorso di due esigenze uguali e contrarie: da una parte, essa sollecita le persone ad appartenere a determinate comunità, condividendone i valori, mentre dall'altra spinge a separarsene al fine di potersi meglio affermare singolarmente. Una simile situazione di conflitto, lascia sempre in agguato lo spettro del tradimento. Un importante ruolo lo svolge in tal senso la percezione di sé stesso da parte dell'uomo contemporaneo: infatti, nel passato, l'esistenza di ciascun individuo era pressoché predeterminata. Oggigiorno si offrono invece diverse opzioni, in modo tale da rendere ciascun individuo figlio delle proprie scelte e articolando la sua vita secondo diverse ottiche: quella della famiglia, del lavoro, dell'appartenenza politica e/o religiosa e altro. Così che egli si senta protagonista in diverse contingenze, talvolta anche in conflitto fra loro. Il che vuole però anche dire che ciascun individuo difetti della adeguata conoscenza di sé stesso e degli altri, e che di conseguenza non possa mantenersi uguale nel tempo.
A mettere in pericolo la fedeltà, concorrono anche gli stimoli e i condizionamenti provenienti dalla società, per la quale siamo tutti clienti umorali e infedeli, al punto da cambiare facilmente marche e prodotti. Lo stesso succede nei rapporti personali: basti pensare al lavoro a termine, comportante continui cambiamenti lavorativi, di colleghi, di abitazione, di vicinato; come pure dei conseguenti rapporti di amicizia, resi pertanto sempre più superficiali.
Ciascun individuo è chiamato a fare continuamente determinate scelte. Ma sappiamo tutti quanto sia arduo affrontare l'onere della scelta. Sebbene appaia evidente come nessuna precedenza risulti poi confermarsi come la migliore adottata. Così che le scelte personali risultino sempre più reversibili e di breve durata, oltre che meno responsabilizzanti. Bisogna altresì domandarsi se tutto ciò sia poi capace di dimostrarsi funzionale rispetto al tempo, al benessere, alla stessa sopravvivenza del singolo e del modulo sociale da lui espresso.
Le persone sono fisiologicamente indotte a confrontarsi con gli altri. Ma non sembrano gradire il dialogo. Coloro che riescano ad aprirsi al dialogo, si avventurano lungo un percorso indubbiamente arduo, dal momento che debbano armonizzare idee e punti di vista diversi fra loro, così come debbano addivenire a possibili intese. In questo modello di società, aperta a diverse possibilità di scelta e con diverse culture, riesce a sopravvivere soltanto chi sappia davvero mettersi in discussione, chi veramente sappia farsi carico delle proprie responsabilità, sempre nella consapevolezza che esse siano nel contempo individuali e collettive.
Tale contesto si apre a differenti considerazioni. E' più libero chi rimanda ogni scelta a un eterno futuro, oppure chi a fatica cerca di impegnarsi nel quotidiano, con tutte le sue difficoltà? E' più coraggioso chi si rimodella continuamente, oppure chi cerca con fatica di mantenersi coerente con la propria identità risultante, nel bene e nel male, dal complesso delle scelte da lui operate?
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