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Doctors for the Environment contro le biomasse di Tirreno Power: SOS salute

No, bio, almeno in questo caso, non è sinonimo di biologico quanto dell’ennesima fregatura ai danni dei cittadini italiani più creduloni, quelli convinti che bruciare scarti di varia e dubbia provenienza sia come usare un po’ di legna nel camino di casa, come dire che un termovalorizzatore sia un’innocua stufetta.

Per fortuna non tutti abboccano “sulla parola” ed in particolare le donne di “Se non ora quando?” di Allumiere, le quali dalla collina hanno un osservatorio unico su uno dei siti italiani più noti per mix di inquinanti, dal carbone all’olio combustibile al gas: l’area compresa tra Civitavecchia e Montalto di Castro.

Parliamo di un polo energetico con tre centrali termoelettriche, il più grande porto crocieristico europeo per numero di passeggeri e depositi costieri di oli e carburanti. Per la verità, sempre loro, le donne, che sotto la sigla Snoq Allumiere contano 249 amici su FB, avevano riscosso un notevole successo nel novembre scorso, mettendo sotto accusa un costoso quanto inutile sistema di monitoraggio della qualità dell’aria.

E adesso "Se non ora quando?" fa scattare un nuovo allarme su una quasi certa riconversione a biomasse di un gruppo, fermo da anni, della centrale elettrica di Torre Valdaliga Sud (TVS) di Tirreno Power (società partecipata da Sorgenia e dalla francese GDF Suez), che potrebbe essere foriera di un’altra disgrazia annunciata: la discarica rifiuti di Roma.

Per vederci chiaro, il movimento ha organizzato il convegno "Dopo il carbone pulito le biomasse?" al quale hanno fornito il necessario supporto scientifico tre medici: Fulvio Floccari, nefrologo presso l’Ospedale San Paolo dell’Asl RMF, Giovanni Ghirga, pediatra presso lo stesso ospedale e Mauro Mocci, medico di base.

Sia Mocci che Ghirga sono anche esponenti apprezzati della sezione italiana dell’International Society of Doctors for the Environment, ovvero i Medici per l’ambiente, da anni impegnati a “stimolare e sollecitare l'impegno dei medici a promuovere e proteggere la salute tramite la salvaguardia e il miglioramento dell’ambiente”. In una sala molto affollata, il dottor Floccari si è soffermato su due aspetti: l’insostenibilità ambientale di una nuova fonte d’inquinamento e l’illusione delle biomasse come energia rinnovabile.

Ne è venuta fuori una storia complessa che inizia nel 1999 quando i quattro gruppi di TVS (Torre Valdaliga Sud) costruiti nei primi anni ‘70 e di proprietà Enel, vengono ceduti, per l’avvio della liberalizzazione del mercato dell’energia, ad una società appositamente creata, Interpower, e nel 2002 venduti al nuovo acquirente Tirreno Power.

La nuova proprietà provvede a convertire i primi tre gruppi a gas naturale, mentre il 4° gruppo rimane a “riserva fredda” per eventuali emergenze a disposizione del gestore della rete elettrica nazionale (all’epoca GRTN poi Terna). Ma c’è un problema: il gas costa molto di più del carbone utilizzato da Enel nella confinante centrale di TVN (Torre Valdaliga Nord) e cosa fa Tirreno Power? Richiede che il 4° gruppo, con una semplice Autorizzazione Integrata Ambientale, possa tornare in funzione utilizzando sia gas naturale che olio combustibile BTZ (a basso tenore di zolfo).

Ma il consiglio comunale di Civitavecchia, nel 2010, all’unanimità rigetta questa istanza in quanto aumenta la potenza installata e immette altri inquinanti pericolosi in un’area già allo stremo. Sopraggiunge nel 2011, un decreto del Ministero dell’Ambiente che rinnova l’autorizzazione solo per i moduli turbogas ma decreta la dismissione e lo smantellamento del 4° gruppo.

E’ a questo punto che la vicenda si arricchisce di due nuovi particolari: il ricorso al TAR di Tirreno Power contro la decisione e le famose “biomasse”. Ed è proprio il primo cittadino di Civitavecchia, Gianni Moscherini, a parlare nel novembre scorso di un progetto di Tirreno Power (mai presentato alla città) che prevede la possibilità di bruciare biomasse (provenienti addirittura dall’Australia). Cerca conforto il sindaco presso ASL e Ministeri, affermando che “solo se ci dovessero garantire che l'impianto non avrebbe un impatto negativo sulla qualità dell'aria, allora potremmo discuterne”.

Fulvio Floccari

Aggiungeva Moscherini che “l'ultima decisione sarebbe spettata comunque al consiglio comunale”, che però ad oggi non risulta essere stato mai convocato, cosa che alimenta scenari di decisioni già prese e non certo nell’interesse dei cittadini.


Si chiede a questo punto il dottor Floccari quale ente pubblico possa affermare che bruciare biomasse non peggiori una situazione già critica per la salute degli abitanti del comprensorio.

Ma cosa sono le biomasse e perché è un combustibile pericoloso? Il dottor Floccari cita il Decreto legislativo 387 del 2003, sulla “promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”. In modo alquanto ingannevole si annoverano così tra le rinnovabili le biomasse: “La parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

Ma è davvero roba così innocua? No e per un semplice motivo: cosa c’è di rinnovabile nel bruciare scarti vegetali, fanghi della depurazione, legname in quantità industriali e persino deiezioni animali? Altro che rinnovabile, qui ci sono emissioni di polveri ultrasottili e diossine. E le diossine appartengono ai composti classificati come cancerogeni (gruppo 1), che si accumulano nei grassi animali sono insolubili in acqua, sfuggono ai filtri. 

E non è finita qui, perché gli interventi dei due medici della sezione italiana di ISDE, Ghirga e Mocci, fanno luce anche sulla situazione epidemiologica. In particolare il dottor Ghirga sottolinea come le aziende siano molto abili nel produrre dubbi nell’opinione pubblica quando, ad esempio, parlano di “carbone pulito”, dimenticando che la realtà invece fornisce dati allarmanti per la salute umana

Ad esempio, dalla combustione di biomasse vengono emesse polveri di diametro inferiore ai 2.5 micron (PM2.5) che penetrano nel polmone causando ogni anno, solo in Europa, 348.000 morti premature e 100.000 casi di ricoveri ospedalieri per cause respiratorie o cardiovascolari. Senza dimenticare che nei fumi si ritrovano 5 gruppi di sostanze riconosciute come cancerogene da IARC (il Centro internazionale per la ricerca sul cancro).

E il cancro è in aumento in Italia del 2%, come dimostra l’incidenza di linfomi o sarcomi in aree che si trovano a diretto contatto con inceneritori. Così, mentre i ricavi sono appannaggio delle imprese che producono energia da fonti fossili o fatte ritenere rinnovabili, come le biomasse, gli elevati costi sociali ed economici sono a carico delle famiglie e dello Stato.

E allora dov’è tutta questa convenienza se poi il conto da pagare è così salato? Si calcolano in addirittura 200 milioni di euro i costi per mortalità e morbilità dopo 25 anni di attività di una sola centrale a carbone. Tocca infine al dottor Mocci tracciare quella che lui stesso definisce la “fotografia di un disastro”, perché quasi nessuno informa i cittadini di un dato ormai consolidato e provato: una percentuale compresa tra il 70 e il 90 % dei tumori è determinata da fattori ambientali.

Eppure nessuno sembra apprezzare gli allarmi che provengono dal mondo medico. Non solo Civitavecchia è interessata dalle biomasse ma anche Capalbio ed Orbetello oltre alcuni comuni del viterbese sarebbero centri candidati ad ospitare ulteriori impianti termovalorizzatori che, afferma Mocci, dovrebbero essere meglio definiti come “cancro valorizzatori”. Viene citata una ricerca del 2006 (autori Fano, Forastiere ed altri) che evidenzia nell’area di Civitavecchia tumori polmonari e della pleura negli adulti nonché problemi respiratori nell’infanzia superiori rispetto ad altre aree nella Regione Lazio.

Fra l’altro la stessa ricerca evidenzia l’aumento di insufficienza renale cronica come rilevato dal Registro regionale dialisi. Ma, si chiede Mocci, perché mai incenerire qualsiasi cosa, anche se produce danni così evidenti per la salute. E’ un business? 
La risposta è affermativa. Dal 1992 con la delibera n. 6 del Comitato Interministeriale Prezzi (nota come CIP 6) viene stabilito, al contrario di quanto accade in Europa, un incentivo per la produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili (da 25 a 50 € la tonnellata).

E chi paga? Gli italiani, con ben il 7% delle bollette per l’energia domestica. Così ora è tutto più chiaro. Ricadiamo negli affari sporchi e di corruzione. Così non è un caso che secondo Transparency International un’organizzazione internazionale indipendente che ha elaborato un Indice della corruzione in varie nazioni, l’Italia si trovi al 69° posto della classifica mondiale. Mentre nell’Indice della propensione alla corruzione del 2008, che classifica 22 tra i paesi più ricchi ed economicamente influenti, il nostro paese si trovi al 17° posto.

Il sito di Transparency International

E, conclude Mocci, come può pensare l’Italia di richiamare investimenti esteri di fronte a una situazione del genere? E’ una domanda seria che va girata ai cittadini. Sono loro che alla fine possono decidere a chi dare fiducia: ai ricatti, alle false promesse o alla cruda realtà. La risposta non è purtroppo scontata.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.204) 20 gennaio 2012 15:39

    Ottimo resoconto. Davvero chiaro ed esaustivo.
    Non facciamoci fregare: qualsiasi combustione, anche qella della legna, provoca inquinanti sotto forma di ossidi, di polveri sottili ed altro. Persino bruciando il combustibile più pulito, l’idrogeno, vi sono delle emissioni di ossidi di azoto (NOX) che si formano soprattutto ad alte temperature dalla reazione dei gas che compongono normalmente l’atmosfera. In una zona già altamente inquinata come quella in oggetto, che già fornisce energia a mezza Italia, non si possono aggiungere altre fonti inquinanti.
    Dario.

  • Di (---.---.---.72) 20 gennaio 2012 15:58

    Bravo Giorgio! veramente ben fatto e facile da masticare..... Basta partire dalla definizione di BIO Massa pe capire la fregatura dietro la parola BIO.
    Per la potenza della centrale che hanno intenzione di realizzare non basterebbero le foresta di tutta Italia, quindi possiamo immaginare quello che ci butteranno dentro.... altro che legni dall’Australia.
    Giancarlo Cangani

  • Di (---.---.---.253) 20 gennaio 2012 16:09

    La questione biomasse da l’idea dell’inadeguatezza mentale di una classe dirigente.

    Come dicevo ieri su FB, propongo l’esame psichiatrico per chiunque debba assumere una carica pubblica
    Antonio
  • Di Giorgio Zintu (---.---.---.6) 20 gennaio 2012 18:31
    Giorgio Zintu

    Ci sono almeno tre problemi emergenti:
    - il primo è legislativo, quindi della classe politica o dirigente che ha ammesso, contro ogni logica, come rinnovabile quasi tutto quello che si può bruciare, a prescindere dagli effetti prodotti;
    - il secondo è relativo allo scarso interesse della collettività su questri temi;
    - il terzo, legato al precedente, è culturale, un ritardo sconsiderato nell’affronatre il problema dei rifiuti, la raccolta differenziata, l’uso di costosi imballaggi, etc..
    Tutto porterebbe a ridimensionare l’area dello spreco, ma faremo in tempo?

  • Di (---.---.---.30) 21 gennaio 2012 06:14

    Complimenti a Giorgio per il suo impegno civico, per la precisione con la quale osserva i fatti cittadini. La vicenda dell’impianto delle biomasse a Civitavecchia è legata al 4° gruppo della centrale termoelettrica di Torrevaldaliga sud, un’unità produttiva per la quale è stata decretato (5 aprile 2011- Ministero dell’Ambiente) l’inattività e lo smantellamento ma ora si sta tentando ILLEGALMENTE di resuscitarlo. Purtoppo questa vicenda che sto cercando di combattere con i Ministeri competenti in virtù del mio ruolo istituzionale di consigliere comunale ha palesi illeggittimità e violazioni di un atto autorizativo quale quello della esclusione della VIa del Ministero dell’Ambiente che l’attuale sucessore della Dott.ssa VIttadini "stranamente" ignora e che per tale motivo ho diffidato.
    Tutto ciò è irresponsabile oltre che dannoso perchè aumenta la diffidenza dei cittadini verso le istituzioni e li allontana da un sano ed obiettivo approccio verso qualsiasi realtà industriale.
    Io sto lavorando da tempo nel distretto industriale di Civitavecchia perchè lo Sviluppo Sostenibile sia una realtà e non utopia e mi auguro per lo sviluppo armonico del Paese che certi comportamenti vengano colpiti in qualsiasi sede.
    "Chi ha orecchi intenda"

  • Di Pietruccio (---.---.---.186) 5 febbraio 2012 13:05

    Ottimo, ma ....

    Manca un’informazione importante: anche le centrali a gas emettono polveri sottili, quelle sotto gli 0.1 micrometri, che in peso sono poca cosa ma sono molto più cancerogene delle altre.

    Anche il gas ha i suoi lati negativi: non dimentichiamolo.

    Se nel Lazio Nord avessero accettato la centrale nucleare di Montalto di Castro avrebbero avuto infinitamente meno inquinamento e tanta energia elettrica senza bisogno di ricorrere ai sopracitati affari di sorgenia & c. spacciati per "eco" e sovvenzionati con soldi nostri, alla faccia dell’inquinamento che fanno.

  • Di (---.---.---.232) 5 febbraio 2012 18:40

    La questione nucleare, per quello che oggi è lo stato dell’arte, non offre granzie di sicurezza tali da farne una tecnologia sicura. Fra l’altro il sito di Montalto di Castro della centrale Alessandro Volta è finito sott’acqua per un’alluvione qualche anno fa. Personalmente ritengo che gli investimenti in ricerca, non in pannelli solari, vada fatto sulla fonte di energia gratuita e per noi ampiamente disponibile: il sole.

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