I lavoratori Eutelia dimenticati e i no-bavaglio intervistati

Doveva essere una normale giornata di manifestazione contro la legge bavaglio. Ve ne sono state numerose a Roma e nelle altre città italiane. Un banchetto, un microfono, due casse, un amplificatore di fortuna. Le solite bandiere rosse della CGIL e quelle viola del popolo dipinto e drappeggiato anch’esso. Giovani che hanno solo vissuto e conosciuto il berlusconismo come sistema di potere e di pensiero unico. Eppure come sempre, ogni volta sono lì a volantinare (pratica poco conosciuta ai più, molto più abituati a postare).
Mi fermo accanto ad una ragazzina, quindici, al massimo sedici anni e mi racconta la sua, la loro di strategia. Racconta di un sassolino nella scarpa, sempre lì, immobile, a dare fastidio, a rompere finché non si ottiene il raggiungimento del loro obbiettivo. E il loro obbiettivo è il ritiro della legge bavaglio. Poi si sente un mormorio, nella piazza, dapprima un brusio che diventa sempre più diffuso. Hanno là, nel palazzo di fronte, rinviato l’approvazione della legge: a settembre dicono, non si è certi. Qualcuno prende il microfono ancora ronzante e frusciante e fra fischi e pernacchie fa l’annuncio provvisorio ed incerto. Poi inizia il susseguirsi di oratori, quelli ufficiali e quelli meno, "quasi" leader del popolo viola o dei blogger. La notizia del rinvio viene rievocato con i dovuti scongiuri e "nascoste grattatine", al massimo un " tocchiamo ferro". Forse sì, forse che no, qualcuno avverte di stare all’erta dell’imbroglio; qualcuno (quelli più istituzionali) affermano che questa è una vittoria; alcuni che l’obiettivo è il ritiro della legge e che la lotta non è terminata; qualcun altro addirittura chiede le dimissioni di Berlusconi - che sembra più un sogno/delirio che una speranza -. Alcuni parlamentari si fanno vedere fra la folla (Di Pietro), altri passano frettolosi faccia a terra e passo veloce (Fassino). Forse conto più giornalisti che intervistati, fra tv e carta stampata, fra conduttrici e conduttori. Tra un applauso e l’altro si incominciano a ritirare gli striscioni. I viola di Bari, hanno un lungo viaggio di ritorno da fare e sono i primi a far fagotto. Quelli di Cuneo ritirano la loro bandiera. Alla fine rimangono solo i solitari lavoratori o ex lavoratori dell’Eutelia con il loro camper parcheggiato e il loro striscione. "Digiuno perché sono ciò che mangio". Si ritrovano in compagnia solo quando vi sono altri che protestano, poi il silenzio cade su di loro.
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